Leggi

Farmaci generici, imbroglio in pillole

Da luglio lo Stato restituirà la spesa per i prodotti non più coperti da brevetto. Ma senza premiare chi produce quelli meno cari. Così l’Italia perde il treno europeo

di Gabriella Meroni

I farmaci generici – senza marca, ma efficaci quanto gli altri perché basati sullo stesso principio attivo – sono la passione degli europei. In Germania li comprano quattro malati su dieci. Di loro si fidano, in Olanda, trenta pazienti su cento. E metà degli inglesi non ne può fare a meno. In Italia, invece, occupano uno spazio piccolissimo sugli scaffali delle farmacie: meno di un prodotto su 100 è ?unbranded?, e secondo un sondaggio di Federconsumatori per il 90% degli italiani lo stesso nome, farmaco generico, è più sinonimo di sciatteria e approssimazione che garanzia di prezzi bassi e provata efficacia. Per entrare in Europa anche su questo fronte, da luglio partirà un programma di rimborsi che permetterà ai cittadini di acquistare gratis molti farmaci, anche generici, pagando la differenza nel caso rimanessero fedeli al medicinale griffato. Lo scopo dell?operazione è duplice: far decollare il mercato dei generici (che oggi fattura appena 6 miliardi al mese), e ridurre di almeno 500 miliardi la spesa farmaceutica, che nel 2000 è lievitata del 30%. Ma se il secondo obiettivo potrebbe essere almeno in parte centrato, visti gli incentivi a scegliere comunque farmaci meno cari, il primo sarà mancato, come denunciano le associazioni dei consumatori e la Assogenerici, che riunisce le aziende che producono i farmaci ?anonimi?. Altro che corsia preferenziale per i generici, come Veronesi ha strombazzato sugli opuscoli pubblicitari. Lo Stato, abolito il ticket, ha fissato con un decreto del 7 giugno un ?prezzo massimo di rimborso? per 44 principi attivi (corrispondenti a circa 135 confezioni), il cui ammontare deriva da complicati calcoli sui prezzi medi europei ma quel che più conta è assolutamente a costo zero per il paziente. Il problema è che questa quota supera quasi sempre, e di molto, il prezzo del generico, che così cessa di essere concorrenziale. Molte aziende farmaceutiche, inoltre, hanno appositamente abbassato i prezzi dei loro preparati di marca per avvicinarsi il più possibile alla soglia rimborsabile, e quindi fare un?ulteriore, irresistibile concorrenza al generico e ad altri farmaci più convenienti. Un esempio per capire. Prendiamo il Feldene (principio attivo piroxicam). Il prezzo di rimborso fissato dalla Sanità per la preparazione in capsule è 18.700 lire, il Feldene ne costa 22.400. Il paziente che si intestardisse per averlo dovrà quindi sborsare 3700 lire. Se prendesse però – putacaso – il Flodol (identico piroxicam) non pagherebbe nulla, perché costa esattamente 18.700 lire. E il generico? Ancora meno: 16.500 lire, ma per il paziente è sempre gratis. È lo Stato che risparmierebbe 2200 lire rimborsando questo invece del Flodol? «Siamo stupiti della scelta del ministero», dice l?avvocato Domenico Romito di Federconsumatori. «Avremmo auspicato che i prezzi rimborsabili fossero il più vicino possibile a quelli dei generici, e invece le cose non stanno così». Una scelta suicida, secondo lei? «Non vorrei fosse un favore fatto alle aziende farmaceutiche preoccupate del possibile successo dei generici», risponde l?esperto. «Certo ora c?è il rischio che questa sia una non-riforma e che i generici continuino beatamente il loro sonno nei cassetti delle farmacie». In effetti, se l?introduzione della soglia di rimborso non è una conquista delle aziende farmaceutiche, poco ci manca. Durante la discussione della Finanziaria, infatti, le imprese si erano opposte a un pronunciamento dell?Antitrust che aveva bocciato il provvedimento ora in vigore, definendolo ammazzaconcorrenza in quanto avrebbe indotto le imprese «a fissare il prezzo di vendita in modo uniforme e corrispondente al livello massimo individuato nella norma». Cosa che si è puntualmente avverata. «È da aprile che le aziende abbassano i prezzi per uguagliarli alla quota rimborsabile», avverte Anna Sorrone, presidente di Assogenerici (che associa 49 imprese produttrici). «Ci sono casi clamorosi, come lo Zovirax, passato da 209 a 60 mila lire in quattro mesi, e altri più soft. Ma la corsa al ribasso è iniziata. Bene per il consumatore, ma male per lo Stato, che avrebbe potuto risparmiare di più e non l?ha fatto. Nonostante i titoli dei giornali, l?ora del generico non è ancora suonata». Ovviamente, nulla vieta a medici e malati di prescrivere e richiedere un farmaco generico al posto di quello di marca, anche se è gratis. Però? «Per favorire la diffusione del generico è necessaria una rivoluzione culturale», dice Gianluca Bruttomesso, giornalista e docente alla facoltà di Farmacia a Milano. «Occorrerà cioè farli conoscere a medici e pazienti, e poi convincerli che oltre a essere uguali agli altri prodotti fanno pure risparmiare lo Stato. Ma ci vorrà molto tempo». Intanto questo regime di compromesso tra interessi pubblici e di Farmindustria proseguirà fino al gennaio 2003. Solo allora infatti si rimborserà il farmaco con il prezzo più basso in assoluto. E forse nelle farmacie si aprirà qualche cassetto. Il mercato italiano: la battaglia si gioca vicino allo zero La battaglia è sui decimali: la quota di mercato dei farmaci generici in Italia oscilla tra lo 0,14 registrato nel 2000 e lo zero ?forse? virgola 9 di oggi, per un totale di circa 21 miliardi l?anno. Percentuali irrisorie. Fra i pochi principi attivi oggi in vendita e dal fatturato significativo – si fa per dire – c?è la ticlopidina (13 miliardi), il ketoprofene (1,9 miliardi), l’eritromicina (circa un miliardo) e la nimesulide (4 miliardi). Le previsioni? Sono contraddittorie. Alcuni studi sono certi che la quota massima di mercato raggiungibile entro l?anno non potrà superare l?1%, altri sono più ottimisti, azzardando un 3%. Ma ci fermiamo qui. Per quanto riguarda il risparmio per lo Stato, secondo un’indagine compiuta dalla Società Italiana di Farmacia Ospedaliera (Sifo), se nel 2001 la percentuale di prescrizione dei farmaci privi di brevetto schizzasse improvvisamente a quota 40%, come in Germania, il fatturato potrebbe essere di 565 miliardi e consentirebbe un risparmio di 141 miliardi al servizio sanitario. A titolo cautelativo, molte aziende hanno sottoposto la domanda di registrazione di prodotti generici, in modo da trovarsi pronte nel momento in cui tale mercato decollasse davvero. La situazione delle registrazioni risulta però molto rallentata anche perché non sono mai stati attivati canali di approvazione preferenziali per i generici.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA