Mondo

Terremoto ad Est, molti Paesi chiudono i battenti

Romania e Moldavia hanno sospeso le adozioni, la Russia non accredita gli enti

di Benedetta Verrini

La Romania ha bloccato le adozioni internazionali il 31 dicembre scorso. Motivo: troppi soldi circolavano in mezzo ai certificati e le generose donazioni fatte dalle coppie straniere alle fondazioni locali puzzavano un po? troppo di tangenti. La Moldavia invece ha stabilito il blocco appena una settimana fa. Il premier Vasile Tarlev ha fatto partire un?indagine, dopo che si sono diffuse terribili voci di bambini moldavi venduti all?estero per il trapianto d?organi. La Russia (che negli anni scorsi era in testa alla classifica dei Paesi di provenienza dei minori adottati in Italia), dopo la sottoscrizione della Convenzione Aja non ha ancora accreditato alcun ente italiano. L?Ucraina il blocco non lo ha ancora deciso, anche se potrebbe trovarsi presto nell?occhio del ciclone: nei primi cinque mesi del 2001, da questo Paese è arrivata la maggior parte dei bambini giunti in Italia per adozione (125 su 395). Un?ondata che ha preoccupato la commissione adozioni italiana al punto da effettuare una missione sul posto per verificare la situazione. Il bazar delle adozioni chiude i battenti, o almeno ci prova. Di fronte a un fenomeno che assume ogni giorno risvolti più oscuri, i governi dell?Est europeo hanno deciso di correre ai ripari. Ha iniziato la Romania, dopo che la Commissione Affari esteri e diritti umani di Bruxelles ha denunciato il rischio di compravendita di bambini e ha condizionato il suo ingresso nell?Unione Europea alla risoluzione del problema infanzia. Il governo romeno ha deciso di riformare la legge sulle adozioni. Il sistema, comune a tutti i Paesi dell?Est, si fonda sul principio che quanto più una fondazione locale investe denaro nella causa dell?infanzia, tanto più ha diritto all?assegnazione di una quota di bambini da dare in adozione alle coppie straniere. «In questo modo, fino a poco tempo fa, le fondazioni romene facevano pagare alle coppie fino a 30-40mila dollari per un?adozione», spiega Valerio Piras, rappresentante dell?ambasciata italiana a Bucarest, «questo sistema, in contrasto con i principi della Convenzione dell?Aja, va cambiato: bisogna privilegiare soprattutto le Ong e le istituzioni che mettono in pratica progetti di cooperazione e di protezione all?infanzia. E curare le certificazioni e la trasparenza nelle pratiche d?adozione, perché ci sono cose poco chiare. Ad esempio, il fatto che negli orfanatrofi romeni ci siano almeno 30mila bambini già dichiarati in stato di adottabilità ma non si può procedere all?adozione perché mancano i certificati di nascita e altri documenti. Soltanto 500 di loro sono stati effettivamente avviati all?adozione». Orfani in balia della tangente, in un Paese in cui tutto marcia soltanto se si olia il sistema con una mancia: «Qui trovi un letto in ospedale solo se dai qualcosa al funzionario dell?accettazione e se non paghi anche l?infermiere, ti lascerà le lenzuola del malato che c?era prima di te. Immaginatevi cosa può succedere nel campo delle adozioni», spiega Daniela Trogu, cooperante AiBi in Romania. «Il problema non va visto solo da parte romena, non dimentichiamolo», dice Marco Griffini, presidente dell?associazione Amici dei Bambini, «la questione delle donazioni chiama in causa direttamente gli enti autorizzati, perché le coppie possono spendere da 2mila dollari (la tariffa che pratica la nostra associazione), fino a 19-20mila dollari. Com?è possibile? Le spese sono uguali per tutti, dal bollo all?avvocato: quello che fa la differenza, evidentemente, è la donazione». Il problema degli extra sborsati dalle coppie, ansiose di portare a casa il bambino che tanto hanno desiderato senza ulteriori attese e problemi burocratici, viene affrontato con chiarezza dalla maggior parte degli enti italiani: «Insistiamo sempre perché non paghino nulla di più di quanto dovuto», dice don Eugenio Battaglia, presidente dell?associazione ?Il conventino?, « ma molti sono disposti a pagare qualunque cifra pur di sbrigarsela e non si rendono conto che in questo modo alimentano la corruzione del sistema. Se il funzionario locale riceve un extra per far procedere una pratica, pretenderà lo stesso trattamento da tutte le coppie che arriveranno dopo». L?adozione fatta a qualsiasi prezzo, almeno nei Paesi dell?Est, ha subito una battuta d?arresto. La Commissione adozioni internazionali, presieduta da Melita Cavallo, ha recentemente istituito una commissione costi. La giudice Cavallo vuole avviare una collaborazione con gli enti autorizzati perché si contengano le spese che, a suo parere, dovrebbero restare sotto i 20 milioni, contro un costo medio di 25-30 milioni: «L?adozione non deve essere così costosa da escludere le famiglie monoreddito o quelle che non hanno un reddito alto» spiega. «Non è giusto che una famiglia non ricca debba rinunciare a un?adozione pur essendo, magari, estremamente adatta ad offrire al minore l?ambiente affettivamente ideale». Molte coppie in attesa, d?altra parte, non vogliono parlare di politiche e di costi. Aspettano i bambini biondi dell?Est e sfogano la loro frustrazione in Rete. «Vi risulta possibile che un ente autorizzato con una lista ben definita di Paesi disponibili per l?adozione internazionale poi di fatto non possa operare all?estero per vari motivi legati alla legge locale estera? Ma poi lo sapete tutti cosa significa aspettare 3 o 4 anni prima di poter adottare?e non mi si dica che questo tempo è utile per la riflessione», scrive una signora esasperata. E c?è anche chi, rassegnato, si sfoga: «A causa di questo blocco noi siamo passati attraverso una delle esperienze e delle rinunce più dolorose della nostra vita».


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