Cultura

La GMG sbaglia banca

Acque agitate per il Comitato per il sostegno della Giornata mondiale della Gioventù. A causa di un marchio si accorciano gli striscioni...

di Benedetta Verrini

Alcuni preti hanno fatto un?operazione di taglia e cuci. Troppo imbarazzante esporre in chiesa uno striscione che ringrazia la Banca di Roma per la sponsorizzazione della prossima Gmg di Colonia, perciò i centimetri di drappo che riportano il riferimento all?istituto, presente anche nel 2004 (per il 30% delle transazioni) nella Relazione sull?export di armi, sono stati tagliati.
Due metri per uno di stoffa, che per due mesi dovrebbero campeggiare nelle chiese e negli oratori, che hanno fatto insorgere proprio quelle ?sentinelle del mattino? a cui Wojtyla raccomandava di non rassegnarsi mai: «A noi non piace!», scrivono senza mezzi termini i Papaboys, dal loro sito. E mentre il Vaticano mantiene un rigoroso silenzio, il confronto tra la campagna Banche Armate (promossa dalle riviste missionarie Mosaico di Pace, Nigrizia, Missione Oggi) e il Comitato italiano per il sostegno economico alla Gmg, in questi giorni è stato molto vivace.
All?appello dei missionari ha risposto con una lettera indignata Marcello Bedeschi, presidente del Comitato, esprimendo «dispiacere per un?azione denigratoria che colpisce il nostro operato, che genera confusione e crea disagio nella comunità ecclesiale». Di più, Bedeschi rimprovera alla campagna Banche Armate di non aver prestato attenzione alla direttiva diffusa dal Gruppo Capitalia nel luglio 2004, in cui sono stati adottati nuovi e più stringenti criteri che autolimitano l?assistenza finanziaria alle aziende d?armamenti e agli stessi Paesi destinatari. Peccato che, in effetti, di queste ?buone intenzioni? non si trovi ancora traccia nell?ultima Relazione alla legge 185/90, dove risulta che la banca ha assistito compravendite con Paesi come la Cina, l?India e il Pakistan, la Malaysia. «Non siamo qui per criminalizzare nessuno», spiega a Vita don Renato Sacco, uno dei promotori della Campagna Banche Armate. «Moltissimi parroci in questi giorni ci stanno chiamando per esprimere il loro disagio. Noi abbiamo sollevato la questione perché si apra una riflessione pacata su questi temi, che riguarda non solo i nostri stili di vita ma la nostra stessa testimonianza cristiana».
Lo stendardo, di fatto, rappresenta anche una notevole pubblicità, visto che campeggerà in migliaia di chiese in tutta Italia. «In passato ci furono polemiche sulla bandiera della pace esposta in chiesa», prosegue don Renato Sacco, «questa pubblicità invece è ammissibile? Credo che la morale non sia solo misurare in centimetri un pantaloncino troppo corto che varca le porte della chiesa. La morale è anche legata al denaro, e a che cosa si fa con esso. Credo che i nostri giovani abbiano bisogno di porsi queste domande, e di avere risposte».

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