Non profit

Vergogna,che miseria di partita

Scudetto del cuore. Perché quest’anno resta in bacheca.

di Paolo Manzo

Non sono d?accordo col modo in cui alcune grandi società hanno creato i loro diritti d?immagine e le loro attività mediatiche, sfruttandole a livello commerciale. Così non va. Alcune di queste società parlano spesso di solidarietà, ma sappiamo bene che in realtà è una parola che non conoscono. Lars-Christer Olsson, direttore generale dell?Uefa Scudetto del cuore 2005? Non assegnato. Giunto alla sua quinta edizione, l?iniziativa di Vita si prende una pausa doverosa. Del resto quest?anno la scelta sarebbe stata davvero imbarazzante. La situazione del calcio italiano quanto a responsabilità sociale è davvero all?anno zero. Niente è stato fatto nel rapporto con le tifoserie. Niente per calmierare gli stipendi fuori da ogni logica di una buona parte dei giocatori. Niente per diradare i sospetti di doping che hanno riguardato da vicino alcune grandi squadre. «Dal punto di vista della conduzione aziendale, il calcio italiano è un?azienda in fallimento, sia dal punto di vista economico che da quello morale», tuona un grande esperto come Marco Vitale, l?economista che due anni fa laureò con uno studio specifico il piccolo miracolo del Chievo. Oggi non è più tempo di miracoli, né piccoli né grandi. E anche le iniziative solidali con cui le società cercavano di salvare la faccia, mostrano la corda. Prime (e spesso uniche) vittime di bilanci sempre più in rosso. Il caso Juventus I primi della classe quest?anno sono passati nella bufera di un processo per doping conclusosi con una condanna in primo grado del medico sociale, il dottor Riccardo Agricola. La società di corso Galileo Ferraris ha puntato su un?iniziativa promossa dal comitato Crescere insieme al Sant?Anna, costituitosi per raccogliere i fondi necessari per la ristrutturazione della neonatologia del nosocomio torinese, per la quale sono stati preventivati 4 milioni di euro. La società bianconera non ha detto quanto coprirà di quella cifra. A fine 2005 chiuderà la raccolta e quel che sarà stato raccolto verrà devoluto al comitato, qualunque sia la cifra. Secondo un costume molto furbo e ormai acquisito, nella raccolta fondi la società non mette il denaro bensì il suo nome: così, di fatto, a sborsare non saranno i miliardari in campo ma i tifosi. Il metodo è sempre lo stesso: merchandising sportivo ?spinto?. Tra le molte iniziative (cene di calciatori con tifosi più o meno eccellenti, gioielli griffati) quest?anno anche una insolita: Crea l?inno della Juventus, organizzata in collaborazione con TuttoSport e Sony Music Italia. Per parteciparvi i tifosi hanno usato un coupon reperibile all?interno del quotidiano sportivo torinese, inviato un testo e/o una canzone e versato 5 euro al comitato Crescere insieme al Sant?Anna. A concorso finito è stata prodotta La compilation dei tuoi campioni, un cd in vendita in tutti i negozi di musica al prezzo tra i 16 e i 19 euro. Il cd contiene i tre inni che hanno raggiunto la fase finale del concorso e che sono cantati (gratis, sfruttando i diritti d?immagine che la società detiene) dai calciatori della Vecchia Signora. Per scegliere quale dei tre brani sarà il prossimo inno Juve, gli esperti del marketing hanno inventato un terzo passaggio per raschiare ancora soldi dalle tasche dei tifosi: un voto sull?inno preferito, via sms a un euro, o dai telefoni di rete fissa di Telecom Italia (2 euro a voto). Risultato: la società calcio Juventus si è fatta un inno (per la cronaca, Juve storia di un grande amore) senza sborsare un centesimo a chicchessia. Ma, nominalmente, ha il merito per un quinto dei lavori del reparto del Sant?Anna. «Dal dicembre del 2003 abbiamo raccolto circa 800mila euro», commenta Silvana Garufi, presidente del comitato, «ma mancano ancora gli introiti dell?inno e poi abbiamo in programma un?iniziativa televisiva per la raccolta fondi del 2005». E aggiunge: «Entro fine anno, comunque, il comitato si trasformerà in fondazione». Proprio come il Milan. Milano, quota 0,048% Già il Milan. La società del presidente del Consiglio è quella che in apparenza ha meglio strutturato le proprie iniziative solidali. Da due anni e mezzo, infatti, è stata costituita una fondazione, presieduta da Leonardo, ex giocatore brasiliano che ha messo entusiasmo e tenacia nell?iniziativa. Ma a guardare i numeri c?è davvero poco da entusiasmarsi: a partire dai 104mila euro di capitale pari allo 0,048% del fatturato dell?Ac Milan secondo Deloitte. Tra gli obiettivi della fondazione quest?anno c?era quella di finanziare l?ampliamento del Pronto soccorso della Clinica pediatrica De Marchi di Milano: costo totale del progetto, 763mila euro. Siamo su livelli più modesti rispetto ai bianconeri. E modesta è stata la raccolta, nonostante il massiccio investimento promozionale (ultima iniziativa, una pagina di pubblicità sul Corriere della Sera poco prima della fine del campionato). Con mille iniziative si è arrivati a raccogliere 221mila euro. Pari allo 0,27% del monte ingaggi del Milan nella stagione appena conclusa. Ma anche qui il Milan non ha messo niente, se non il nome. Le altre iniziative della fondazione sono simpatiche, ma risibili dal punto di vista dell?impegno reale. Qualche esempio? La donazione all?Associazione di volontariato City Angels di un pulmino. Il mezzo? Un Opel Movano Combi, sponsor della squadra. Valore di mercato? Poco sopra i 25mila euro. Stesso film per la Fondazione Fratelli di San Francesco d?Assisi. Un Movano Combi del proprio sponsor. Inter poco trasparente Il terzo incomodo. L?Inter era la scudettata uscente ma quest?anno, a parte l?invito espresso del subcomandante Marcos per «una partita di calcio con la nazionale dell?Esercito zapatista per la liberazione nazionale», si è distinta per un paio di cose che fanno a pugni con lo Scudetto del cuore: la scarsa trasparenza nella contabilizzazione delle iniziative benefiche e il rapporto inesistente con la tifoseria. I progetti di quest?anno sono gli stessi della stagione 2003-2004. Ma a differenza di Milan e Juve, il sito www.inter.it è poco trasparente sui fondi versati e non c?è una correlazione chiara tra l?impegno societario, quello dello sponsor Nike, e i progetti degli Inter Campus in Italia e all?estero. Roberto Gugliermetto, Football business manager Nike Italy, ammette a Vita che «sì, il maggior peso di Inter Campus – se lo tramutiamo in soldoni – lo sopportiamo noi. Quest?anno siamo arrivati a distribuire un totale di 22mila kit di maglia, pantaloncini e calzettoni. Più tute e palloni?». Che tradotto significa gli oneri allo sponsor, l?onore (e l?immagine) alla società. Ma la trasparenza è poca anche sui contributi a Emergency nel campionato 2004/2005 che, per bocca della dottoressa Susanna Wermelinger («direttore editoriale dell?Inter, morattiana di ferro, una sorta di versione nerazzurra della signora Thatcher», si legge sul sito ufficiale http://interchannel.inter.it ) è «impossibile quantificare». A questa mancanza di trasparenza si aggiunge anche lo spettacolo indecoroso della curva nerazzurra durante i quarti di Champions contro il Milan che ha portato alla sospensione del match di ritorno e a una maxisqualifica dell?Uefa. Senza considerare che, tra le sue fila, l?Inter annovera Christian Vieri, «il calciatore con l?ingaggio più alto della Serie A con 12 milioni di euro, pari a 24 miliardi di vecchie lire», spiega a Vita Fabio Monti, firma sportiva illustre del Corriere della Sera. Basterebbe l?1% dell?ingaggio annuale di Vieri per strappare dalla morte per fame un migliaio di bambini africani…


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