Famiglia

La scienza si ribella

Dulbecco, Levi Montalcini, Veronesi: insieme per salvare la ricerca scientifica finanziata dal non profit. L’unica a finanziare ricerche non legate al mercato

di Alessandro Sortino

La speranza non è nei programmi del governo e del Parlamento italiano. Chi soffre di una malattia comune si affidi alle case farmaceutiche. Chi soffre di una malattia rara, se la tenga. È quanto hanno concluso governo prima e commissione bicamerale per le deleghe fiscali poi, in materia del regime fiscale degli enti non profit. Dalla categoria Onlus e dai benefici fiscali connessi (detraibilità delle donazioni dall?imponibile) sono stati esclusi gli enti promotori della ricerca scientifica (Telethon e Airc, innanzitutto, ma anche decine di associazioni minori come quelle coordinate da Cometa), gli unici che possono decidere di indirizzare risorse verso quelle malattie che non ingrossano il mercato dei farmaci.
La scelta ha suscitato la ribellione di tutto il mondo scientifico italiano e in calce agli appelli di Telethon (la maratona televisiva contro le malattie genetiche) e Airc (Associazione nazionale ricerca sul cancro) in uscita proprio queste ore sui più grandi quotidiani nazionali, compaiono le firme, tra gli altri, di Renato Dulbecco, Rita Levi Montalcini, Umberto Veronesi e Piero Angela.
Certo: se la ricerca scientifica pubblica fosse all?altezza di quella dei paesi industrializzati, gli scienziati avrebbero meno ragione di ribellarsi. Ma la realtà è un?altra: l?Italia investe nella ricerca appena l?1,2 per cento del suo Pil, di cui il 50 per cento finisce ai privati. Al Cnr arrivano mille miliardi in tutto, e solo il 15 per cento viene destinato a progetti di ricerca. Nel 1995 per la ricerca genetica lo Stato ha investito solo 8,5 miliardi. Affinché fossero ottenuti dei risultati apprezzabili, il comitato promotore Telethon ne ha aggiunti altri venticinque, il 73 per cento di quelli raccolti.
E i risultati non si sono fatti attendere. «Dopo la nascita di esperienze come la nostra è cresciuto enormemente il ?fattore d?impatto? della ricerca italiana», ha spiegato Angelo Maramai, direttore amministrativo Telethon, «calcolato sulla base delle citazioni ottenute dalle ricerche italiane nelle pubblicazioni scientifiche internazionali. Questo vuol dire che i finanziamenti non profit alla ricerca fanno fare passi in avanti fondamentali nella conoscenza delle malattie e nella possibilità di curarle».
La ragione di questi successi è innanzitutto quantitativa. Di fatto lo Stato finisce per spendere i soldi che ha destinato alla ricerca tutti per il mantenimento delle strutture. Per i progetti rimarrebbero briciole, se non intervenisse il non profit. Basti pensare che nel 1992 i soldi raccolti dagli enti senza fine di lucro hanno finanziato il 50 per cento di tutti i progetti statali in campo medico e biomedico. E oggi la quota è certamente cresciuta, anche se le statistiche ufficiali continuano a ignorare completamente il Terzo settore. Ma c?è di più: poiché gli enti promotori devono dare conto ai donatori dei soldi ricevuti, sono portati a vigilare sul perseguimento degli obbiettivi, e, prima, sulla programmazione dei progetti.
«Lo Stato», ha spiegato Sergio Salomoni direttore dell?Airc, «taglia senza pietà i finanziamenti pubblici alla ricerca. Il progetto ?Acro?, uno dei più importanti del Cnr per la lotta contro il cancro è stato chiuso. Ci saremmo aspettati, come conseguenza logica, una maggiore considerazione delle risorse che vengono dalle donazioni. E invece ci troviamo di fronte a questo assurdo giuridico».
L??assurdo? ha una gestazione lunga: a luglio nella bozza di decreti delegati sul nuovo regime fiscale per il non profit il Consiglio dei ministri aveva escluso le associazioni che si occupano di ricerca scientifica dal novero delle Onlus (organizzazione non lucrative di utilità sociale), e dai benefici fiscali connessi. In particolare: la possibilità per i donatori di detrarre il contributo offerto dal reddito imponibile. Ma ora anche la commissione parlamentare che era chiamata a esprimere un parere sui decreti ha confermato per la ricerca scientifica l?esclusione (vedi box). Aggiungendo al danno la beffa: meriterebbero la sigla Onlus (e i benefici) solo quegli enti che hanno la forma di fondazioni, che svolgono direttamente ricerca e che ricevono una parte dei fondi da fonti pubbliche. Le organizzazioni italiane che per lo più raccolgono fondi per finanziare progetti presso strutture pubbliche, verrebbero escluse del tutto. Manco a dirlo: questo regime di ?apartheid? a danno dei fondi raccolti a scopo di ricerca è una invenzione tutta italiana. Paesi che a questo fine investono, a livello statale, più del doppio del nostro (l?Italia investe appena l?1,2 per cento del Pil), concedono la totale detraibilità fiscale: è il caso di Usa, Olanda Gran Bretagna. Ma va meglio anche in Germania (si possono dedurre i contributi fino al 5 per cento dell?imponibile) o in Francia, (i donatori d?Oltralpe hanno diritto a una detrazione pari al 50 per cento del contributo fino al sei per cento dell?imponibile).
Per scendere in campo accanto alla campagna di Telethon e Airc, in collaborazione con Ail (Associazione italiana leucemie leucemie), Anlaids (Associazione italiana lotta all?Aids) e Aism (Associazione italiana sclerosi multipla). Si possono contattare il comitato promotore Telethon allo 06/ 66015426, oppure l?Airc: O2/77971.
(ha collaborato M. Marino)

L?opinione di Piero Angela

Largo al privato sociale

Come ben sappiamo la quota dei finanziamenti italiani nella ricerca è solo dell?1,2 per cento del Pil. Per gli altri Paesi sviluppati questa percentuale è almeno doppia. A ciò si aggiunge il fatto che in Italia manca ancora una cultura che renda evidente a tutti quale danno provochi il mancato investimento nella ricerca. Questa considerazione riguarda l?opinione pubblica, ma purtroppo anche la classe politica. È ora che anche da noi organizzazioni del privato sociale comincino a farsi carico della ricerca, anche perché se aspettiamo che lo faccia il pubblico siamo fritti. È necessario però che chi organizza iniziative del genere sia attendibile, perché la gente dà volentieri per la ricerca se ha fiducia in chi la finanzia. A questo proposito do un giudizio assolutamente positivo di iniziative come quella di Telethon. Trovo importantissimo il suo contributo alla lotta contro le malattie genetiche e apprezzo che ci sia una commissione medico scientifica internazionale che valuta i progetti da finanziare. Per aiutare esperienze simili il ruolo della televisione può essere fondamentale, ma lo Stato si deve impegnare maggiormente nell?incentivare gli enti senza fine di lucro. È assurdo che chi fa ricerca rischi di rimanere escluso dalle agevolazioni fiscali.

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