Cultura

Cantoni: il punto di stamattina

Clementina sta bene, le hanno parlato in diverse persone per telefono

di Gabriella Meroni

I rapitori di Clementina Cantoni hanno fatto ascoltare un nastro con la voce registratata della volontaria italiana sequestrata in Afghanistan. Lo affermano “ambienti vicini ai servizi segreti” citati da diversi quotidiani italiani, da La Stampa a La repubblica. La telefonata sarebbe stata fatta “ad una fonte che fa capo all’intelligence italiana – dice la stampa e nella registrazione Clementina Cantoni ha detto il suo nome e altri particolari che sono risultati veri”. Non solo. Anche la polizia afgana ha “parlato” con Clementina Cantoni. La Cantoni, dice il portavoce del ministro degli interni, è “in buona salute”. E il ministero, aggiunge il portavoce, è “ottimista” sulla sua possibile liberazione. “Siamo in contatto continuo con i rapitori che usano il telefono cellulare di Clementina. Le abbiamo parlato. Ci ha detto che sta bene e che le condizioni in cui viene tenuta sono corrette”, ha detto il portavoce del ministero Lutfullah Mashal. “Stiamo facendo il massimo perché sia liberata in modo pacifico e su questo siamo ottimisti” ha aggiunto precisando tttavia che “ai rapitori non saranno fatte concessioni”. “non ci sono motivi politici o terroristi dietro questo rapimento” ha poi detto Mashal ribadendo che la pista da seguire è quella della criminalità comune. ”Non ho grandi spiegazioni se non quella che il Paese non e’ sotto controllo. Negli ultimi mesi e’ stata data una lettura del tutto stravolta di quella che e’ la realta’. Anche Kabul sta diventando ogni giorno piu’ pericolosa”. Lo afferma, in un’intervista con ‘Il Messaggero’, Francesca Ballarin, responsabile della Ong italiana Intersos in Afghanistan, commentando la situazione del paese dopo il rapimento di Clementina Cantoni. ”Ogni Ong – prosegue Francesca Ballarin- ha il suo standard. Innanzitutto seguiamo i bollettini di sicurezza dell’Anso, una Ong incaricata proprio di questo. Poi facciamo di tutto per essere notati il meno possibile: niente macchinoni, abiti rispettosi dei costumi, velo in testa. Siamo sempre accompagnati da personale locale e non usciamo mai di notte”. ”Chi fa questo lavoro -conclude Ballarin- ha paura ma la mette in conto. Certo, c’e’ paura sempre perche’ qui siamo sentiti come una forza occupante e perche’ il mondo occidentale ha spento i riflettori sull’Afghanistan dopo aver fatto credere che tutto va bene”.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA