Non profit

Se il sociale fa feste

Le potenzialità delle imprese non profit sono enormi. Un esempio? Far concorrenza a McDonald’s sui compleanni dei bambini.

di Francesco Agresti

Davide contro Golia, e chissà che la storia non possa ripetersi. In Italia ci sono 4,4 milioni di bambini tra i 4 e gli 11 anni, il giro di affari annuo delle feste di compleanno è di 100 milioni di euro, gran parte dei quali finiscono nelle casse del più grande distributore di hamburger al mondo. Se delle feste dei bambini si occupassero le imprese sociali, si potrebbero creare 4mila nuovi posti di lavoro, senza contare i benefici che deriverebbero dalla promozione delle produzioni locali e dalla riscoperta delle tradizioni culturali. È un esempio che nasce dall?analisi delle potenzialità economiche e occupazionali delle imprese sociali nel nostro Paese, che con la nuova legge in attesa di approvazione (e già passata al Senato) potrebbero dispiegarsi del tutto. Oggi in Italia, secondo i dati presentati nel corso di un convegno internazionale sul lavoro nel non profit organizzato a Roma da Asvi, il terzo settore offre lavoro (retribuito) a circa un milione di persone: il 60% sono donne, l?80% ha meno di 40 anni e un livello di istruzione medio alto. Nonostante il numero di occupati negli ultimi 15 anni sia cresciuto del 150%, gran parte delle potenzialità occupazionali delle imprese sociali sono inespresse. In Italia infatti gli addetti impiegati nel non profit, rispetto al totale degli occupati, sono appena il 2% contro una media europea del 6% con punte del 12% in Olanda. Una situazione che dipende da diversi motivi ma ha una matrice comune: l?assenza di managerialità, che genera difficoltà nel reperire i finanziamenti, nella gestione del personale e nella crescita in generale dell?intero terzo settore. La carenza di una diffusa managerialità ha ripercussioni anche sulla qualità del lavoro. L?Osservatorio professioni e lavoro nel non profit sta ultimando uno studio da cui emergono dati in controtendenza rispetto a quelli forniti dall?Istat. «Secondo l?Istituto nazionale di statistica», dichiara il presidente di Asvi, Marco Crescenzi, tra i promotori dell?Osservatorio, «l?80% dei rapporti sono subordinati. I nostri dati, confermati anche da ricerche Isfol, rilevano come ci sia stata una notevole diminuzione nel ricorso ai contratti di lavoro dipendente. La metà degli occupati nel non profit ha un contratto di collaborazione a progetto o di prestazione occasionale». Ciò nonostante, tra gli occupati continua a prevalere l?ottimismo, e la maggioranza degli operatori del non profit fa previsioni positive di crescita del settore. A patto di investire in professionalità e di ampliare la loro operatività in ambiti finora poco esplorati.


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