Volontariato

Il destino di essere degli apripista per sempre

Considerazioni attorno a una ricerca sui bilanci sociali delle cooperative. (di Luciano Hinna facoltà di Economia università di Roma Tor Vergata).

di Redazione

La ricerca realizzata per conto di Ansct mostra come il ?modello di bilancio sociale? adottato nella maggioranza dei casi analizzati sia in realtà ?un non modello?. Ciò che emerge, infatti, è la tendenza alla ibridizzazione o all?adattamento dei modelli teorizzati attraverso la realizzazione di un mix proprio ed originale in grado di trovare un equilibrio rispetto alle singole esigenze. Questo elemento appare di grande importanza, sia perché è il risultato di una storia lunga, sia perché è confermato dal trend registrato in altri settori. Nel mondo delle cooperative il fenomeno ha tuttavia un significato ancora maggiore e spegne definitivamente la polemica, tutta accademica per la verità, che si è sviluppata intorno alla proposta di modelli vissuti spesso come gabbie concettuali e troppo ispirati a modelli di rendicontazione di tipo ragionieristico penalizzando l?aspetto sociale e comunicativo sulla base dell?assunzione errata che il bilancio sociale sia davvero un ?bilancio?. La ricerca ha dimostrato come la soluzione non sia quella di standardizzare il documento ma quella di standardizzare il processo ed eventualmente certificarlo. Il bilancio sociale non racconta degli altri strumenti per gestire la responsabilità sociale Un altro elemento su cui richiamare l?attenzione è il bilancio sociale inteso come strumento di comunicazione che mette a sistema gli altri strumenti di gestione della responsabilità sociale dell?impresa. Le cooperative sono state per anni un benchmark interessante per tutte le altre tipologie di aziende dei vari settori economici che via via si avvicinavano al tema. Oggi, tuttavia, altri comparti stanno recuperando spazi e visibilità. Le cooperative potrebbero rispondere con un ulteriore slancio: gestire il passaggio dal bilancio sociale alla gestione della csr integrando tutti i suoi strumenti in un sistema unico di gestione. Tali strumenti, che vanno messi a sistema tra loro, sono: la carta o manifesto dei valori, il codice etico, il comitato etico (per controllare il rispetto del codice etico), le iniziative di responsabilità sociale (intese come iniziative filantropiche pure), il training al personale sulla csr, il marketing sociale, la relazione e l?assemblea degli stakeholder, la creazione di una nuova figura professionale all?interno della struttura, il csr manager, ed eventualmente il rating etico e sociale dei fornitori. Su tale ultimo aspetto vale la pena di soffermarsi. Le cooperative di consumo, ma non solo quelle, forti dell?immagine di cui godono si possono proporre all?opinione pubblica come organismi che selezionano i propri fornitori attraverso un proprio rating etico in modo da mettere in condizione il consumatore finale di scegliere e allo stesso tempo informarsi. Si può pensare proprio a un rating etico delle coop da proporre agli stakeholder. Le cooperative hanno tutta la storia, l?esperienza e i fatti dalla loro parte per realizzare tutto questo, ma debbono liberarsi prima da un atteggiamento culturale abbastanza tipico di questo mondo: «fai bene, comportati bene, lavora e parla poco». Oggi però è necessario comunicare ciò che si fa, certamente a livello di sistema, altrimenti è come se non si facesse, anche se a livello locale ovviamente tutti sanno che cosa fa una certa cooperativa piuttosto che un?altra. In sintesi il bilancio sociale deve diventare l?anello di congiunzione che comunica ai vari stakeholder su tutti gli strumenti di csr che la cooperativa adotta. Focus del bilancio sociale non solo sullo shareholder, ma anche sullo stakeholder Dalla ricerca emerge come le cooperative siano molto attente a gestire la loro responsabilità sociale nei confronti del socio, ed è giusto e sacrosanto, ma i soggetti che girano attorno alle cooperative, intese come movimento, sono tali e tanti che esse ?ricentrando? il focus della comunicazione potrebbero svolgere un ruolo fondamentale nel processo di educazione del mercato ai valori proposti dal movimento, processo di cui si potrebbero avvantaggiare tutti i comparti. Certamente le cooperative hanno nel socio un pilastro fondamentale, ma esse sono anche attori importanti del mercato e il loro atteggiamento, se fosse più divulgato, contribuirebbe a sviluppare ed educare un mercato ancora lontano dalla democrazia economica e dal capitalismo riflessivo. Nel mercato, infatti, esiste una nuova domanda di accountability che non è propria solo dei soci, ma coinvolge quelli che si definiscono ?stakeholder?, soggetti che con il loro consenso sono partner nel processo di creazione del valore, un valore che è economico e soprattutto sociale, e che vanno maggiormente coinvolti con una politica di ascolto, di relazione e di apertura. Questo consentirebbe di ?educare gli stakeholder?, coloro che quando comprano un prodotto comprano anche un ?valore morale?, e far capire loro quanto sono importanti e che potere detengono realmente nel determinare il successo di un?azienda. Questo è un elemento importantissimo che premierebbe ancor di più le cooperative e moralizzerebbe il mercato. Dal bilancio delle parole al bilancio degli indicatori di performance sociale Il bilancio sociale delle cooperative può fare un ulteriore salto in avanti, sotto il profilo qualitativo, passando dal ?bilancio delle parole? al bilancio ?degli indicatori di ricaduta sociale? attraverso l?introduzione di KPI (Key Performance Indicator) che potrebbero essere concordati con le varie categorie di stakeholder. Così facendo il bilancio viene ad essere di fatto anche ?certificato? nelle singole parti da specifici stakeholder, sottraendolo sia al rischio dell?autoreferenzialità sia a quello della certificazione senza senso svolta delle società di audit contabile. Impostare il bilancio sociale, non come un semplice documento o report, ma come un elemento di relationship è fondamentale per poter gestire la csr e per porsi in un atteggiamento ?di ascolto? del mercato. Conclusione Il mondo delle cooperative è determinante per l?evoluzione della csr in Italia. Esse hanno una responsabilità nei confronti del loro comparto, ma hanno anche una responsabilità, tipica degli apripista e delle avanguardie condannate ad esserlo per sempre, nei confronti di tutti gli altri comparti produttivi che hanno sempre guardato con attenzione alle cooperative e la loro gestione della csr. Una sorpresa anche per noi «Il primo bilancio sociale risale al 2002. Leggendolo abbiamo scoperto cose di cui non eravamo consapevoli», racconta la presidente Letizia Casaccio. «Il nostro problema non è essere socialmente responsabili, questo è un impegno che abbiamo assunto fin dalla nostra costituzione e che manteniamo ogni anno, ma trovare il tempo per descrivere quello che facciamo». Letizia Casaccio è la presidente della cooperativa di servizi culturali Pierreci di Roma, 170 soci lavoratori tra Lazio, Campania e Veneto, con punte di 400 occupati tra aprile e ottobre e un fatturato di 9,5 milioni di euro. Il primo bilancio sociale risale al 2002: «è stata un?occasione per fare un fotografia delle attività che la cooperativa svolge», ricorda la Casaccio. «Quando abbiamo letto i dati del nostro primo bilancio sociale abbiamo scoperto cose anche ai nostri occhi sorprendenti». La cooperativa sociale Pierreci tre volte l?anno realizza delle interviste ai committenti, ai fornitori e agli utenti che vengono sempre coinvolti nei processi di riprogettazione dei servizi, ed ha inoltre da tempo attivato un rapporto di collaborazione con l?università di Roma Tre che segnala quali progetti sono stati più efficaci. «Nelle scelte strategiche», conclude la presidente, «attribuiamo al movimento cooperativo un ruolo di rilievo e coinvolgiamo le organizzazioni sindacati anche sulle scelte relative alla divisione degli utili».


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