Famiglia
George, vorrei che tu, Francesco ed io
Lapo Pistelli, luomo che ha portato Rutelli da Soros
  Ora, dopo la missione negli States dal 27 giugno al 1° luglio scorsi e gli incontri con George Soros, Madeleine Albright, Stanley Greenberg, Jeremy Rosler, William Cohen e tante altre teste d?uovo dei new Democrats, il disegno internazionale di Rutelli e della Margherita appare più chiaro. C?è un filo che lega il viaggio in Usa con quelli in Darfur o nei Paesi dell?ex impero sovietico o, ancora, con le missioni nei Paesi del Golfo e quelle nell?America Centrale. L?obiettivo è di far crescere il Partito democratico europeo e collegarlo stabilmente ai democratici Usa e ai partiti democratici sparsi nei quattro angoli dei continenti: insomma l?idea di un?Alleanza democratica globale.
  Una tela internazionale che ha un protagonista, Lapo Pistelli, quarantenne parlamentare europeo, responsabile esteri della Margherita cui Rutelli deve l?invito a pranzo al numero 888 della Settima Avenue, sede della Fondazione di George Soros, l?Open Society. Un appuntamento nato da una email inviata proprio da Pistelli al finanziere americano. Dagli incontri con Soros, la Albrigth e gli altri (artefice dell?agenda americana con Pistelli è Gianni Vernetti, responsabile relazioni internazionali dei Dl) per ora è nato un gemellaggio, con tanto di board e segretariato permanente, oltre che di collegamento tra siti Internet, della Margherita con i New Democrats, e che si concretizzerà a ottobre con un seminario sull?Islam da fare a Venezia. «Una cosa è certa», sottolinea Pistelli, «nessuno potrà più dirci che il nostro è un partito senza riferimenti in Europa e nel mondo e che prima o poi approderemo nel Pse. Anzi, la nostra rete è viva più che mai, mentre il Ppe è ormai senza leader dopo il tramonto di Aznar e i socialisti sono su un treno dalla motrice usurata, basta guardare a quanto succede in Francia e Germania».
La politica nel dna
  Probabilmente, quando era consigliere comunale (e poi assessore) della Dc a Firenze, Lapo Pistelli forse non avrebbe immaginato che si sarebbe seduto a colazione con il finanziere George Soros e il gotha dei Democratici Usa. Ma di certo la passione per la politica internazionale la coltiva da allora, cioè da quando iniziò a muovere i primi passi nella Balena Bianca (?coté? cattolico-democratico), prima come segretario del partito locale e poi come giovanissimo (essendo del 1964) suo esponente nazionale. Anzi la passione per il mondo e per la politica e l?impegno sociale gli deriva direttamente dal suo dna, considerando che Lapo è figlio di Nicola Pistelli, deputato della sinistra democristiana toscana cui si deve il disegno di legge sull?obiezione di coscienza alla base della legge del 72, oltre che collaboratore del più internazionale dei sindaci italiani, Giorgio La Pira, a lungo sindaco di Firenze (1951-1958 e 1961-1965). Con lui Nicola Pistelli (direttore anche della rivista Politica) sarà protagonista di un piano per l?apertura di decine di scuole in città.
  Passato al Ppi con la fine della Democrazia cristiana, e poi alla Margherita, fedelissimo di Rutelli, per due legislature al parlamento italiano ed oggi al parlamento europeo (dove si occupa di libertà civili e, naturalmente, affari esteri), Lapo Pistelli – sostenuto nella sua azione politica dal think thank di approfondimento, studio e discussione Input, che ha fondato nel 2003 e che dirige insieme a personalità come Enrico Letta, Filippo Andreatta, Stefano Zamagni e altri – ha un paio di ?fisse? nella sua azione politica: la nascita di una ?terza forza? che s?inserisca come cuneo tra le due grandi famiglie politiche europee, popolari e socialisti, e l?importanza della visione nell?azione politica. Ci dice: «Oggi la politica gestisce il reale avendo smesso di pensare il possibile, si divide e invoca il giudizio dei cittadini per scegliere l?amministratore di una strada ma non discute della opportunità della strada e del suo percorso».
  Pistelli è tra i fondatori del gruppo dell?Alleanza dei democratici e liberali per l?Europa (Adle) e del Partito democratico europeo (Pde) al punto da sostenere, con Vita, che lui e il suo partito più che ?blairiani? si sentono «vicini ai liberaldemocratici inglesi, terza forza con cui non solo facciamo parte dello stesso gruppo, all?europarlamento, ma con cui condividiamo molte posizioni. Ieri, quella contro l?intervento armato angloamericano in Iraq; oggi, quella per una rinnovata e innovativa spinta europeista».
  Certo, non si può dire che Pistelli sia un antiblairiano, ora che si apre il semestre inglese di presidenza dell?Ue e dopo aver ascoltato il discorso del premier: «Rispetto al deficit di leadership politica che la Ue ha registrato in questi mesi, la stoffa e il carisma del leader si sono visti tutti e credo che l?approccio blairiano, sul tema della riforma del welfare e dell?innovazione in politica economica e sociale come sul taglio ai sussidi all?agricoltura, vada preso sul serio e discusso con attenzione, ma non vorrei che negli equilibri di vertice passassimo dal blocco franco-tedesco alla grande Inghilterra. La sfida comunque Blair l?ha lanciata e l?Europa, se non vuole fermarsi, deve accoglierla».
Vocazione mediterranea
  Quello che di certo a Pistelli piace è la dimensione di sogno, di visione, che l?approccio blairiano alla politica porta con sé. «L?Unione e l?Ulivo devono recuperare il senso della missione complessiva del nostro Paese, ridefinire il senso di interesse nazionale e i suoi rapporti internazionali. Non basta dire ?abroghiamo le leggi del centrodestra?, né fare del malinteso berlusconismo di sinistra. Dobbiamo dire ora e subito cosa vogliamo fare per il Paese. Vede, il Regno Unito è una grande piattaforma finanziaria e di servizi che apre all?Atlantico, la Germania una formidabile piattaforma industriale che apre all?Europa dell?Est, la Spagna una piattaforma creativa e commerciale verso l?America Latina, ma l?Italia cos?è? Perciò dobbiamo ritrovare al più presto la nostra vocazione mediterranea, coniugando innovazione, ricerca, sviluppo e nuova solidarietà sociale grazie a un nuovo welfare. E a una visione del nostro rapporto con quel grande continente che è l?Africa».
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