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Un manifesto che è tutto un programma

Non è riuscito a riformare le charity, ma il premier uscente conferma il sostegno al non profit. E promette: imprenditori sociali, governerete con me.( di Filippo Addarii)

di Redazione

Da Londra
Il Partito neolaburista, dopo otto anni di governo in Gran Bretagna, ha pubblicato il suo nuovo manifesto che lo condurrà – a detta dei più – a una terza legislatura. La novità è il ripetuto richiamo al ruolo chiave del terzo settore come partner delle istituzioni nelle politiche nazionali e internazionali.
La storia della relazione tra il governo neolaburista e le organizzazioni non profit britanniche, in verità, non è di oggi: comincia nel 1998 con l?istituzione del Compact, un organo che dà l?avvio a una collaborazione tra governo e terzo settore istituzionalizzata e concertata. A suggello di questo rapporto, negli ultimi anni il governo si è reso promotore di una riforma legislativa del cosiddetto ?charity bill?, il corrispettivo britannico della legge italiana sulle onlus. L?obiettivo della riforma era attualizzare il quadro giuridico del non profit nazionale, e dopo più di un anno di discussioni sul testo di legge, questo stava per essere approvato in Parlamento. Sfortunatamente, lo sciogliersi delle Camere ha bloccato l?iter legislativo, che dovrebbe essere ripreso durante la prossima legislatura. Ma, a leggere il manifesto, sarà esteso: se i laburisti verranno confermati, infatti, il dibattito non sarà solo giuridico ma politico, sul ruolo stesso del terzo settore.
Nel manifesto il terzo settore è definito «innovativo, efficiente ed efficace» soprattutto nell?erogazione di alcuni servizi: sanità, educazione, servizi sociali, cultura, reinserimento sociale e lavorativo. Tanto che il settore, continua il testo, «si può considerare un?alternativa valida» all?erogazione diretta da parte dello Stato. Il manifesto, d?altra parte, non affronta soltanto i campi tradizionali. Le organizzazioni sono chiamate a prendere parte all?azione del governo per la riduzione delle emissioni e la lotta al cambiamento climatico attraverso la diffusione di tecnologie verdi e di fonti energetiche rinnovabili. Inoltre, sottolinea l?imprenditorialità della società civile – mutue, cooperative e imprese sociali – e dichiara la volontà di sostenere i nuovi imprenditori sociali per la loro capacità di «coinvolgere le persone nel definire nuovi servizi su misura», laddove invece falliscono Stato e mercato.
Infine, i New Labour prevedono, anche se non espressamente, una crescita delle ong, reiterando il loro impegno a favore della campagna internazionale per la lotta contro la povertà, dell?aumento dei fondi per la cooperazione allo sviluppo, del commercio equo e solidale e della riduzione del debito dei Paesi in via di sviluppo. Il manifesto presenta però un?ambiguità di fondo. Spesso, come nel caso dei servizi sanitari, la distinzione tra imprese non profit e for profit è poco chiara, dato che entrambe sono viste come partner del governo, e le definizioni di terzo settore sono spesso diverse e non equivalenti. Tutti elementi che creeranno non piccoli problemi una volta che si dovranno mantenere le promesse elettorali.
Non migliore, comunque, sarebbe la situazione per il terzo settore nel caso dovesse vincere uno degli altri due partiti il lizza il 5 maggio. Se i conservatori, da un lato, lo ignorano nel loro manifesto, i liberal-democratici, dall?altro ne abbracciano molte idee e posizioni, senza però riuscire a collocarle all?interno delle loro strategie politiche.
ha collaborato
Alberto Masetti Zannini

World Poverty Day
E’ gara sul Pil per lo sviluppo

Il 24 aprile, World poverty day, verrà ricordato come una giornata storica per la politica inglese. Per la prima volta nella storia del Paese, su invito della campagna internazionale Make poverty history ( www.makepovertyhistory.org), tutti i partiti politici in corsa per il voto del 5 maggio hanno dedicato un?intera giornata di campagna elettorale allo stesso tema: la lotta alla povertà. Risultato: tutti e tre i partiti concordano nel dire che il Paese deve destinare più fondi ai Paesi poveri, sulla scadenza entro cui lo 0,7% del Pil inglese dovrà finire in aiuto allo sviluppo, però, è gara: per il governo in carica si parla del 2015, data fissata dall?Onu, i conservatori anticipano al 2013 e i liberal democratici al 2011.

Michael Howard, leader del Conservative Party
«Combattere la povertà nel mondo è l?unica cosa che unisce i nostri partiti in queste elezioni. Siamo tutti d?accordo sul fatto che dobbiamo aumentare il nostro aiuto allo sviluppo di almeno 800 milioni di sterline nei prossimi tre anni. Inoltre, destinare lo 0,7% del Pil in aiuto allo sviluppo entro il 2013 deve essere una priorità».

Charles Kennedy, leader dei Liberal Democrats
«Chi siamo noi che continuiamo gelosamente a proteggere i nostri mercati per chiedere ai Paesi in via di sviluppo di aprire i loro? Dobbiamo fare il primo passo: abolire le barriere e i sussidi che impediscono agli Stati più poveri di competere con noi e cancellare le politiche di dumping verso il Sud del mondo. Dobbiamo arrivare a destinare lo 0,7% del Pil in aiuto allo sviluppo entro il 2011».

Gordon Brown, ministro laburista
«Voglio ringraziare le ong, la Chiesa e altri gruppi di pressione per il loro idealismo, la loro forza morale e la loro determinazione. Siamo la generazione che lavorerà per cancellare un debito impagabile, per assicurare un commercio giusto e per trasformare la povertà in storia passata».

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