Welfare

Malati terminali la rivolta dei volontari

Vidas rifiuta il voucher in Lombardia: non garantisce qualità. E anche la Regione ci ripensa. La soluzione? Il modello sperimentato a Corsico.

di Benedetta Verrini

Il caso è scoppiato nell?hinterland di Milano, a Cinisello Balsamo: l?ospedale Bassini ha deciso di interrompere l?assistenza domiciliare ai malati terminali a seguito della decisione della Asl di attribuire la competenza del servizio ad enti privati, attraverso il meccanismo del voucher, il ?buono-acquisto? di servizi socio-sanitari introdotto in Lombardia. L?iniziativa ha destato così tante polemiche, in particolare per la preoccupazione che venisse meno (o potesse scadere di qualità) l?assistenza a malati così gravi, che alla fine la Regione ha deciso di ?congelare? la situazione. Di certo, se Milano e la sua provincia sono la cartina di tornasole di quanto, ogni anno, vivono i circa 250mila malati terminali che in Italia vengono dimessi dall?ospedale in attesa di spegnersi, un problema c?è. Perché, al di là della formula lombarda del voucher, la risposta del Servizio sanitario per chi si trova in fase terminale è ancora molto disomogenea. Esistono due tipi di approccio: le cure domiciliari (che devono però avere una specificità e una continuità di servizio), oppure l?hospice, un?esperienza molto recente in Italia (nel 1999 erano solo 5), con una distribuzione disomogenea sul territorio (4 in Sicilia, 38 in Lombardia) e a gestione multiforme (pubblica, privata, privata convenzionata, strutture religiose). In alcuni comuni della provincia milanese, per esempio, l?assistenza domiciliare è coperta da un voucher di 619 euro mensili. Tradotto in servizi diretti, significa 12 accessi a domicilio dell?infermiere e una visita medica al mese. Può bastare per una persona che sta morendo? «A nostro avviso, assolutamente no», commenta Giorgio Troisi, segretario generale di Vidas, l?associazione milanese che da più di vent?anni assicura assistenza domiciliare gratuita ai malati terminali di cancro. Vidas ha rifiutato l?offerta di intervenire tramite questo tipo di voucher e ha preferito andare avanti in autonomia, coprendo da sola i costi di una qualità di servizio molto più elevata. «Un?assistenza completa e integrata a un malato terminale», spiega Troisi, «a livello teorico ha un costo di circa 1.500 euro al mese che servono per garantire, nella fase intensiva, accessi quasi quotidiani a domicilio di uno staff di medici, infermieri, operatori socio-assistenziali ed eventualmente altre figure, come lo psicologo. L?équipe viene affiancata dal prezioso lavoro dei volontari, importantissimi nel costruire una relazione d?aiuto con il malato e la famiglia. Vidas si fa carico di tutto». L?unica convenzione realizzata, che sta dando ottimi risultati, è quella che l?associazione ha nei territori di Corsico, Abbiategrasso e Magenta, «dove l?Asl Milano1 ha lottato insieme a noi per un accreditamento che tenesse conto del profilo specifico di un malato terminale: la formula si chiama ?complex?, a fronte di un contributo di 830 euro. Con essa assistiamo fino a 40 pazienti contemporaneamente». Meglio il dialogo tra pubblico e privato, insomma, che scelte aprioristiche o ideologiche: «Il vero problema non è decidere se affidare l?assistenza all?ospedale o ai privati», sottolinea Troisi. «Il problema è che non esistono ancora standard omogenei, perciò, anche quando si parla di affidamento al privato, bisognerebbe stabilire su quali criteri di qualità. Ancora oggi, tante famiglie che si trovano di fronte al problema della malattia non sanno quali diritti e strumenti hanno a disposizione». Le difficoltà spesso si combinano con il dramma della solitudine: «Le strutture tipo hospice dovrebbero essere aumentate», dice il professor Alberto Scanni, direttore di Oncologia medica all?ospedale Fatebenefratelli, dove è stato creato un hospice interno da 8 posti letto. Anche qui, e questa volta con un modello pubblico, c?è uno staff che lavora con l?ottica che «il malato va seguito dall?inizio della malattia fino alla fine, con una logica del ?prendersi cura?, e non semplicemente curare», spiega Scanni. Ma guardando oltre la sua esperienza, ammette: «Sulla terminalità serve un sistema più integrato di risposte». I dati italiani La ?fotografia? della situazione dei malati terminali in Italia: alto numero di casi, distribuzione disomogenea di strutture. Malati terminali: 250mila all?anno Tipo di malattia: 98% oncologici (i restanti sono malati terminali con Aids, sclerosi laterale amiotrofica, morbo di Alzheimer, cirrosi, ictus, cardiomiopatia) Attesa di vita 60-180 giorni Hospice esistenti 92 Regioni prive di hospice: Valle d?Aosta, Umbria, Puglia, Basilicata, Calabria Info: Società italiana di cure palliative, www.sicp.it


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