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A lezione di rispetto

Dalle grandi interviste che VITA offre ogni settimana, Richard Sennett, sociologo alla London School of Economics, parla di rispetto: "Di cui oggi, malgrado non costi nulla, c'è grande carestia"

di Carlotta Jesi

rispetto, s. m. 1. Sentimento e comportamento informati alla consapevolezza dei diritti e dei meriti altrui, dell?importanza e del valore morale, culturale di qualcuno. Sinonimi: deferenza, riguardo.

(dal Dizionario italiano Sabatini Colletti)

Perché lo trattiamo come una sostanza troppo preziosa da diffondere in giro? Richard Sennett, allampanato ed elegante docente della London School of Economics, ti scruta attraverso gli occhiali tondi bordati di nero che contrastano con il candore del suo viso e dichiara: «Scava scava, è colpa del capitalismo. Del capitalismo moderno che ha creato un nuovo regime di invisibilità».

Ma guai a pensare che questo sia un giudizio espresso solo in qualità di sociologo marxista, «anche se preoccupato che la coscienza sociale di Marx impedisca di creare legami tra le classi», come Sennett ama definirsi. La sua indagine sulla carenza di rispetto, e il libro Rispetto, la dignità umana in un mondo di diseguali edito da il Mulino, sono un tutt?uno con l?esperienza personale del suo autore. «La relazione tra uguaglianza e rispetto ha condizionato tutta la mia vita», ci confida quando lo incontriamo a Milano, ospite della Fondazione Unidea. «Sono cresciuto nel sistema del welfare, come beneficiario del welfare, e ne sono uscito grazie al mio talento. Non ho perso il rispetto per chi mi lasciavo alle spalle, ma devo ammettere che il mio personale senso di fiducia deriva anche dal modo in cui li ho lasciati indietro».

Vita: Cominciamo dal capitalismo, perché è responsabile della carenza di rispetto?
Richard Sennett: Per tre ragioni, che si intersecano. La prima, è che i cambiamenti avvenuti nel capitalismo moderno hanno portato al cambiamento dell?esperienza del tempo. Pensiamo ai settore dell?hi-tech e della finanza: le transazioni hanno sostituito i rapporti personali di cui si nutre e vive il rispetto. Il declino delle forme che si basano sul tempo, inoltre, si porta dietro un declino del rispetto che prima era legato alla fedeltà a una azienda. O all?età: chi ha una certa anzianità professionale non viene più apprezzato e ha l?impressione che la sua maturità venga vissuta in maniera negativa. La seconda ragione, riguarda l?etica del lavoro: se, come oggi accade, il capo di un?azienda cambia ogni sei mesi, quello che lo sostituisce non è in grado di giudicare le persone del proprio team che perdono il senso di rispetto. Ma, soprattutto, negli ultimi trent?anni il concetto di maestria, cioè l?impegno a fare qualcosa e a farlo bene per sé, è stato sostituito da quello di meritocrazia. L?enfasi, e l?assegnazione di rispetto, oggi è sul potenziale di una persona, non su ciò che questa effettivamente fa. E il giudizio che si basa solo sul potenziale può essere devastante, perché priva il giudicato di speranza.

Vita: Quale sarebbe, invece, un modo giusto di dare rispetto a tutti?
Sennett: Il problema è che l?idea di rispetto, nella nostra società, è legata a un limite: solo considerandoci come uguali affermiamo il rispetto reciproco. Ma se possiamo rispettare solo chi è uguale a noi, chi può contare sulla stessa forza, che succede se c?è una disuguaglianza? Dovremmo pensare al mutuo rispetto come alla relazione che lega un quartetto di musicisti: nell?esecuzione di un brano, i singoli suonatori sono interdipendenti dalle capacità e dal talento di ciascuno, in un difficile equilibrio fra la comprensione dell?altro e l?affermazione delle differenze individuali. Sono convinto che il tipo di disuguaglianza più difficile da ridurre, da annullare, sia proprio quella di abilità su cui oggi si basa la concessione del rispetto.

Vita: Quando aveva 21 anni, lei stesso ha sperimentato una forma di ?disabilità?, con essa anche una privazione di rispetto?
Sennett: No, pensavo di diventare un musicista professionista e invece fui operato a una mano per una forma di tunnel carpale. È stato solo un evento, ma ritengo che le ?skill?, intese come capacità e abilità, non dovrebbero essere il criterio per misurare chi merita rispetto.

Vita: Come si traduce in pratica, a scuola, sul lavoro, in famiglia, tutto questo?
Sennett: Non ci sono facili ricette. Sarebbe un buon inizio se, per esempio, i sindacati si focalizzassero meno sui soldi e più sulla qualità dell?esperienza delle persone. Basta pensare ai problemi delle mamme lavoratrici per rendersi conto di quanto si siano allontanati dalle reali esigenze dei lavoratori.

Vita: Lei insegna alla London School of Economics, in un dottorato cui accedono alcuni tra i più ?skillati? studenti del mondo, gente con altissimo potenziale. Come spiega loro che le capacità e le abilità non sono una garanzia di successo e di rispetto?
Sennett: Spiego loro che usando queste capacità per fare al meglio il loro lavoro, la loro ricerca e la loro tesi, otterranno il tipo di rispetto più prezioso, quello che deriva dal craft-love, o amore per il proprio mestiere.

Vita: Un mestiere qualunque, indipendente dal riconoscimento socio economico che a quel mestiere attribuisce la società?
Sennett: Sì, è proprio questa la forza del craft-love. Io l?ho scoperta da ragazzo, suonando il violoncello: provavo un grande piacere nel suonare lo strumento, nel produrre un suono pulito, e questo piacere generava un senso di valere qualcosa totalmente indipendente dal giudizio degli altri. L?amore per il proprio mestiere, che ti spinge a fare una cosa bene, per il gusto di farla così, è una via per avere rispetto di se stessi.

Vita: Nel libro lei parla del contrario di questo rispetto di se stessi come di ?rispetto a somma zero?, cosa intende?
Sennett: Consiste nell?acquistare stima di sé solo attraverso la negazione dell?altro, ed è una trappola in cui rimangono incastrati soprattutto i gruppi sociali più poveri ed emarginati che, non essendo rispettati e riconosciuti, cercano di conquistare questo rispetto disprezzando chiunque non appartenga a questa comunità. Rimanendo invischiati sempre più nella marginalità.

[…]

L’intervista integrale a Richarda Sennett su VITA in edicola oppure online per i soli abbonati al settimanale.

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