Famiglia

Sotto le macerie un popolo di bambini

Rapporto shock In anteprima le cifre insostenibili del rapporto Unicef sui minori nell’Est-Europa

di Giampaolo Cerri

Sono in pericolo i figli dell?89. Proprio così: l?anno che aveva scatenato gli entusiasmi del mondo – fine del comunismo, fine della guerra fredda – presenta, ad Est, un conto di povertà e di disgregazione sociale che sono soprattutto i più piccoli a pagare. Il muro è stato abbattuto, ma sotto quelle macerie sono rimasti i bambini. La denuncia arriva dall?Unicef che, attraverso il suo International Child Development Centre, ha studiato la realtà dell?infanzia in 18 Paesi dell?Est europeo. La ricerca ?Bambini a rischio in Europa centrale e orientale: pericoli e prospettive? sarà presentata il 23 ottobre a Firenze, città che ospita dal 1988 il centro studi dell?Unicef, grazie ad un accordo di collaborazione con la Regione Toscana.
«I figli della transizione rischiano di essere una generazione perduta» parola di Carol Bellamy, segretario generale Unicef. I cambiamenti, che hanno investito il sistema ex-sovietico, troppo vasti e troppo improvvisi, fanno dei bambini le vittime principali della caduta di un sistema sociale.

Numeri impressionanti
«Nell?Est europeo non esistono categorie di bambini più deboli o più fragili: tutti i bambini sono a rischio» denuncia la Bellamy. L?Unicef rimprovera ai Paesi dell?Est di non aver considerato l?infanzia come una priorità politica: «Le riforme sociali sono state frammentarie, le strategie e i finanziamenti incerti», accusa l?organizzazione Onu. «Nell?Est europeo ci si è dimenticati del benessere di milioni di bambini».
Ed ecco le cifre-shock del rapporto. Migliaia di bambini profughi a causa delle guerre dimenticate e dei numerosi conflitti del mondo ex-comunista: 350 mila in Armenia e Azerbaijan, 94 mila in Georgia, 1 milione e 400 mila nella sola ex-Jugoslavia. Migliaia e migliaia avviati precocemente al lavoro. «Dopo l?89 sono scomparsi 20 milioni di posti di lavoro», ricorda il rapporto, «una crisi impressionante che ha trascinato nella povertà milioni di famiglie».

Esplode la mortalità infantile
Così il fenomeno dei mini-lavoratori è diventato endemico. Si calcola che, nella sola Mosca, siano almeno 15 mila i bambini costretti a lavorare. Dati che fanno il paio con quelli sull?abbandono scolastico: 100 mila piccoli russi (5 per cento del totale) sfuggono le scuole elementari. In Romania il tasso di iscrizione alle scuole secondarie è sceso del 14 per cento rispetto all?89, sebbene la frequenza scolastica fosse condizione necessaria per ricevere gli assegni familiari. I tassi di povertà infantile in tutta l?area sono aumentati del 150 per cento dall?89. Secondo l?Unicef, nella sola Europa centrale, 2 milioni e 500 mila bambini vivono in condizioni di povertà, 1 milione nei Paesi baltici; e sono poveri 3 bambini su 4 in Romania, Bulgaria e Russia.
Il disastro economico è diventato ben presto tragedia sociale. La salute dei minori, negli anni successivi all?89, è scivolata a livelli da terzo mondo. «Sono riapparse malattie considerate debellate», osserva Carol Bellamy, «come la difterite e la tubercolosi, e patologie tipiche della povertà stanno facendo vittime soprattutto fra i bambini dell?ex-Urss». La mortalità infantile fa registrare dati agghiaccianti: più 66 per cento in Lettonia, più 100 per cento in Armenia, Ucraina, Russia. Crollato, se non dissolto, il sistema sanitario. In Polonia, nel ?90, 600 mila bambini sotto i dieci anni erano visitati da un medico almeno una volta all?anno. Tre anni dopo, erano scesi alla metà, mentre il 60 per cento della popolazione infantile risulta malnutrito.
Gli adulti, è ovvio, non se la passano meglio. «La mortalità è cresciuta enormemente in questi paesi», osserva l?Unicef, «al punto che in Lettonia e in Russia la speranza di vita è ormai scesa sotto i 60 anni, inferiore a quella dell?India o del Pakistan». Ma anche in questo caso, i più piccoli pagano due volte: fra il ?90 e il ?95, in 700 mila sono diventati precocemente orfani di un genitore.
Come tutte le crisi, anche quella dell?Est europeo ha il proprio portato di violenze familiari, tossicodipendenze, criminalità. I 18 Paesi presi in esame dal rapporto Unicef rappresentano nel loro insieme un enorme istituto con oltre 1 milione di piccoli ospiti. «In Russia, Romania e Lettonia», continua Carol Bellamy, «il numero dei bambini da 0 a 3 anni istituzionalizzati è cresciuto del 35-45 per cento rispetto all?89». In Estonia la percentuale è letteralmente esplosa, fino a far registrare un incremento del 75 per cento. «Su questi bambini, nei primi anni del crollo comunista, si è scatenato il mercato selvaggio dell?adozione internazionale», denuncia l?Unicef. «A famiglie che vivevano con 200 dollari al mese sono stati offerti migliaia di dollari». Il più grande supermercato dell?infanzia che la storia ricordi.

Droga e criminalità
La disgregazione sociale ha avuto effetti devastanti per quanto riguarda la diffusione delle droghe. Tre anni fa ?Vita? pubblicò un agghiacciante reportage fotografico sui ragazzi di strada di Bucarest, un esercito di piccoli tossici annidato nelle fogne della capitale. Oggi sappiamo che sono centinaia di migliaia. In Ucraina, ad esempio, i minorenni tossicodipendenti sono 20 mila, mentre nella più ricca Slovenia il 15 per cento dei consumatori abituali di stupefacenti ha meno di 14 anni e la percentuale sale al 72 per cento se ci si sposta nella fascia 15-19 anni. «Stimiamo che i due terzi dei tossicodipendenti di tutta l?area abbia meno di 30 anni» dice la Bellamy. Droga chiama criminalità: cresce di giorno in giorno il numero dei minori che commette reati. In Lettonia, Lituania e Russia nel ?94-?95 sono quintuplicati i baby-assassini. Per ogni 4 mila ragazzi russi (14-17 anni), ce n?è uno condannato per omicidio. Ma tanti altri rivolgono questa violenza verso se stessi: un giovane russo su 2 mila 500 si è suicidato nel ?94. E certo non per noia.

L?opinione di Ernesto Caffo

L?infanzia che non c?è

La denuncia dell?Unicef sulla realtà drammatica dei bambini dell?Est Europa esemplifica il problema che purtroppo tutti coloro che lavorano con l?infanzia in difficoltà conoscono. Si lavora troppe volte sull?emergenza, quando i problemi non possono più essere nascosti e non si riesce mai a cogliere i primi segnali di sofferenza per prevenire, per aiutare, per evitare che delle sofferenze possano diventare danno. La trasformazione dell?Est europeo da un sistema statalista ad un sistema democratico ha portato ad una trasformazione sociale tumultuosa che ha trasformato i bambini in oggetti marginali nei percorsi di adattamento del mondo degli adulti. La società doveva prevedere questo fenomeno, così come le associazioni internazionali che da tanto tempo lavorano in quei Paesi, per evitare il dramma a cui oggi stiamo assistendo. Il costo sociale di un intervento tardivo è molte volte insostenibile dalle nuove democrazie dell?Est Europa. Il rischio che possiamo prevedere è che la povertà dell?infanzia in questa realtà possa solo aumentare. Di fronte a questi dati drammatici quello che possiamo fare ora è di sviluppare in questi Paesi una cultura dell?infanzia che possa dare il senso ad una politica e delle iniziative concrete che diversi Stati devono essere in grado di poter rendere concrete. Non basta più, di fronte a questa situazione drammatica, l?intervento di sostegno economico o la dichiarazione di intenti, è necessaria invece una reale politica che ponga il bambino al centro del futuro di questi Paesi. La democrazia ha dei costi, ma non possono essere pagati dai bambini.

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