Cultura

Siamo andati a vedere che fine hanno fatto gli SMS degli italiani

Una settimana nel Sud-Ovest dello Sri Lanka per vedere gli ospedali, le scuole, le case e le barche che si stanno costruendo grazie ai 46,5 milioni di euro donati dagli italiani

di Paolo Manzo

da Colombo, Sri Lanka

    «Sir, entra, entra, please». Shanan ha solo 14 anni ma è sveglio come può esserlo solo un ragazzo srilankese che ha visto la sua famiglia distrutta da un?onda anomala di 15 metri, il 26 dicembre 2004. Siamo nella periferia a nord di Galle, Sri Lanka del Sud, per capire se gli oltre 46 milioni di euro donati dagli italiani via sms sono stati spesi sinora in modo appropriato, e per vedere quali siano le conseguenze sulla società locale del disastro che si è abbattuto sull?isola sei mesi fa. Shanan ha un fratello, Layanal: anni 29, figli tre, moglie una e – come tanti, forse troppi da queste parti – un tuc tuc, sorta di Ape Piaggio che, però, invece di essere prodotta a Pontedera è rigorosamente ?made in India?. Tuc tuc e aiuti ?taroccati?     Questi trabiccoli colorati sono i taxi dello Sri Lanka su cui è assolutamente necessario salire per capire usi e costumi. In primis, la contrattazione. Sfiancante, interminabile ma sempre indispensabile per non farsi turlupinare. Un esempio? Appena arrivato a Colombo, per fare una visita al tempio hindu di Cochchikade, a quello buddhista di Hunupitiya Gangatma e a Colombo 3 e 6 (le zone più malfamate della capitale srilankese dove droga e prostituzione la fanno da padrone) ho pagato una quarantina di euro, salvo poi rendermi conto che le 4.800 rupie che avevo fatto scivolare nelle tasche del mio taxi driver corrispondevano alla mensilità di un impiegato statale.    «Sir entra, entra, please. Guarda qui, questo è un pacco che ci è stato consegnato qualche settimana fa». Entro nella tenda azzurra della Protezione civile e sopra leggo a chiare lettere: «Gift of The Italian People», dono della popolazione italiana. Lui lo apre di fronte a me con aria di sfida: dentro ci sono solo prodotti tipicamente srilankesi e un paio di ?made in India?, che da queste parti te li tirano dietro. Poi la richiesta, corredata da denuncia: «Sir, please, non ha qualcosa di italiano da donarci dal momento che i nostri doganieri si sono intascati i vostri prodotti e ci hanno messo questa robaccia?».     Storie di tsunami. Come le ville che alcuni speculatori locali vicino a Galle stanno costruendo senza problemi nelle zone più esclusive del Paese, riuscendo a saltare a piè pari la burocrazia con cui, invece, Protezione civile e ong si scontrano quotidianamente per avanzare nei 45 progetti finanziati dalla generosità degli italiani. O come quelli che, da queste parti, si sono inventati un nuovo lavoro, il ?canta-tsunami? a pagamento per soddisfare la curiosità (o la perversione, dipende dai punti di vista) di turisti e giornalisti. A Peraliya, villaggio a 75 miglia da Colombo e divenuto uno dei simboli della tragedia per il disastro del treno dove morirono 2mila persone, tocco con mano l?esistenza del fenomeno ?canta-tsunami? quando Nirosha, bella 30enne sposata con un carpentiere e un bambino da mantenere, non dice nulla di interessante sino a quando non le sgancio 100 rupie (meno di un euro, ndr). Dolore, povertà e soldi s?intrecciano ma c?è da capire lei e tutti gli altri perché, tra le tante ?storie di tsunami? c?è pure quella del governo di Lady Chandrika Kumaratunga, che aveva promesso un sussidio di 5mila rupie al mese per le vittime dello tsunami e che, invece, da fine febbraio non ha più sganciato niente agli oltre 300mila profughi da onda anomala. O la storia che a Unawatura ci racconta Ragit Kumara, 30 anni e di mestiere scultore di posacenere e Buddha in ebano da vendere ai turisti: «Con lo tsunami la mia bottega artigianale è stata distrutta e americani, tedeschi e italiani non vengono più qui in ferie a comperare i miei prodotti». Si lamenta perché assieme al negozio l?onda anomala gli ha portato via anche i clienti-turisti e, intanto, cerca di piazzarmi un Buddha di dimensioni impossibili da imbarcare sull?aereo di Stato messo a disposizione della Protezione civile dal 31° Stormo dell?Aviazione militare. I salesiani? Un?istituzione     A Negombo l?umidità sfiora il 100%, mentre il rosso della terra e il verde della vegetazione equatoriale dominano cromaticamente su tutto, anche sul blu dell?Oceano Indiano. È da qui che inizio a controllare i progetti finanziati dai 46,5 milioni di sms solidali italiani, al seguito della missione organizzata dal dipartimento della Protezione civile. A Negombo i salesiani sono un?istituzione, rispettati dai locali più del governo essendo a Colombo da 49 anni e in questa cittadina a nord della capitale dal 1963. Obiettivo: costruire un complesso residenziale di 14 palazzine con 204 abitazioni per le famiglie che potranno ospitare circa mille persone. Le prime case verranno consegnate a dicembre e se si considera che «un mese fa non c?erano neanche le fondamenta e ora siamo già alla struttura portante del primo piano, è una gran bella soddisfazione», spiega il vicecapo della Protezione civile, Vincenzo Spaziante.     Il factotum in questa zona dello Sri Lanka a maggioranza cristiana che si estende da Negombo a Thalaena, è padre Gabriel: cura la costruzione delle case, l?impasto dei mattoni, la scuola e tutta l?area su cui le famiglie vivono accampate nelle loro tende. E se per le case dovranno aspettare ancora sei mesi, molte barche sono già pronte all?uso e – anche se il progetto è stato ?appaltato? dalla Protezione civile al Vis – la quarantina di imbarcazioni che incontriamo nello spazio di fronte alla mensa dell?ong salesiana portano sulla plancia, ben visibile, il marchio della struttura guidata da Bertolaso. Nulla di strano, per carità, anche perché i colori sono quelli del tricolore e ciò che appare agli occhi dei pescatori srilankesi è un ?made in Italy? dell?umanitario che non può che far piacere. «Italy good boat», «Italia buone barche» mi dice un gruppo di pescatori cui l?onda anomala ha distrutto i loro oru, i catamarani di qui con le vele fatte con stoffe diverse cucite insieme arlecchinescamente, così come i theppam, le plance per la pesca. Qui sono tutti pescatori e le barche sono importanti come le case. L?ospedale di Matara     Da Negombo ci si sposta a Sud, a Matara, dove sono iniziati i lavori di ricostruzione del magazzino, del pronto soccorso e dell?ospedale che «ha raccolto tutti i feriti dello tsunami. Questo pronto soccorso con due lettini ha fatto fronte a tutto quanto e l?impressione che ho avuto io qualche mese fa, quando lo visitai per la prima volta, è la stessa che fa a voi adesso», spiega a Vita il presidente della Commissione per il controllo contabile e di legalità sull?utilizzo delle donazioni, Angelo Canale. Le condizioni igieniche sono quelle che sono, visto il contesto locale; i farmaci sono impilati in casse di cartone di fronte al pronto soccorso dove un nugolo di pazienti aspetta il suo turno per essere visitato; gli odori ?forti? non mancano ma resta il fatto che, con la ?scazzuolata? simbolica del garante Andrea Monorchio, anche questo progetto gestito direttamente dalla Protezione civile è stato avviato, con tanto di cerimonia buddhista per il ?buon auspicio? iniziale. Perché, è bene sottolinearlo, in Sri Lanka si prega tantissimo. A ogni angolo c?è un piccolo Buddha, o un simbolo indu, o la statua di un santo cristiano. Inoltre qui è normale che un musulmano si rivolga a ?Lord Buddha? entrando nel tempio di Kalutara che, durante lo tsunami, fu uno dei pochi edifici della zona a reggere e la cui struttura salvò centinaia di vite umane di ogni religione. Un?altra storia di tsunami.     Come quella che ricorda Monorchio quando gli chiedo che immagine si porterà a casa, nel suo bagaglio di ricordi: «Sicuramente i bimbi all?inaugurazione della scuola di Tothagamuwa. Tutti bianchi, lindi, puliti, dignitosi nel guardare noi, obbedienti ai comandi di maestri e maestre. Un ricordo indimenticabile anche perché qui i bambini sono bellissimi». AAA Coordinamento cercasi Il caso: Protezione Civile e Farnesina Dopo questo viaggio in Sri Lanka Vita può affermare che, seppur tra mille difficoltà dovute al contesto in cui si opera, i progetti finanziati dalle donazioni via sms degli italiani e gestiti direttamente o tramite ong dalla Protezione civile sulla costa Sud-Ovest del Paese sono tutti avviati e destinati a concludersi entro la prima metà del 2006. Per quanto concerne la zona Nord-Est del Paese (Trincomalee e Jaffna), non abbiamo avuto dei riscontri diretti in quanto non è stato possibile effettuare un sopralluogo a causa delle tensioni con le Tigri Tamil. Una nuova missione di controllo è comunque prevista in quell?area per dicembre, a un anno dallo tsunami. Se l?impressione complessiva di quanto visto è, quindi, assai positiva, bisogna dire che l?intervento di cooperazione con lo Sri Lanka del Sistema Italia potrebbe essere ancora più efficace se la Protezione civile e la Cooperazione allo sviluppo della Farnesina coordinassero maggiormente i loro interventi. Nonostante le vigorose smentite in loco di Gianni Ghisi (vice direttore generale per la Cooperazione allo sviluppo), dell?ambasciatore responsabile per l?Asia, Claudio Pacifico, del vice di Bertolaso, Vincenzo Spaziante e del pugnace e instancabile Agostino Miozzo (nella foto), responsabile della Protezione civile in Sri Lanka, alcuni episodi lasciano trasparire una malcelata (e inutile a nostro avviso) competizione tra le due istituzioni dello Stato. In primis la polemica (personale, in quanto prontamente smentita dalla Farnesina) scatenata dall?ambasciatore italiano uscente, Salvatore Zotta, che ha accusato la Protezione civile di fare politica estera in modo dilettantesco. Poi la mancata visita nei pressi di Panadura di un progetto del ministero degli Esteri (unica visita ?bucata? di quelle in programma). A seguire la cena che doveva essere offerta dall?ambasciata, l?ultima sera prima di rientrare in Italia, e che invece, a detta delle nostre fonti locali, è stata pagata dalla Protezione civile. Infine, la distribuzione alla stampa in extremis (eravamo già saliti sull?aereo alla volta di Roma) da parte della delegazione della Farnesina dei progetti della Cooperazione italiana in Sri Lanka che, per la cronaca, ammontano a un totale di sette milioni euro erogati sinora. L?auspicio di Vita è che già a dicembre il coordinamento sia concreto e non solo di facciata, perché quello dello tsunami potrebbe essere il modello del futuro. Il fiore all’occhiello Incontro fra i Popoli, quando piccolo è bello Tra i progetti visitati (tutti iniziati e che saranno conclusi entro la prima metà del prossimo anno), un fiore all?occhiello è senz?altro quello portato avanti nel villaggio di Wellawate da Roberto Nigri, di Cittadella, in provincia di Padova, e da sua moglie Rosemarie, australiana, per conto della piccola ong Incontro fra i Popoli. Il progetto, che prevede la realizzazione di 80 abitazioni in muratura, alcune delle quali già fatte e consegnate agli abitanti del villaggio, costerà in tutto 300mila euro. «Incontro fra i Popoli non è nei network tradizionali delle ong né è ufficialmente riconosciuta in Italia, ma ha tutte le caratteristiche del nuovo umanitario», spiega Emma Bonino, uno dei membri del Comitato dei garanti che hanno preso parte alla missione (l?altro è Monorchio). La rapidità dei lavori, che si concluderanno entro fine agosto, non deve stupire ed è dovuta al fatto che, da anni, Roberto e Rosemarie venivano qui a pescare e si erano già mossi prima, con una colletta per l?orfanotrofio Barasooriya, a prescindere dal ricevere soldi pubblici o privati. «Quando è arrivata l?onda stavo scattando foto sulla terrazza dell?orfanotrofio», spiega Roberto, «poi non si è capito più nulla. Appena io e mia moglie ci siamo accorti di quello che era accaduto, della distruzione che ci circondava, abbiamo subito deciso di rimanere qui, per aiutare questa gente a ricostruire». E da parte loro, le cinquanta famiglie di pescatori di Wellawate considerano Roberto come uno del posto e, se potessero, lo eleggerebbero sindaco.

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