Volontariato

Quel maremoto di aiuti

Viaggio nello Sri Lanka. Nel paese colpito dallo tsunami sono "piovuti" tre miliardi di dollari di aiuti. La gestione dei fondi ha messo in crisi il governo locale.

di Paolo Manzo

A Colombo, la capitale dello Sri Lanka, lo tsunami non ha fatto danni materiali. Di sicuro, però, ha stravolto la vita di questa metropoli, colorata e caotica. Dalle auto delle Nazioni Unite che si muovono in un traffico pazzo, agli adesivi ?tsunami? che ho visto appiccicati su parecchie auto, sono molti gli indizi da cui si coglie che l?onda anomala ha modificato la quotidianità di tutto il Paese, oltre a portarsi via quasi 40mila vite umane. A sei mesi dalla tragedia anche la politica è ?figlia dello tsunami?, e a farne le spese rischia di essere la popolazione locale. Il 24 giugno scorso, infatti, la presidente Chandrika Kumaratunga ha firmato con il partito delle Tigri Tamil, che controlla il Nord del Paese, un accordo operativo per la condivisione degli aiuti esteri: tre miliardi di dollari, un importo enorme per lo Sri Lanka, dove lo stipendio di un professore è di 5mila rupie, pari a una cinquantina di dollari. Il patto con i Tamil ha provocato la reazione della popolazione del Centro-Sud e, appena due giorni dopo essere stato siglato, ha fatto scoppiare una crisi politica. Il partito comunista locale Jvp, ex alleato di governo, ha firmato una mozione contraria, mentre i buddisti hanno iniziato a mobilitare la propria base affinché i primi giorni di luglio si blocchino tutte le attività, pubbliche e private, nella capitale. Con l?uscita di queste due componenti, oggi la Kumaratunga può contare in Parlamento solo 79 voti a favore su un totale di 228. Minoranza piena, insomma, con cui sarà molto difficile governare e, conseguentemente, allocare i tre miliardi di aiuti. Se alle difficoltà politiche si aggiungono quelle burocratiche (37 atti amministrativi per la costruzione di una scuola), si comprende come l?intervento nell?area della nostra Protezione civile – che gestisce direttamente 14 progetti e ne coordina 31 tramite altri soggetti (la maggior parte dei quali ong) – sia impervio. Nonostante le difficoltà, i lavori procedono e il capo della missione italiana, Agostino Miozzo, si dice «fiducioso. Certo, difficoltà ce ne sono, soprattutto a causa della burocrazia srilankese, ma resto assolutamente convinto che meglio di quanto abbiamo fatto sinora fosse impossibile fare». Qualche esempio dei problemi? «Il governo ha deciso che ci sono aree costiere in cui non si può più edificare, ma non le ha ancora identificate. Ciò rallenta inevitabilmente la ricostruzione. Qui, infatti, non si possono ricostruire le vecchie abitazioni distrutte, ma si deve edificare in zone dove spesso il terreno non è del demanio pubblico e quindi disponibile. Ci sono così molti progetti ancora in stand by», conclude Miozzo. Assieme a una ventina di colleghi (volontari e tecnici), Kamal e Vasanti fanno parte dell?ufficio della Protezione civile che, dalla capitale, coordina gli interventi dei progetti italiani. Il primo ha vissuto dieci anni a Napoli, la seconda quattro nel milanese. Entrambi dello Sri Lanka, per loro lo tsunami ha rappresentato l?occasione di rientrare in patria e oggi aiutano nelle traduzioni e nelle estenuanti trattative con i locali. Sono pedine indispensabili affinché la missione riesca nell?impresa di portare a compimento, entro i tempi previsti, i 45 progetti di ricostruzione finanziati dalla generosità degli italiani. Anche questo, a sei mesi dallo tsunami, è bene non dimenticarlo. di Paolo Manzo, da Colombo


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