Caro Rifkin, è sorprendente quanto i fatti stiano dando ragione alle sue teorie sull?economia e sul ruolo che l?idrogeno potrebbe giocare nel nostro futuro, anche in termini di libertà e di democrazia. Sto pensando in queste ore all?ipocrisia di molti, che temono il mondo arabo e islamico per questioni morali, o di costume, o di terrorismo, e quasi non si accorgono che nello stesso tempo, sotto lo stesso cielo, stiamo vivendo il ricatto della dipendenza del petrolio. Ci si indigna per il possibile pagamento del riscatto necessario alla liberazione di una donna ostaggio di terroristi o di criminali, ritenendo che sia la premessa per finanziare armi e nuovi attentati, ma ci si dimentica clamorosamente di quanto paghiamo ogni giorno per il petrolio, al quale non sappiamo e per ora non possiamo rinunciare. Sessanta dollari al barile, dicono le cronache. E tutto è cominciato con la guerra in Iraq, quando lentamente il prezzo dell?oro nero ha cominciato a lievitare. Si annuncia un?estate torrida per i prezzi, pagheremo il carburante senza fiatare se vorremo raggiungere i luoghi di vacanza, guarderemo con distratta preoccupazione le bollette del gas, subiremo i rincari delle merci trasportate via gomma. Ma non ci passerà per la testa che davvero è stato fatto troppo poco per toglierci da questa dipendenza dal petrolio. Il grande black-out è un ricordo sbiadito, e al massimo si pensa di nuovo all?energia nucleare, come se una bacchetta magica potesse dotarci dell?energia mancante. Non è così. Ho fatto il pieno l?altro giorno. Ho speso 85 Euro. Ero in riserva, ma non ho una Ferrari, bensì una normale vettura a benzina di una nota marca italiana. Quando ero ragazzo con diecimila lire viaggiavo per una settimana e scoprivo il mondo. Anche questa è una guerra perduta.
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