Non profit
Non di solo web vivono i giovani
In un'intervista a Tom Benetollo, il Presidente dell'Arci, spiega perché la sinistra ha perso e perché le grandi associazioni devono accettare la sfida dellinnovazione.
Ha un fare calmo e paterno Tom Benetollo. E in fondo lui è alla testa di una grande famiglia, che ha un 1.100mila figli e che si chiama Arci. Non solo. Con quel sorriso da padano contento di ciò che la vita gli ha messo davanti, racconta che sarà presto padre anche nel senso più concreto del termine. «Padre nonno», scherza dall?alto del suo metro e quasi novanta e dei suoi quasi 50 anni. Benetollo, che è padovano ed è nell?Arci da una vita, ha portato l?associazione ad un record di iscritti. Ma non si nasconde che il futuro è pieno di insidie e di sfide non rinviabili.
Vita: La sinistra politica perde, mentre la sinistra delle aggregazioni sociali è vincente. Come spiega questa contraddizione?
Benetollo: Da parte mia posso dire che la politica non è il nostro habitat. Che nei suoi confronti ci sentiamo come orsi nella palude. Guardando invece ai partiti mi sembra che la sinistra abbia vissuto l?esperienza di governo con una filosofia da anni ?70. Ha pensato di saldare la distanza con il mondo reale attraverso la televisione, che invece, per la psicologia della sinistra, ha rappresentato semmai una cesura. Così ha vinto il cittadino della delega su quello della partecipazione. Ha vinto il buon senso alla Zanicchi. Ma non prendiamocela con lei,. Prendiamocela con noi.
Vita: I limiti della sinistra politica sono evidenti a tutti. Ma le grandi associazioni non hanno mea culpa da farsi?
Benetollo: Non siamo riusciti ad arginare la cultura dominante berlusconiana, che ha vinto più politicamente che numericamente. Ma la sconfitta può essere l?occasione per capire l?urgenza di un nuovo disegno sociale.
Vita: Proviamo a delinearlo.
Benetollo: La socialità cambia, e il rischio che corriamo è quello di essere parte di un mondo che sta per essere superato. L?innovazione perciò è una via obbligata, altrimenti verremo sopraffatti dalla desertificazione sociale. E l?innovazione la vedo su due linee portanti: l?attenzione all?individuo e le reti internazionali. Quando il signor Mario Rossi bussa alla porta dell?Arci dobbiamo sapere perché viene e cosa cerca. Dobbiamo saperlo perché è lui il soggetto di tutto questo. Quanto ai rapporti internazionali, nel futuro saranno sempre più decisivi. Ma lì, per fortuna, siamo davvero forti.
Vita: E Internet che ruolo gioca? Parlando di innovazione è un passaggio obbligato?
Benetollo:è una questione su cui stiamo accanitamente discutendo. Certamente è un luogo di nuova socialità. Ma è una socialità che non potrà mai sostituirsi alle aggregazioni fisiche. I rapporti umani hanno bisogno di corporeità. Se Internet ha la pretesa di abrogarli sarà generatore di comportamenti autistici. Se accetterà la complementarietà invece darà un valore aggiunto enorme alle nuove forme di socialità
Vita: Resta la parola tabù, la politica. Resterà ancora un tabù?
Benetollo: Eh no. La presenza sociale esprime una spinta. E dovremo chiederci dove finisce questa spinta. Non può andare nel nulla. L?errore lo ha già fatto in questi anni la sinistra, non accorgendosi dell?urgenza di rivedere i meccanismi della rappresentanza.
Vita: Spesso si ha la percezione dell?Arci come di un?associazione che aggrega soprattutto strati tradizionali della popolazione. Invece i dati degli iscritti dicono che non è così.
Benetollo: Infatti i giovani iscritti sfiorano il mezzo milione. Ma credo che una ragione ci sia. L?Arci lavora per creare spazi aggregativi nuovi. Uno dei grandi sforzi che stiamo facendo è quello di mettere gli enti locali davanti alle loro responsabilità: non ci si può stupire dei fenomeni di delinquenza giovanile se scopriamo che in una città come Torre Annunziata, più grande di un capoluogo di provincia, il comune non aveva neanche uno spazio per i giovani. Oggi, dopo tante pressioni, siamo riusciti a strapparne uno. Questo non è assistenzialismo, ma un modo di favorire l?autogestione. Del resto la nuova legge sulla promozione sociale offre alle amministrazioni molti strumenti per promuovere iniziative di questo tipo.
Vita: Quando si ha l?assessore amico diventa tutto più facile?
Benetollo: è quello che dobbiamo evitare. Il territorio non è un feudo e il fatto di essere stati eletti non trasforma in padroni. Per cui bisogna garantire una trasparenza: se un progetto sociale è buono, deve aver diritto di cittadinanza. Ma secondo le regole di una normale competizione, che è positiva perché fa crescere la qualità sociale.
Vita: Desta curiosità il vostro buon rapporto con la Cdo, che è schierata su posizioni politiche opposte alla vostra. Come se lo spiega?
Benetollo: Siamo tutt?e due nel Forum del terzo settore e lavoriamo su programmi in cui tutt?e due ci riconosciamo. Con la Cdo il dialogo funziona bene, nonostante le differenze. Per esempio sul welfare li attendo ad una verifica. Per noi è essenziale un rafforzamento del compito sociale dello stato.
Vita: Forse una delle carte vincenti della Cdo è stata quella di infrangere un tabù: l?imprenditorialità non è nemica della solidarietà?
Benetollo: Questo è vero. Però io sono convinto che si debba lavorare per un?economia distinta. Nel nostro immaginario geometrico immaginiamo che ci possa essere un?economia creativa, solidale, socialmente finalizzata. L?idea di mercato oggi è un indistinto, comprende di tutto, non è un valore di per sé.
Vita: E comunque al G8 è difficile che vi troverete la Cdo al vostro fianco?
Benetollo: E chi l?ha detto. Io li aspetto. In fondo a Porto Alegre c?erano anche loro.
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