Formazione

Non bocciate la scuola che boccia

Come dire a un ragazzo perchè dovrà ripetere l'anno? L'abbiamo chiesto a Mauro Croce, psicologo, a Mario Pollo, pedagogista e a Francesca Giusti, professoressa

di Redazione

Chissà cosa pensarono, tanti genitori, quando il piccolo Eddy, in un paesino del Veneto, si buttò dalla finestra della classe perché aveva paura di essere bocciato e non avrebbe mai trovato il coraggio di dirlo a mamma e papà. O quando quel ragazzo di Rieti, già diciannovenne e per la seconda volta respinto alla maturità, s?impiccò lasciando lettere strazianti alla fidanzata e ai genitori. La bocciatura traumatizza, a volte si finge di fregarsene, si recita da duri, ma fa sempre male a un ragazzo sentirsi fuori dal gruppo e lasciato indietro. E i genitori? Cosa è meglio che dicano o non dicano per attuare quella complessa mediazione fra perdono e atteggiamento critico? Ne parliamo con lo psicologo Mauro Croce, che conosce bene gli adolescenti dopo un anno di incontri-dibattito con studenti e genitori, in un liceo di Domodossola, sui temi del disagio, della famiglia, dell?amicizia. E che ha una certa dimestichezza con l?argomento bocciatura perché – confessa ridendo – anche lui, una trentina d?anni fa, ha ripetuto la prima superiore. Vita: Dottor Croce, che cosa ferisce di più un ragazzo che ha appena appreso la sua bocciatura? Mauro Croce: Dei giovani ho capito soprattutto questo: che tollerano tante cose ma non l?ingiustizia, di fronte alla quale sono pronti a emettere verdetti senza appello. Tocca quindi agli insegnanti, per primi, operare con criteri di trasparenza durante l?anno affinché la bocciatura non sia una sorpresa. È importante che la società adulta comunichi coerenza di azioni, perché se i ragazzi scoprono uno scarto fra parole e fatti, il rapporto coi grandi si struttura male. Vita: Anche alla luce della sua esperienza di ragazzo bocciato, cosa consiglierebbe ai genitori di studenti che devono affrontare questa battuta d?arresto? Croce: Io sono stato respinto perché ero un lazzarone, ma in fondo me l?ero cercata: non era la scuola che volevo fare, e negli anni l?ho razionalizzato. Sui consigli ai genitori farei però un passo indietro: se la bocciatura colpisce chi non ha studiato, se è un atto giusto e se l?insegnante durante l?anno ha mandato segnali e avvertimenti al ragazzo, allora perché ci preoccupiamo tanto che gli adolescenti subiscano una frustrazione? Perché li vogliamo proteggere a tutti i costi da ogni fonte di sofferenza? Questo è uno spunto su cui i genitori dovrebbero riflettere. Vita: Sarebbe a dire che troppa protezione non fa bene ai figli, neanche nel caso di una sconfitta scolastica? Croce: Sarebbe banale rispondere che da una bastonata possono nascere elementi per modificare in meglio la propria vita. Ma in fin dei conti la bocciatura è una prova di realtà: l?errore da evitare è proprio voler rimandare all?infinito l?incontro fra il proprio figlio e la realtà. Il mondo non può essergli negato. L?altra faccia della questione è il fatto che oggi si dà la colpa di tutto alla scuola: sei stato bocciato perché l?insegnante voleva fregarti, è la scuola che non sa preparare alla vita eccetera. Queste convinzioni sono emerse dal lavoro che ho condotto quest?anno coi ragazzi di Domodossola. Perché ai miei tempi nessuno metteva in discussione la giustizia dei verdetti scolastici, e di conseguenza la responsabilità del ragazzo bocciato? Oggi risulta comodo per le famiglie delegare alla scuola compiti che non le competono. Vita: Genitori a parte, secondo lei gli adolescenti come la vivono, la bocciatura? Croce: Molti con menefreghismo, come se restassero in un limbo. Per altri è davvero il primo incontro con la realtà, con le regole. Mi spiego: la famiglia dei nostri tempi è strutturata più sulla relazione che sulle regole. Il padre non comanda, non impone divieti ma dialoga. La scuola invece, anche se tenta di assimilare questo modello relazionale, alla fine non può rinunciare alle regole, alla punizione e al premio. Ne va della sua natura. Così i ragazzi si sentono un po? spiazzati fra questi due diversi modelli. Ma se insegniamo loro ad affrontare la sconfitta, rimproverandoli, chiamandoli asini per spronarli a fare meglio l?anno prossimo, allora forse impareranno a non crollare alla prima difficoltà. E la lezione varrà loro per sempre. ll pedagogista: niente marchi Per trasformare il senso di colpa del ragazzo in senso di responsabilità, il genitore deve farsi madre e padre insieme. È il consiglio del pedagogista Mario Pollo: «Il lato materno è l?accoglienza incondizionata, per far sentire al figlio che la bocciatura non mette in discussione l?amore e il rispetto che nutriamo per lui. Che quest?evento non intacca il giudizio sulla sua qualità. Deve però aggiungersi il lato paterno, quello che gli dice: io ti voglio bene, ma sappi che hai mancato a un compito che ti era stato affidato». È un cammino di dialogo, secondo l?esperto, che ripercorre con il ragazzo il suo modo di vivere la scuola. «Il difficile», aggiunge Mario Pollo, «è coniugare la responsabilizzazione a un messaggio rasserenante, quello che dice al ragazzo che a volte, nella vita, la riuscita passa dalla porta stretta dell?insuccesso. E che quindi una sconfitta non va vissuta come un marchio. Un passaggio. La prof: io lo dico a pasqua Qualche battaglia la perdiamo, quando alla bocciatura segue l?abbandono scolastico. Ma c?è chi invece fiorisce: ristudiando qualcuno diventa addirittura bravo». Francesca Giusti insegna alle superiori da trent?anni. Ed è convinta che la chiave per non fare tragedie davanti alla bocciatura sia nel lavoro preparatorio durante l?anno: «Io glielo dico sinceramente, che non ce la faranno», spiega. «Quando vedo che al secondo quadrimestre i voti sono bassi, loro non hanno un metodo e il miglioramento non arriva, prospetto la bocciatura. Precisando però che è importante che lavorino fino all?ultimo, perché anche se non saranno promossi la preparazione gli servirà comunque l?anno prossimo». Secondo Francesca Giusti, sorgono però due ostacoli per questa comunicazione: «Le famiglie, da un lato, faticano più dei ragazzi ad accettare la sconfitta scolastica. Dall?altro, gli studenti spesso hanno una percezione poco chiara della propria situazione. Tendono ad attenuare i voti bassi, credono fino all?ultimo di recuperare. Per questo dobbiamo abituarli all?autovalutazione».


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