Welfare

Un trappolone contro il volontariato

Nel silenzio generale alla Camera è arrivata una proposta di legge che mette nel mirino i volontari e gli assistenti sociali. Una vera e propria controrivoluzione...

di Redazione

Gli ingredienti per un giallo d?autore si sono tutti. Il mandante: il Dipartimento di amministrazione penitenziaria, guidato da Giovanni Tinebra. Il killer: la proposta di legge Meduri (Renato, senatore di An). Le vittime: il volontariato carcerario e il sistema dei Cssa (i Centri servizi sociali per adulti). A completare il cast, nei panni degli investigatori: Alessandro Margara, ex direttore generale del Dap, padre nobile dell?ordinamento penitenziario in vigore e attuale collaboratore della Fondazione Michelucci di Firenze, e Paolo Pezzana, membro della Fondazione Auxilium e della Caritas di Genova. Per inquadrare i termini dell?imboscata bisogna però tornare al 14 luglio 2004. Data in cui il Senato, in piena calura estiva (che evidentemente deve aver sollecitato il sonno a più di un senatore), licenzia la proposta di legge 5141 (la Meduri, appunto). Cinque articoli che vanno sotto l?anonimo titolo di «Disciplina dell?ordinamento della carriera dirigenziale penitenziaria», ma che in realtà rivolterebbero come un calzino il sistema di esecuzione penale esterna sancito nell?ordinamento penitenziario del 1975. Una norma, raccontano i ben informati, pensata e confezionata nei corridoi di largo Luigi Daga (sede del dipartimento dell?Amministrazione penitenziaria). Otto mesi nel cassetto, e la Meduri passa quindi nelle mani dei deputati: il 17 marzo, in piena campagna elettorale, l?aula di Montecitorio si riunisce per approvare la riforma che in superficie prevede solo l?equiparazione dello status giuridico ed economico tra il personale dirigente e direttivo dell?amministrazione penitenziaria e le corrispondenti qualifiche della polizia di stato (in soldoni, un aumento di stipendio per i direttori di carcere). Ma che fra le pieghe nasconde un vero e proprio agguato. Tutto sarebbe filato liscio, se a scombinare i piani non fosse sceso in campo proprio Margara. Che il 12 marzo, durante un convegno a San Remo, organizzato dal Coordinamento assistenti sociali e giustizia (Casg), svela un dettaglio pesante come un macigno. L?articolo 3 della legge (composta da soli 5 articoli) è una bomba a orologeria consegnata nelle mani del volontariato (un esercito di 7.925 persone che ogni anno varcano le soglie dei 206 istituti italiani) e degli assistenti sociali. «In pratica», spiega a Vita, «impedisce ai volontari di entrare liberamente in carcere affidando ai direttori la discrezionalità sui loro ingressi. Di fatto un modo per confinare in un angolo il volontariato ed escluderlo dall?attività trattamentale rivolta al detenuto». Scatta l?allarme e la levata di scudi da parte delle associazioni. La Conferenza volontariato e giustizia, cartello di rappresentanza dei volontari nelle carceri, affida così il ?caso? a Pezzana. Gli sforzi di Margara, intanto, mettono una prima toppa. «La commissione Giustizia ha reso esplicito che la modifica proposta non incide in alcun modo sull?attività dei volontari », spiega in aula il relatore Pierantonio Zanettin (Forza Italia). «Una precisazione che non può che farmi piacere, ma che conta fino a un certo punto», osserva Margara. «Prima di abbassare la guardia aspetto che la Camera approvi un testo diverso da quello del Senato». Per la cronaca, la sessione del 17 marzo si chiude con un rinvio a data da destinarsi. Ma la partita è ancora tutta da giocare. «Anche perché», interviente Pezzana, «rimane completamente aperta la ferita dei Cssa». La Meduri, anche nella nuova versione, dispone che i Centri servizi sociali per adulti cambino denominazione in Uffici di esecuzione penale esterna, che dovrebbero occuparsi di chi sconta la pena fuori dal carcere. A ben guardare, però, non si tratta di un?innocua modifica del nome. Nei 60 Cssa presenti in Italia lavorano 1.100 operatori che hanno in carico circa 35mila detenuti in esecuzione penale esterna (la stragrande maggioranza, oltre 32mila, con la misura dell?affidamento in prova). Anna Muschitiello è la segretaria nazionale del Casg. Il suo è un vero e proprio appello alla società civile: «Con questa legge viene completamente stravolta la nostra funzione. La sistematica cancellazione di ogni riferimento ai servizi sociali temo sia l?anticamera della progressiva sostituzione della nostra figura con la polizia penitenziaria». Agenti al posto di assitenti sociali, per dirla in due parole. «Tanto più», continua la Muschitiello, «che il ministero della Giustizia potrà modificare la composizione dei nuovi Uffici con un semplice decreto ministeriale». Ma da dove nasce l?offensiva? Anche Margara guarda al Dap: «La Meduri è uno strumento per stringere le maglie della sicurezza, a scapito della risocializzazione del detenuto e risponde ai desiderata di una parte consistente dell?amministrazione». Eppure le statistiche fotografano una realtà capovolta rispetto a queste preoccupazioni. Le revoche dalle misure alternative, infatti, oscillano, (a seconda della misura), fra il 2 e il 10% e solo nello 0,09% dei casi sono collegate alla commissione di un reato (quasi sempre riguardano l?infrazione delle prescrizioni indicate nel programma). Gli ingredienti per un giallo d?autore si sono tutti. Il mandante: il Dipartimento di amministrazione penitenziaria, guidato da Giovanni Tinebra. Il killer: la proposta di legge Meduri (Renato, senatore di An). Le vittime: il volontariato carcerario e il sistema dei Cssa (i Centri servizi sociali per adulti). A completare il cast, nei panni degli investigatori: Alessandro Margara, ex direttore generale del Dap, padre nobile dell?ordinamento penitenziario in vigore e attuale collaboratore della Fondazione Michelucci di Firenze, e Paolo Pezzana, membro della Fondazione Auxilium e della Caritas di Genova. Per inquadrare i termini dell?imboscata bisogna però tornare al 14 luglio 2004. Data in cui il Senato, in piena calura estiva (che evidentemente deve aver sollecitato il sonno a più di un senatore), licenzia la proposta di legge 5141 (la Meduri, appunto). Cinque articoli che vanno sotto l?anonimo titolo di «Disciplina dell?ordinamento della carriera dirigenziale penitenziaria», ma che in realtà rivolterebbero come un calzino il sistema di esecuzione penale esterna sancito nell?ordinamento penitenziario del 1975. Una norma, raccontano i ben informati, pensata e confezionata nei corridoi di largo Luigi Daga (sede del dipartimento dell?Amministrazione penitenziaria). Otto mesi nel cassetto, e la Meduri passa quindi nelle mani dei deputati: il 17 marzo, in piena campagna elettorale, l?aula di Montecitorio si riunisce per approvare la riforma che in superficie prevede solo l?equiparazione dello status giuridico ed economico tra il personale dirigente e direttivo dell?amministrazione penitenziaria e le corrispondenti qualifiche della polizia di stato (in soldoni, un aumento di stipendio per i direttori di carcere). Ma che fra le pieghe nasconde un vero e proprio agguato. Tutto sarebbe filato liscio, se a scombinare i piani non fosse sceso in campo proprio Margara. Che il 12 marzo, durante un convegno a San Remo, organizzato dal Coordinamento assistenti sociali e giustizia (Casg), svela un dettaglio pesante come un macigno. L?articolo 3 della legge (composta da soli 5 articoli) è una bomba a orologeria consegnata nelle mani del volontariato (un esercito di 7.925 persone che ogni anno varcano le soglie dei 206 istituti italiani) e degli assistenti sociali. «In pratica», spiega a Vita, «impedisce ai volontari di entrare liberamente in carcere affidando ai direttori la discrezionalità sui loro ingressi. Di fatto un modo per confinare in un angolo il volontariato ed escluderlo dall?attività trattamentale rivolta al detenuto». Scatta l?allarme e la levata di scudi da parte delle associazioni. La Conferenza volontariato e giustizia, cartello di rappresentanza dei volontari nelle carceri, affida così il ?caso? a Pezzana. Gli sforzi di Margara, intanto, mettono una prima toppa. «La commissione Giustizia ha reso esplicito che la modifica proposta non incide in alcun modo sull?attività dei volontari », spiega in aula il relatore Pierantonio Zanettin (Forza Italia). «Una precisazione che non può che farmi piacere, ma che conta fino a un certo punto», osserva Margara. «Prima di abbassare la guardia aspetto che la Camera approvi un testo diverso da quello del Senato». Per la cronaca, la sessione del 17 marzo si chiude con un rinvio a data da destinarsi. Ma la partita è ancora tutta da giocare. «Anche perché», interviente Pezzana, «rimane completamente aperta la ferita dei Cssa». La Meduri, anche nella nuova versione, dispone che i Centri servizi sociali per adulti cambino denominazione in Uffici di esecuzione penale esterna, che dovrebbero occuparsi di chi sconta la pena fuori dal carcere. A ben guardare, però, non si tratta di un?innocua modifica del nome. Nei 60 Cssa presenti in Italia lavorano 1.100 operatori che hanno in carico circa 35mila detenuti in esecuzione penale esterna (la stragrande maggioranza, oltre 32mila, con la misura dell?affidamento in prova). Anna Muschitiello è la segretaria nazionale del Casg. Il suo è un vero e proprio appello alla società civile: «Con questa legge viene completamente stravolta la nostra funzione. La sistematica cancellazione di ogni riferimento ai servizi sociali temo sia l?anticamera della progressiva sostituzione della nostra figura con la polizia penitenziaria». Agenti al posto di assitenti sociali, per dirla in due parole. «Tanto più», continua la Muschitiello, «che il ministero della Giustizia potrà modificare la composizione dei nuovi Uffici con un semplice decreto ministeriale». Ma da dove nasce l?offensiva? Anche Margara guarda al Dap: «La Meduri è uno strumento per stringere le maglie della sicurezza, a scapito della risocializzazione del detenuto e risponde ai desiderata di una parte consistente dell?amministrazione». Eppure le statistiche fotografano una realtà capovolta rispetto a queste preoccupazioni. Le revoche dalle misure alternative, infatti, oscillano, (a seconda della misura), fra il 2 e il 10% e solo nello 0,09% dei casi sono collegate alla commissione di un reato (quasi sempre riguardano l?infrazione delle prescrizioni indicate nel programma).


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