Mondo

Che ci facciamo a Kabul

Clementina Cantoni aiutava le vedove afgane. Gli altri italiani sono occupati nei campi profughi, nella costruzione delle scuole. E ad curare i paraplegici.

di Paolo Manzo

Intersos, Coopi, Alisei, Aispo. Sono queste quattro le ong italiane presenti in Afghanistan, con progetti e cooperanti espatriati. Antonella Amico è una di questi, essendo la responsabile Intersos per il Mine Risk Education, l?attività di sensibilizzazione sul pericolo delle mine per uomini, donne e bambini. Vita l?ha raggiunta telefonicamente a Kabul, per capire come sia una sua giornata tipo, adesso che il rapimento di Clementina Cantoni ha fatto ricordare a tutti che, anche nella capitale afghana, i cooperanti rischiano. «Come consulente non lavoro negli uffici di Intersos ma in un?agenzia locale, la Meta, che si occupa di monitoraggio, valutazione e training sulle mine. Adesso, però, ho ridotto le uscite e comunico solo via Internet». A Kabul, oltre al progetto gestito da Antonella, Intersos lavora con i rifugiati mentre, in altre zone del Paese, costruisce pozzi, riabilita strutture, assiste i profughi nei campi. In uno di questi, a Kandahar, raggiungiamo Francesca Ballarin, che da due anni è più spesso da queste parti che a Roma, dove vive. «Nel Sud dell?Afghanistan diamo assistenza a 80mila sfollati, in maggioranza pashtun del Nord. I campi sono due, uno di 50mila e l?altro di 30mila. Contemporaneamente assistiamo le comunità locali con interventi sull?acqua». Giusy Cancellieri, responsabile di area per il Coopi, è rientrata dall?Afghanistan il giorno prima del rapimento della Cantoni: «Nella capitale abbiamo un ufficio che coordina i nostri progetti. Entro maggio ne inizieremo uno per la reintegrazione degli ex combattenti, ma siamo presenti anche nelle province di Kandahar e in quella di Nimruz, nel Sud». Tanti progetti ma un unico espatriato, anche qui una donna: l?amministratrice dell?ufficio coordinamento di Kabul. Anche Ruggero Tozzo, direttore generale di Alisei, è rientrato da poco da Kabul. «Di espatriati italiani ne abbiamo solo uno perché l?altro è rientrato il 10 maggio. Poi c?è un altro espatriato, un architetto dominicano che segue i progetti». Settori? Educazione, con la costruzione di scuole elementari, sanità e servizi idrici, a Kabul, Gardez, Farah, Badghis ed Herat, per uno stanziamento di 3,5 milioni di euro dalla cooperazione italiana. La quarta ong è l?Aispo, l?Associazione italiana per la solidarietà tra i popoli costituita su iniziativa di alcuni operatori dell?Ospedale San Raffaele di Milano. A parlare è il dottor Giuliano Brumat, vicepresidente: «A Kabul abbiamo ricostruito un ospedale, cui abbiamo affiancato un piccolo reparto per paraplegici. Entro il 26 maggio, avremmo dovuto mandare là un nostro chirurgo per seguire i lavori finali nell?ospedale. Ma adesso stiamo a vedere cosa succede».


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