Cultura

Onorevole si metta al posto mio

Germana Lancia, da 16 anni in carrozzina, ha atteso i leader politici davanti a Montecitorio, ponendo loro questa semplice domanda.

di Mariateresa Marino

«Onorevole, per favore si fermi. Mi può ascoltare?». Sulla sua carrozzella Germana Lancia è più veloce delle pur pronte guardie del corpo dei parlamentari. Ci risiamo. È la solita protesta individuale per i diritti dei disabili, che rischia di lasciare poche tracce anche sui sanpietrini di piazza Montecitorio. Ma a giudicare dalla determinazione di questa abruzzese di 35, sedici dei quali passati a letto e in carrozzella a causa di un?artride reumatoide, qualche traccia è rimasta. Non foss?altro per i due giorni passati da Germana davanti alla Camera a fermare i parlamentari, agitando di fronte alle loro facce un po? compassionevoli un foglio con una domanda precisa: «Sono una persona disabile, dovrei laurearmi ma non lo faccio per non perdere dei diritti di cui godo solo in virtù dei miei studi. Se lei fosse al posto mio cosa farebbe?». Quattro le possibilità date agli intervistati. Restare studentessa a oltranza, prendere la laurea e fare la barbona alla stazione Termini, laurearsi e poi farsi chiudere in istituto, altro. Ma davvero Germana rischia di perdere dei diritti se si laurea? Sicuramente, una volta ottenuto il fatidico pezzo di carta, non potrebbe più alloggiare nella struttura che l?ha ospitata in questi anni, l?Adisu (siglia che sta per Azienda per il diritto allo studio). Che è praticamente la sua casa da quando fa la studentessa a tempo pieno, il luogo dove ha trovato assistenza continua, sia dentro che fuori l?università. E dove ha trovato anche amici e ?compagni di strada?. Dopo gli studi, niente L?Adisu, però, non può ospitarla per sempre. Da due anni Germana ha la tesi di laurea pronta, ma non la discute perché sa che uscendo dalla struttura non ha alternative per l?inserimento sociale e lavorativo. Con l?assegno di accompagnamento che riceve ogni mese non può vivere al di fuori della casa per lo studente, non può permettersi l?assistenza domiciliare ventiquattro ore su ventiquattro di cui ha bisogno, non può pagare un affitto per continuare ad abitare a Roma. Uniche alternative: tornare in famiglia o entrare in un istituto. Ma Germana le rifiuta entrambe. Accettarle significherebbe ammettere che per un disabile la possibilità di integrarsi veramente esiste solo a parole. Che ci deve essere una sorta di limbo, un?attesa insensata affinché si creino le condizioni adatte per ottenere un lavoro e una sistemazione dignitosa. «Non c?è bisogno di miracoli», dice accorata Germana, «ma solo di strutture adeguate per far vivere ai disabili una vita il più possibile alla pari delle altre persone». Signori deputati, rispondete Ecco allora la sua provocazione che, per non rischiare di rimanere lettera morta o una notizia come le altre per i giornali, ha fatto la prova del nove faccia a faccia con i rappresentanti dei cittadini in Parlamento. Gianfranco Fini, Massimo D?Alema, Francesco D?Onofrio, Giuliano Urbani, Ersilia Salvato, Romano Prodi, tanto per citare i volti più noti della nostra politica nazionale. Anche se circa il 10% degli onorevoli incontrati non l?ha degnata di uno sguardo, passando oltre in tutta fretta. Nel complesso, comunque, Germana può ritenersi soddisfatta per aver ottenuto le firme di circa 150 parlamentari, che hanno letto con attenzione il ciclostilato, hanno mosso qualche obiezione e in ultimo hanno messo la loro firma, accompagnandola a tiepide promesse e considerazioni sparse sulla normativa già esistente in Italia. «Faccia quello che può» Già, ribatte Germana, esistente ma male applicata, nonostante il nostro Paese sia all?avanguardia in questo campo rispetto al resto d?Europa. E qui si adombra l?imbarazzo dei politici, di tutta evidenza nelle risposte. Dai mugugni di qualche pidiessino, all?impegno preso dai Verdi e da qualche esponente di Forza Italia di fare interrogazioni parlamentari sulla questione, al sorriso bonario senza risposte di Prodi («Quello che conta è la tua motivazione» ha detto il presidente agitando nell?aria l?indice parrocchiale, e amen), alla sicurezza di D?Onofrio nel porre in evidenza le responsabilità delle Regioni in questo settore, al cinismo di qualche leghista che non perde occasione di riversare ogni colpa su Roma. Qualche ?perla? raccolta da Germana? Alfonso Pecoraro Scanio si incatenerebbe a oltranza sotto Palazzo Chigi (e addio studi?). Ersilia Salvato, al contrario, rimarrebbe in università ?per provocazione?. Nicandro Marinacci opta per la laurea motivandola con una massima buona per tutte le stagioni: «perché è sinonimo di cultura»; Massimo D?Alema lo segue a ruota consigliando a Germana di studiare tutta la vita «perché così si rimane giovani», mentre Aldo Rebecchi, un altro nostalgico dei bei tempi dell?università, le dà lo stesso consiglio «perché l?ateneo è un bell?ambiente». Giuseppe Detomas, poi, si estrania con disinvoltura dal proprio ruolo affermando che «occorre convincere i parlamentari a cambiare le cose». Francesco Storace dal canto suo dimostra di non aver capito bene la domanda quando dice con convinzione che «si dovrebbe avviare una campagna nazionale per far capire che la disabiltà non è una scelta» . Pietro Folena addirittura propone a Germana una futura candidatura nel Pds; Achille Occhetto non sa cosa rispondere, più o meno come Adolfo Urso, che però si lascia scappare un sonoro «Boh!», mentre Giovanni Bianchi, più attendista, «ci deve pensare un attimo». Ciriaco De Mita, tanto per essere sicuro di non sbagliare, concede magnanimamente a Germana «carta bianca» sul proprio futuro. Ma c?è anche chi, come Domenico Gramazio, le suggerisce di laurearsi e andare a fare la barbona, ovviamente ?per provocare?. E Pietro Fassino, forse il più realista, sentenzia: «Cara Germana, al posto suo io farei quello che si può». Grazie, onorevole, faremo tesoro. Per il resto, quasi unanime è stata la risposta: applicare norme che ci sono già. Insomma, ci sono le firme ma manca, secondo Germana, l?impegno concreto. «Non faccio una battaglia personale, né cerco popolarità», continua, «perché come me esistono migliaia di persone con le stesse difficoltà o con problemi ancora più gravi. Per esempio, c?è chi non ha neanche una famiglia alle spalle. Io mi batto perché tutti i portatori di handicap, ma anche tutti gli invalidi, conservino il loro diritto ad un?esistenza autonoma e degna, senza dover sentire il loro handicap come grave limite al lavoro e alla socializzazione». Il sondaggio di Germana non si ferma qui. C?è ancora piazza Madama: stessa domanda, stessa provocazione. «Scusi, senatore, lei cosa farebbe al posto mio?». ?


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