Welfare

Lavoro per i detenuti grazie ad Agesol

L'agenzia di solidarietà per il lavoro nei primi tre anni di attività ha favorito 120 inserimenti lavorativi di detenuti ed ex

di Antonietta Nembri

Oltre 120 inserimenti lavorativi di detenuti o ex, 520 persone prese in carico, un?aggiornata banca dati, quattro sportelli di orientamento al lavoro, tre nelle carceri di San Vittore, Opera e Monza e uno nella sede dell?agenzia, per chi è stato dietro le sbarre e per i suoi familiari. E’ questo l?incoraggiante bilancio dei primi tre anni di attività dell?Agenzia di Solidarietà per il Lavoro (Agesol), nata a luglio ?98, da un?idea di un gruppo di detenuti e detenute di San Vittore. L?agenzia (cui aderiscono Apa, Api, Agci, Caritas Ambrosiana, Cgil Cisl Uil Milano, Cna, Confcooperative, Gruppo di lavoro San Vittore, Legacoop, Sodalitas, Comune e Provincia di Milan) ha come obiettivo quello di favorire l’inserimento lavorativo di detenuti ed ex detenuti nella società produttiva, facilitare attività lavorative all’interno del carcere e sviluppare istruzione e preparazione professionale in previsione di un impiego esterno. Grazie a un paziente incrocio tra richieste delle imprese e curricula, oltre 120 persone hanno trovato lavoro o è stato attivato un percorso lavorativo. Per gestire gli sportelli Agesol si avvale della collaborazione di operatrici esperte nel settore e da ottobre 2000 negli sportelli interni sono impiegati alcuni detenuti che sono stati preparati dal progetto formativo ?Meglio Fuori?. Da ottobre nella sede è aperto anche uno Sportello di consulenza alle aziende o cooperative che vogliono inserire detenuti mentre un altro sportello è di prossima apertura nel carcere di Bollate. Un?esperienza positiva che non cancella i nodi problematici. ?Il carcere, per sovraffollamento e ritardi del sistema penale?, spiega alla presentazione dei dati di Agesol don Virginio Colmegna, presidente dell?agenzia, ?è oggi un contenitore del disagio che va ripensato, e deve rimanere solo extrema ratio, come ha detto il cardinale Martini. Il ricorso al lavoro è fondamentale nel quadro delle misure alternative, per la risocializzazione e il recupero, il risarcimento delle vittime e la rivalutazione della dignità del detenuto. Ma rischia di non essere a disposizione per le scarse domande dal mondo produttivo. Chi non ha appoggi esterni e conta su una bassa professionalità, viene tagliato fuori?. ?Il mercato del lavoro si evolve rapidamente?, precisa la direttrice dell?agenzia, Licia Roselli, ?mentre il carcere rimane statico e quindi non riesce a stare al passo con il mondo esterno in continuo cambiamento, soffre di burocrazie lunghissime e della carenza cronica di operatori. Ci sono anche remore culturali all?impiego di detenuti ed ex, mentre si restringe l?applicazione delle pene alternative?. Nel corso dell’incontro si è anche sottolineato il fatto che su questa situazioe pesa anche la composizione del popolo del carcere. Aumentano gli stranieri, spesso senza permesso di soggiorno e un domicilio. Cosa che rende impossibile usufruire di misure alternative, anche perché a fine pena devono lasciare il Paese. Si scontano anche ritardi legislativi. La cosiddetta Legge Smuraglia, approvata ormai da un anno, che prevede sgravi alle aziende e a cooperative che assumono detenuti, ancora aspetta i decreti interministeriali attuativi.


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