Welfare

Più giovane e donna: ecco l’alcolizzato milanese

Il profilo merge da una ricerca qualitativa presentata dalla Caritas di Milano

di Sara De Carli

Giovane, di classe medio-alta e con un buon livello culturale. Questo l?identikit dell?alcolista milanese ?tipico?. È un dato che emerge dalla ricerca qualitativa presentata oggi dall?Area dipendenze della Caritas Ambrosiana nell?ambito del convegno ?Milano, bisogni e risorse in ambito alcologico?, e che vuole sottolineare come il fenomeno dell?alcolismo in città sia un problema in evoluzione e che merita attenzione. L?indagine, che si basa sui dati di una ricerca demoskopica effettuata dall?istituto di ricerca Eurisko per conto del comune di Milano su un campionamento su 1.500 milanesi, è nata con l?obiettivo di delineare un identikit delle persone che abusano di alcol, sondarne i bisogni e capire come funzionano i servizi pubblici dedicati e i gruppi di auto-aiuto presenti sul territorio. Dai colloqui emergono l?aumento di donne alcoliste in trattamento e una sottovalutazione del fenomeno nell?area giovanile. Un altro elemento scaturito dalla ricerca è la necessità di dotarsi di strumenti transculturali per avvicinare persone straniere con problematiche alcolcorrelate. Infine, più intervistati riportano come il problema dell?alcol sia comunemente sottovalutato e viene invocata una più diffusa e maggiore preparazione da parte, soprattutto, dei medici di base. A Milano sarebbero circa 79 mila le persone di età compresa tra 16 e 85 anni che possono essere definite bevitori a forte rischio di consumo patologico di alcol. Tuttavia sono solo 730 i milanesi che nel 2003 erano in carico ai Noa (Nucleo opertativo alcoldipendenza). “Oltre ai Nuclei Operativi presenti sul territorio ? ha spiegato la dottoressa Laura Rancilio, responsabile area dipendenze di Caritas Ambrosiana ?, è fondamentale che anche gli ospedali, i pronto soccorso, i medici di base che hanno l?occasione di avvicinare, anche per altri motivi queste persone, siano sensibilizzati sulla questione e siano in grado di individuare che esiste un problema di tipo alcologico e inizino un percorso che porti alla risoluzione”. Restano fuori dall?aiuto dei servizi alcuni gruppi di persone, che non riconoscono il loro bisogno e sono difficilmente intercettabili anche da Osservatori come quelli di Caritas. “Si tratta – continua la dottoressa Rancilio ? dei giovani adulti, che non si riconoscono affatto nello standard dell?alcolista tradizionale di una certa età con altri problemi; degli stranieri, con cui la questione va affrontata in modo delicato, perché ogni gruppo immigrato ha diverse abitudini di consumo e diverse funzioni sociali attribuite all?alcol. Si tratta infine di quelle persone che già vivono un grosso problema di emarginazione sociale: senza dimora, disagiati psichici e ex tossicodipendenti, che spesso hanno solo fatto un ?cambio di sostanza?, passando dal consumo di stupefacenti a quello di alcol”.


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