Formazione
Israele: ingresso negato a un cooperante italiano
Il diario di Marco Gallucci, cooperante del Cric, e una nota di Carla Pagano e Gianluca De Luigi
di Redazione
Arrivo all?aeroporto di Tel Aviv ore 12,30 del 862001 volo Alitalia 810 Y
Toccato terra mi reco al controllo passaporti dove una incaricata (circa 25
anni) si appresta al controllo dei documenti, dopo una prima occhiata inizia a farmi delle domande; per prima cosa mi chiede il motivo della mia presenza in Israele a cui rispondo spiegando la mia funzione di cooperante impiegato in un progetto con sede nella striscia di Gaza, a questo punto mi invita a seguirlo in ufficio dove ci sono altre due colleghe, pressapoco coetanee,che dopo una breve consultazione e assumendo un atteggiamento rigido e arrogante incomiciano un vero e proprio interrogatorio.
Ricominciano chiedendo il motivo della mia presenza, e io cerco di spiegare loro le motivazioni del progetto rivolto alla assistenza e il sostegno per il miglioramento delle condizioni dell?infanzia, a questo punto un ragazzo in divisa e armato (forse un poliziotto ausiliario) che intanto si era aggiunto a loro si rivolge a me dicendo: “Ma noi non abbiamo bisogno di aiuti umanitari, quindi tu andresti ad aiutare i Palestinesi!” Rispondo affermativamente.
Alterandosi, una delle due ragazze mi chiede documenti che comprovino
l?ufficialità della mia presenza, estraggo dalla mia borsa il contratto
stipulato con il CRIC, ma dopo una veloce consultazione mi chiede quando tempo io debba rimanere in loco: rispondo, “come previsto da contratto”.
Mi chiede se ho con me del denaro, apro il portafogli e mostro loro un po?
di Shekel e un po? di Lire Italiane aggiungendo anche la mia carta di
credito. Sempre dopo una breve consultazione con gli altri che si
alternavano nelle domande mi viene chiesto se ho un ?invito?, chiedo
spiegazioni su chi dovesse avermelo fatto ma non mi rispondono
Anzi, interviene un altro chiedendomi se ho un ?visto?, ribatto di non
essere a conoscenza di questa nuova procedura visto che non era la prima
volta che venivo in Israele essendoci stato un?altra volta.
Intanto continuavano a venire e ad andare altre persone tutte molto giovani che continuavano a consultarsi ovviamente nella loro lingua ma purtroppo non conoscendola non riuscivo a comprendere.
Una delle due ragazze (continuo a chiamarle cosi’ per facilità, ma anche
loro indossavano una divisa della polizia Israeliana) mi chiede se c?erano
altre persone con cui avrei dovuto collaborare, gli dico che c?era Gianluca
e molto probabilmente era fuori dall?aeroporto ad aspettarmi, anzi visto la
piega che stava prendendo la cosa ho chiesto se era possibile telefonargli, poteva essere utile a chiarire la situazione, ma mi sono sentito rispondere un secco ?NO!?
Allora ho chiesto se era possibile parlare con un responsabile dell?ufficio
immigrazione, ma anche questa volta si sono rifiutati.
Sono usciti dall?ufficio lasciandomi solo e portandosi via i miei documenti
e il biglietto aereo. Dopo qualche minuto sono tornati e hanno iniziato a chiedermi sempre con tono arrogante: da quanto tempo lavoravo con questa organizzazione, chi era e cosa faceva, da quanto tempo conoscevo Gianluca e il nome del presidente del CRIC, subito dopo mi hanno chiesto di dargli il numero di telefono di Gianluca che avrebbero provveduto loro a chiamarlo per avere dei chiarimenti.
Ho assistito alla telefonata che c?è stata tra una di loro e Gianluca, i
toni usati da lei erano duri e le richieste arbitrarie.
Intanto io continuavo a chiedere spiegazioni facendole notare che oramai
erano passate un paio di ore ed eravamo ancora li? a discutere senza
riuscire ad uscire da quella situazione e sollecitavo la necessità di
chiamare al telefono il Consolato Italiano sentendomi però ripetutamente
negata questa possibilità. Mi hanno di nuovo lasciato da solo.
Dopo qualche minuto sono ritornate di nuovo le due ragazze in compagnia di un giovane poliziotto e mi hanno chiesto di seguirli.
Siamo passati a ritirare il mio bagaglio che avevo imbarcato a Roma che
intanto era stato abbandonato in prossimità dei nastri trasportatori
completamente incustodito e ci siamo diretti verso un uscita secondaria in fondo alla sala per il recupero dei bagagli.
Entrati in una stanza mi hanno chiesto di poggiare le mie cose su di un
tavolo e indirizzandomi in uno sgabuzzino sono stato accuratamente
perquisito, stessa sorte è toccata alle mie cose. Avevo in una borsa un computer portatile, loro hanno cominciato a chiedere se funzionava e che uso ne avrei fatto, ho detto che l?avrei utilizzato per mantenere la corrispondenza. Tutto regolare. Anzi l?addetta al check point mi ha offerto un caffe? scusandosi se non era un espresso italiano.
Oggi controllando meglio mi sono accorto che mi è stato preso il floppy disk che avevo nel computer.
Finito il controllo siamo di nuovo usciti, a quel punto le due ragazze che
si erano preoccupate di interrogarmi mi hanno lasciato in consegna al
poliziotto che invitandomi a seguirlo mi ha portato verso una uscita
secondaria, ma oltrepassata la soglia ci siamo ritrovati in un hangar dove
ci tengono i carrelli per il recupero di bagagli e vari altri materiali.
Ci siamo fermati davanti a una porta e dopo aver bussato è uscito un altro
poliziotto, hanno scambiato due parole e sono passato in consegna all?altro che mi ha subito ordinato di entrare. Sollecitato della mia continua richiesta di chiarimenti il mio nuovo custode mi ha finalmente detto quali fossero le intenzioni: domattina rimesso sul primo aereo e rispedito in Italia.
Ha poi aperto una porta su cui c?era una finestrella e mi ha indicato di
entrare. C?è stato anche un momento di tensione mentre rivendicavo i miei diritti, ma mi ha detto che li? decideva lui.
Erano ormai circa le 17 e non avevo altra possibilita? che entrare in quella
stanza di circa 3m x 4m con tre letti a castello, una finestra sfondata che
dava sul deposito da cui provenivano rumori di tutti i tipi, sporca, con un
condizionatore che sparava aria fredda.
Mi sono accorto che c?era un’altra persona, un ragazzo Bulgaro (turista)
anche lui sequestrato, che poi di questo si tratta, li dentro oramai da due
giorni e non sapeva quando sarebbe uscito per essere poi rimpatriato, forse lunedi?.
Mi ha detto che finalmente gli avevano permesso di telefonare. Mi ha anche regalato un pacchetto di sigarette Bulgare.
Dopo circa mezz?ora sono arrivati altri due ragazzi (Ungheresi) con i
classici vestiti da turisti e forse in attesa di essere rimpatriati.
Non sono riuscito a comunicare con loro visto che non parlavano nessun?altra lingua oltre la loro, li ho pero? sentiti chiedere alla guardia di andare in bagno in lingua ebraica. Hanno dormito tutto il tempo.
Non sto qua a descrivere le condizioni igieniche del bagno.
Dalle scritte che erano sulle pareti ci dovevano essere passate un bel po?
di persone li? dentro negli ultimi tre o quattro mesi, di tutte le nazionalità!
Ho notato dalla feritoia sulla porta di un’altra stanza (o cella) che dentro
c?erano due donne credo nelle nostre stesse condizioni.
Verso le ore 20 ci hanno portato da mangiare, credo gli stessi vassoi che
usa la compagnia aerea di bandiera.
Le nostre guardie si sono dato il cambio piu? volte. Alle 4,30 della mattina seguente sono arrivati all?improvviso e svegliandomi di soprassalto mi hanno detto di prepararmi perche? sarei partito con il primo volo Alitalia per l?Italia, hanno preso il mio bagaglio da imbarcare e sono usciti.
Sono ritornati dopo circa 1ora mi hanno fatto uscire e salire su un furgone
della polizia e scortati da una macchina siamo partiti in direzione delle
piste. Ho ancora una volta rimarcato l?illegalità della procedura ma non sono stato ascoltato.
Ci siamo diretti verso il primo aereo dell?Alitalia che si trovava sulle
piste e mi hanno detto di salire nonostante il volo non fosse per Roma ma per Milano. E’ stato provvidenziale l?intervento del pilota e di una hostess che hanno spiegato che non era possibile, quindi risaliti in macchina ci siamo diretti verso un altro aereo dell?Alitalia, questa volta quello giusto, dove sono stato fatto salire.
Arrivato all?aeroporto di Roma c?era una macchina della polizia Italiana ad
attendermi, sono stato invitato a salire e accompagnato in un?ufficio dove
dopo aver espletato il controllo dei documenti e dopo aver preso informazioni sulla mia persona, non riscontrando nulla di irregolare sono
stato lasciato andare.
Sul passaporto ora ho il timbro dello stato ebraico INGRESSO NEGATO.
COSA FANNO LE NOSTRE RAPPRESENTANZE?
(di Carla Pagano e Gianluca De Luigi)
Fin’ora nulla. Ma cio’ che e’ peggio e’ che li’, in aeroporto, quando
abbiamo capito che le cose si stavano mettendo male per Marco e che non c’era nessuna ragione plausibile perche’ lo stessero trattenendo, nonostante avessimo fatto appello all’intervento diplomatico delle nostre
rappresentanze, la voce del diplomatico al telefono ci ha chiesto per prima cosa se noi “eravamo stati educati o scortesi” con chi (la sicurezza
israeliana) al telefono, ci sottoponeva ad un interrogatorio serrato e
senza identificarsi, con i modi classici di questa gente. A noi sorge
spontanea una domanda, cioe’ se condividiamo lo stesso significato per la parola CORTESE’: se significa essere gentili o rinunciare in partenza ai propri diritti e sottomettersi senza fiatare a chi li vuole calpestare. E’
stato inoltre difficile poter parlare con il nostro rappresentante, poiche’
il numero fornitoci, ormai sette mesi fa per questioni di sicurezza, non
rispondeva e nemmeno quello del nostro consolato. Abbiamo allora chiamato la cooperazione italiana per chiedere un altro numero dove poter raggiungere il responsabile della sicurezza presso il consolato, ma ci siamo sentiti rispondere un laconico NO. Allora si’…non siamo stati molto cortesi con l’impiegata di turno, abbiamo caldamente preteso il numero!!! Fortunatamente abbiamo trovato appoggio dai rappresentanti della UE. Chissa’ come andra’ a finire questa vicenda, noi lotteremo con tutte le nostre forze perche’ venga riconosciuto l’abuso di potere delle autorita’ israeliane nei confronti di un cittadino europeo, perche’ gli venga permesso di ritornare e di svolgere il suo lavoro, cosi’ come continuiamo a impegnarci perche’ cessino gli abusi di forza del governo israeliano nei confronti di tutti, europei e non, e perche’ il suddetto governo sia coerente con le dichiarazioni tanto accuratamente sbandierate al monndo di non ostacolare lo svolgimento delle operazioni umanitarie e di cooperazione allo sviluppo a favore del popolo palestinese. Vi terremo aggiornati.
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