Non profit

Il non profit in Assise: «Ora si gioca alla pari»

Ad Assisi un seminario "rifondativo". Il tema era ambizioso: "Le radici e le ali, il progetto". Si sono confrontate diverse linee di pensiero.

di Ettore Colombo

Il Forum del terzo settore ha pensato bene di ritirarsi in convento (visto che l?appuntamento è stato indetto per il weekend del 25 e 26 giugno alla Domus Pacis francescana di Assisi) per riflettere con calma e serietà su se stesso. Le radici e le ali, il progetto s?intitolava il seminario convocato dai due portavoce del Forum, Edoardo Patriarca e Giampiero Rasimelli, che ha visto alternarsi ospiti e interlocutori di tutto riguardo, da Stefano Zamagni a don Virginio Colmegna, da Oriano Giovanelli a Mauro Magatti. Molte le riflessioni emerse dai seminari. Virginio Colmegna, presidente della Fondazione Casa della Carità di Milano (il tema era Gratuità e dono), che ha sollecitato a ragionare di «cittadinanza incompiuta se non vive la responsabilità verso gli altri», e che ha esortato a rovesciare l?agenda delle priorità («Porre le povertà al centro delle politiche odierne significa creare un?espansione di cittadinanza, un?assunzione di responsabilità, una produzione politica»), uno dei temi forti emersi è appunto quello di una nuova chiamata alla responsabilità, parola chiave di una svolta culturale profonda che spetta al terzo settore per coniugare, appunto, «il concetto di responsabilità e il valore della solidarietà». «I successi e riconoscimenti ottenuti a livello legislativo», ha esortato l?economista Stefano Zamagni, «indicano che non bisogna più solo chiedere rispetto e concessione di esistere ma anche il riconoscimento di svolgere un ruolo essenziale nella società». Esortazioni all?orgoglio e alla responsabilità cui il Forum intende dare gambe con le proposte operative per la ripresa d?iniziativa autunnale: una grande manifestazione e iniziativa a difesa del welfare e dei suoi livelli pubblici di assistenza che verrà indetta in autunno insieme a quella, che già a Civitas, è stata chiamata ?coalizione pro welfare? (Comuni, Regioni e sindacati), ma anche l?avvio di un dialogo serrato con Confindustria e le rappresentanze del mondo imprenditoriale. Per far capire a tutti – governo e partiti politici in testa – che il nostro Paese può ripartire solo se, per dirla con Patriarca, «abbina solidarietà e competitività». Una coniugazione, ha sottolineato Oriano Giovanelli, presidente di Lega Autonomie, «che trova il suo luogo privilegiato nel welfare municipale, che non vuol dire localismo ma rapporto con la governance del territorio e tutte le realtà lì presenti, a partire dal terzo settore, per costruire un nuovo modello di politiche di welfare». Il problema delle risorse e delle compatibilità economiche resta difficile da affrontare e governare, anche in vista di futuri cambiamenti dello scenario politico. Giampiero Rasimelli rifiuta l?idea stessa di uno «smantellamento del welfare» e chiede che, nell?alleanza sociale pro welfare, «il Terzo settore si occupi dell?intera agenda sociale del governo» affinché «l?alleanza con sindacati ed enti locali possa servire sia chi si candida al governo sia a chi vuole mantenerlo, per dire che il tema dell?universalità delle prestazioni è un tema ineludibile». «Tra Italia e Svezia mi accontenterei di fermarmi a metà strada», replica con un battuta Rasimelli al problema del ?chi paga? e rimette l?accento sulla necessità di far pagare le tasse a chi le evade, costruendo «un fisco esigente», e di far partire una grande discussione su sviluppo e innovazione. Ma il problema non è solo ricostruire regole e garanzie di uno spazio pubblico sempre più dissestato ma anche capire quale ruolo possano giocarvi terzo settore, Forum e nuove forme del non profit, a partire da quella impresa sociale appena licenziata dal Parlamento. Patriarca non nega le difficoltà ma indica la necessità di «un sano realismo che non può voler dire rinuncia a partecipare ai processi di cambiamento» e chiede di rilanciare «la solidarietà dei diritti» ma anche «un surplus d?innovazione» in un mondo come quello del terzo settore che non sopporta scorciatoie «né stataliste né mercatiliste, ma riappropriandoci del nostro ruolo e spazio, quello di un soggetto pubblico non statale. Del resto, i grandi temi che abbiamo messo al centro della coalizione pro welfare non riguardano solo la sfera pubblica né solo quella del privato sociale, ma il futuro stesso del Paese. Ecco perché serve allearsi anche con le forze imprenditoriali e capire quale rapporto vogliano sviluppare con il non profit». Produttori e mondi sociali? Forti in quanto uniti. Perché i portavoce del Forum saranno anche ricchi di spirito francescano, qui ad Assisi, ma questo non vuol dire che siano proprio degli ingenui. Per crescere, lasciate il partito-centrismo La relazione più discussa è stata quella di Mauro magatti. Per il docente della Cattolica è ora che il terzo settore pensi e lavori a nuovi assetti istituzionali. Magari partendo dal welfare del futuro. Come spesso capita, le polveri del dibattito si sono accese in zona cesarini. è successo così anche ad Assisi quando nell?ultima sessione dei lavori è intervenuto Mauro Magatti, docente di Sociologia alla Cattolica di Milano, su un tema di per sé già caldo, quello delle rappresentanze e delle istituzioni della società civile. Il ragionamento di Magatti è stato insieme molto semplice e molto diretto. «Ragionare di rappresentanza significa provare a ripensare il rapporto tra le autonomie sociali e gli assetti della politica», ha esordito il professore che ha anche denunciato come «troppo spesso, anche i gruppi sociali e il terzo settore hanno una visione politico-centrica della rappresentanza, il che facilita la politica nel suo tentativo di fagocitare il sociale». «Dovete smetterla di pensare al quadro istituzionale come già dato», è stato l?invito del giovane professore. «Oggi tutto è non solo in crisi, ma in movimento, anche il quadro istituzionale, dovete perciò porvi il problema di come dar vita a nuove istituzioni e nuovi assetti, invece che continuare a relazionarvi con il solo assetto politico-partitico». «Perciò», è stato l?affondo di Magatti, «è sempre più incomprensibile il passaggio, quasi automatico, di dirigenti dell?associazionismo o dei movimenti alla politica. Ma non vi rendente conto che, insieme, perdete potere e deprimete l?autonomia degli attori sociali?». Pur avvertendo di svolgere il ruolo di ?sentinella? e di non essere titolato per proporre soluzioni, una via per la ricerca di nuove forme di rappresentanza del sociale Magatti l?ha indicata: «Forse bisogna cominciare a ragionare di una rappresentanza che non si incardini più sul ?cosa si è? dal punto di vista giuridico (il non profit), ma sul ?cosa si fa?, in che ambiti si opera». «Per esempio», ha concluso Magatti, «perché non dar vita a un percorso che porti il sistema di welfare a un vero assetto istituzionale visto che oggi ne è privo? Perché proprio il terzo settore non si fa protagonista di un?iniziativa così necessaria?». Quella di Magatti è stata una relazione che ha fatto storcere più di un naso e suscitato più di un distinguo. Ma quello da lui toccato è un tema che richiede capacità di visione e di innovazione. In un Paese malato di rendita ad ogni livello, serve un settore che abbia capacità di visione e di costruzione e che sappia nel caso anche mettersi le proprie rendite alle spalle.


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