Volontariato

Turkmenistan: continua la persecuzione contro molte religioni

Gli unici culti permessi sono l'slamismo sunnita e il cristianesimo ortodosso. Le altre sono in balia dei servizi di sicurezza

di Gabriella Meroni

Permane preoccupante la situazione dei diritti umani in Turkmenistan, in particolare per quanto riguarda la libertà religiosa e di coscienza. Solo due le religioni ufficialmente riconosciute dallo Stato: l’islam sunnita e la Chiesa ortodossa. Tutte le altre non hanno ottenuto, o richiesto, la registrazione imposta da una legge del 1996. Così i loro luoghi e attività di culto vengono perseguiti dalle forze di sicurezza. Negli ultimi mesi le cronache hanno registrato interventi censorei nei confronti dei seguaci di Hare Krishna. Ai primi di marzo sette di loro sono stati detenuti per una settimana dalla polizia politica per aver preso parte a una festa nuziale nella città di Mary. I sette avrebbero contravvenuto al divieto loro imposto di riunirsi per azioni di culto o cerimonie di qualunque genere. A fare le spese della politica illiberale sono, però, soprattutto i cristiani battisti. Il 7 maggio scorso, un gruppetto riunitosi per un culto biblico in aperta campagna, non lontano da Mary, è stato bloccato dai servizi di sicurezza. Il pastore Vasily Korobov, che guidava il gruppo e che risiede nella capitale Ashgabad, è stato diffidato dal lasciare la sua città per almeno sei mesi e dal dar vita ad altri momenti di culto illegali. Un altro pastore battista, Shageldy Atakov, (39 anni) padre di cinque figli, sconta dal 1998 una condanna a 4 anni di lavori forzati. Gli è stato addebitato un reato comune, ma si ritiene che la sua detenzione sia legata all’attaccamento di Atakov alla sua fede. Pare che in carcere il pastore sia sottoposto a maltrattamenti. Del suo caso si sono occupati anche Amnesty International e il Parlamento europeo.


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