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I petali di Francesco

Rutelli pensa a un partito che sappia essere contenitore di tante sensibilità della società civile. Per questo ha deciso di forzare i tempi.

di Ettore Colombo

Cosa c?è dietro lo scontro tra Rutelli e Prodi? Davvero solo e soltanto una manciata di deputati (il 25% dei collegi della Camera, visto che il restante 75% e il 100% dei collegi del Senato si elegge con il sistema maggioritario)? Sono i deputati da mandare in Parlamento con le insegne di un?unica Federazione dell?Ulivo che comprenderebbe Ds, Margherita, Sdi e Repubblicani sotto l?egida di Romano Prodi (già a guida dell?Unione) o con liste separate dei partiti, magari anche alleate a forze ed aree centriste (oggi l?Udeur, domani chissà)? Un po? poco, se fosse solo questo. La realtà – ragiona chi s?intende di politica come di sociale – è, al solito, più complessa.
Il problema vero è capire quali sono gli strumenti migliori per intercettare la composizione (una volta si sarebbe detto ?il blocco?) sociale che ha fatto vincere Berlusconi l?altra volta (quando, peraltro, il suo competitor era proprio Rutelli). L?Ulivo e basta, ripulito alla luce della Fabbrica, dicono i prodiani doc (professor Arturo Parisi in testa). Varie e diverse forze che sanno «riconoscere e riconoscersi, non più egemonizzare, le aggregazioni sociali», dicono i rutelliani e non solo loro. Anche gli ex ?senatori? dc, De Mita in testa.

Spazi di agibilità
L?esempio che fa sistema è quello di Venezia, dove ?l?operazione Cacciari? ha consentito di lavorare ai fianchi elettorati e aspettative di governo di interessi e mondi economici, sociali e politico non per forza pronti a stare ?a sinistra?, in uno schema bipolare che va sempre più stretto agli italiani e soprattutto a molte rappresentanze organizzate.
Nel mondo cattolico, poi, l?insofferenza per un centrosinistra (ribattezzato Unione) sempre più schiacciato sugli eredi del Pci (Ds e Prc, ma anche forze minori) che godono di un rapporto privilegiato con Prodi e che tendono – legittimamente – a rappresentare una parte sola del Paese, quella laica, progressista e che fa perno sul lavoro dipendente, è palese e spinge a sempre più massicci e visibili scatti d?orgoglio, come l?adesione ai comitati per l?astensione sui referendum procreativi dimostra.
Anche in questo caso la Margherita offre, a cattolici non tutti ?progressisti?, spazi di agibilità e dialogo politico insperati (comunemente detti ?bipartisan?) e preferisce guardare dall?altra parte della frontiera in modo laico e fruttuoso, come i vari comitati trasversali per l?astensione, l?Intergruppo per la Sussidiarietà ed anche – perché no? – i movimenti di transfughi politici dalla Cdl verso l?Ulivo, che il partito diellino sa accogliere e stimolare, dimostrano e testimoniano. Magari modalità e tattiche sono fin troppo spregiudicate e borderline, ma certo è che molto di più è in gioco, nella partita in corso nell?Ulivo, che il ?falso movimento? sulle voglie ?terziste? della Margherita o sugli ?attentati all?unità?.
L?osservatorio del sociale è un modo per capire come queste diverse letture – e le diverse sensibilità e culture che animano un partito come la Margherita – giocano anch?esse il loro ruolo, nelle agitate acque del centrosinistra italiano.
Sono ben due e di peso, per dire, gli esponenti dell?associazionismo – Edo Patriarca, portavoce del Forum del terzo settore, e Sergio Marelli, presidente dell?Associazione delle ong italiane – che dal congresso fondativo del partito (Parma 2002) siedono nell?assemblea federale della Margherita come ?invitati permanenti?.

Il giovin consigliere
Dal capo della segreteria politica di Rutelli, Donato Mosella, già responsabile dei Papa boys durante il Giubileo, al responsabile Qualità e territorio, già Associazionismo, Ermete Realacci, storico presidente di Legambiente, dall?ex responsabile della Solidarietà, oggi uomo di Marini agli enti locali, Giuseppe Fioroni, all?attuale responsabile del Dipartimento, l?ex capo scout poi dirigente della Focsiv, Cristina De Luca non sono pochi gli esponenti della Margherita che curano rapporti e relazioni con questi mondi. Ottimi, per dire, quelli con il presidente delle Acli, Luigi Bobba ma anche con associazioni e rappresentanze dei lavoratori e degli interessi, dalla Cisl (dove, al di là del segretario Pezzotta, sono i segretari confederali Baretta e Santini i più vicini ai Dl) a Coldiretti e Confcooperative, per non dire di Legambiente e diverse altri movimenti di consumatori e difesa del cittadino.
Ma cosa attrae, della forma partito della Margherita? Andrea Causin si è dimesso da poco da presidente provinciale delle Acli di Venezia per diventare il più giovane consigliere regionale del Veneto: eletto nella lista Carraro, tifa apertamente Margherita. «Il progetto Ulivo non è in discussione, i modi per costruirlo sì», dice. «I Ds non possono pretendere l?egemonia culturale anche su temi come la fecondazione. La Margherita è un partito libero, aperto, non strutturato (forse troppo) e non ideologico: deve restare in piedi se si vuole portare avanti sul serio un progetto riformista e di rinnovamento del welfare».

I circoli sociali
Alberto Ferrari, presidente del Ctg, cattolico doc, osserva dall?esterno le vicissitudini di quel partito ma giudicandolo «un luogo interessante e stimolante specie per la possibilità di dialogo senza pregiudizi che offre a laici e cattolici. I quali», sottolinea, «non hanno nostalgie di collateralismi e partiti unici, neanche ulivisti, ma chiedono ragionamenti non ideologici né schematici». Il timore di nuove egemonie culturali da parte dei Ds si sente, nelle sue parole.
Vorrebbe invece spingere il pedale per accelerare il processo di unità ulivista Gianfranco Marzocchi, oggi assessore alla Cultura al Comune di Forlì e ieri presidente di Federsolidarietà oltre che uno dei dirigenti dei ?circoli sociali? della Margherita, altra novità del partito di Rutelli anche se il bilancio, per lui, è poco esaltante («I circoli sociali? Una buona idea che non ha preso quota») e ancor di meno lo è stato lo spettacolo di questi giorni: «Io sto con Prodi. Difendere l?identità va bene ma fino a un certo punto, quello che conta è il progetto dell?Ulivo, che vuol dire far ripartire sviluppo economico e coesione sociale del Paese, riprendendo da dove ci si è fermati, cioè dai suoi governi». Anche l?esperienza della Margherita «che ha fatto incontrare mondi e stimolato alla partecipazione ha senso solo se il futuro si chiama Ulivo».
Cristina De Luca, nuova responsabile Solidarietà del partito, sta con Rutelli, naturalmente, ma soprattutto difende un modo di operare e lavorare, quello di chi cerca di dare risposte «a partire dai bisogni e dai territori: lo abbiamo fatto mettendo in piedi la Consulta per la solidarietà negli enti locali, lo facciamo lavorando a stretto contatto con associazioni e ong su immigrazione, nuove povertà, cooperazione e volontariato, presto a tema in un seminario di due giorni a Firenze, il 23 e 24 giugno. Lì metteremo in campo un?azione di ascolto e di raccordo tra questi mondi per relazionarci tra loro e con noi e connotare la proposta dell?Ulivo. Dal lavoro con le ong sul Darfur a quello con le consulte degli immigrati, dal tentativo di disegnare un nuovo welfare legando diritti, bisogni e innovazione, per noi il sociale non è un territorio a se stante ma un pezzo di mondo in cui stare e operare. In fondo non è diverso, il nostro approccio alla questione della lista. La Margherita non mette in discussione l?Ulivo, si chiede solo come è meglio connotarsi».

Qualità, territorio e poteri («sofffici» e «forti»)
Banchieri e intellettuali al conclave di Frascati
Alla Margherita piacciono i seminari. Un po? innovativi, un po? a inviti esclusivi ma clima informale, un po? a porte chiuse ma anche a idee (e mentalità) aperte.
Ermete Realacci oltre che deputato diellino è anche un gran organizzatore di appuntamenti di questo tenore. Cominciò a Impruneta con «impegno civile e nuova politica», proseguì a Fiesole e Vallombrosa con il «potere soffice» e quello «dei territori«, ora è il turno di Ravello e della «scommessa sulla qualità». Ma anche il partito in quanto tale non scherza e già con Big Talk. Generatori di futuro organizzato a Torino a inizio anno aveva fatto molto parlare di sé: con la scusa di discutere di territorio, qualità e innovazione, infatti, il progetto di welfare che ne usciva era di certo molto blairiano. E di conseguenza ben poco apprezzato dai Ds. Per non dire delle proposte sul lavoro e sulla ricerca. Ora ci riprovano, i rutelliani, e le fruste discussioni all?interno della Fabbrica prodiana rischiano d?impallidire in un colpo solo. Nel seminario – questa volta rigorosamente a porte chiuse – che si svolge a Frascati il 27 e 28 maggio, se il titolo lascia sempre un po? a desiderare (Italia 2016. Missione possibile), il parterre de roi è quello delle grandi occasioni. Dopo la relazione introduttiva del sociologo Aldo Bonomi e tra un intervento e l?altro delle teste d?uovo del partito (Letta, Treu, Gentiloni), la Margherita è riuscita a mettere assieme Montezemolo e Pezzotta, Passera e Profumo, Monti e Bazoli. Embrioni di «coalizione sociale» che forse guarda troppo avanti ma che sa interloquire e «mettersi in mezzo«.

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