Salute

Ogni bimbo salvato è un goccia nel mare della malattia

Campagna Cesvi per fermare l'Aids: una telefonata a Piersilvio Fagiano, Harare (Zimbabwe)

di Emanuela Citterio

Pronto, Piersilvio, come prosegue il progetto del Cesvi ?Fermiamo l?Aids sul Nascere? in Zimbabwe?
Abbiamo iniziato a distribuire la Nevirapina alle donne gravide per bloccare la trasmissione dell?Hiv durante il parto un mese e mezzo fa e, fino a oggi, hanno già partorito venti delle circa cento donne che hanno aderito al nostro progetto. Purtroppo qui nel distretto di Centenary, nel Nord del Paese, il tasso di sieropositività delle donne incinte supera il 30% che ci aspettavamo. E ovunque si respira un?atmosfera di morte: prima che iniziassimo il progetto una donna che lavorava nei nostri uffici è morta di Aids e, tanto per darvi un?idea di cos?è la malattia qui, tre dei sei fratelli della mia segretaria sono stati consumati in pochi mesi dal virus.
È difficile convincere le donne a sottoporsi al test e quindi a intraprendere il programma?
All?inizio abbiamo incontrato qualche resistenza, ma poiché il risultato del test rimane confidenziale e il farmaco dà il 50% di possibilità di avere un bimbo sano, ora le cose vanno meglio. Cerchiamo di spiegare che il test, qualsiasi sia il suo risultato, non è una condanna a morte ma a vivere. Oltre a prenderci cura dei loro bambini, infatti, cerchiamo di aiutare le mamme a tenere sotto controllo le infezioni opportunistiche legate al virus. Ma certo ci rendiamo conto che presto dovremo iniziare una terapia antiretrovirale per evitare che i loro bimbi diventino orfani.
Quante persone hanno accesso ai farmaci in Zimbabwe?
Praticamente nessuno. Qui è vietato importare farmaci generici, ma anche se si riuscisse a portarli nel Paese, come il governo dice di voler fare, curarsi rimarrebbe un lusso: qui la spesa media per la salute è di 13 dollari l?anno, e l?80 per cento dei ricoveri ospedalieri è per infezioni legate all?Aids.
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Certo, sappiamo che ci siamo messi in una problematica praticamente infinita. Aiutare un bimbo a nascere senza il virus è solo il primo passo, ma è già qualcosa?

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