Mondo

No alle adozioni gay

AiBi lancia l’allarme Spagna. Il Ciai risponde

di Sara De Carli

Le associazioni italiane per l?adozione internazionale guardano con preoccupazione al Senato spagnolo, dove si decide il destino del progetto di legge sui matrimoni gay approvato il 21 aprile dalla Camera bassa. Marco Griffini, presidente di Aibi, ritiene che questa legge sia «una violenza nei confronti dei bambini e del loro diritto a crescere in una famiglia, riconosciuto dalla Convenzione Onu sui diritti del fanciullo». Aibi è pronta a chiedere l?intervento del Comitato Onu per i diritti del fanciullo, e per sottolineare la gravità della situazione Griffini lancia un invito ai Paesi stranieri: «Bloccate le adozioni verso la Spagna. C?è il rischio che in caso di possibili fallimenti adottivi, un bambino ?restituito? da una coppia spagnola possa essere abbinato a una coppia omosessuale, in spregio alle leggi dei Paesi di origine». Una presa di posizione decisa, a cui Griffini si sente autorizzato perché «la tutela dei diritti dei bambini travalica qualsiasi frontiera nazionale». Il punto è proprio questo: l?adozione non è un diritto civile dell?adulto, ma un intervento fatto nell?interesse del minore, che deve essere considerato come preminente: «Nel nome dei diritti degli adulti si calpestano i diritti dei bambini», denuncia Griffini. «E un bambino abbandonato è l?ultimo degli ultimi». D?accordo anche Valeria Rossi Dragone, presidente del Ciai, che spiega: «Se partiamo da questo presupposto, l?assurdità della legge è evidente. Non ho nessun pregiudizio nei confronti delle coppie omosessuali, ma è fuor di dubbio che l?interesse del minore consiste nel crescere con un padre e una madre». Un?immagine spiega perché: il bambino abbandonato e adottato è come una locomotiva che viaggia in salita. «La famiglia deve aiutarlo a gestire la propria storia di fronte alla curiosità del mondo: dover giustificare una famiglia oggettivamente diversa è un carico aggiuntivo». A proposito del blocco delle adozioni verso la Spagna, invece, la Rossi Dragone è più pacata: «In questi anni ho osservato una crescita di responsabilità da parte dei Paesi di origine: sono più garantisti nei confronti dei diritti dei bambini e l?atteggiamento è sempre quello di preferire la famiglia». E se la legge passasse? «Credo che l?adozione da parte di coppie omosessuali sarebbe comunque una possibilità remota», conclude la Rossi Dragone. «Le famiglie disponibili sono molto più numerose dei bambini adottabili. Immagino che a livello internazionale si assumerebbe lo stesso atteggiamento che c?è nei confronti dei single: adozioni marginali, che avvengono come extrema ratio e laddove esista un legame particolare con il bambino».


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