Economia

Il welfare siamo noi

Un nuovo logo andrà ad affiancarsi a quello di Cgm. Ed è un logo che parla chiaro: Welfare Italia. Il presidente Johnny Dotti lo racconta in questo dialogo con Luigi Ferrari.

di Stefano Arduini

Il 29 aprile è una data destinata a lasciare un segno nella breve ma appassionante storia della cooperazione sociale italiana. Gli oltre mille partecipanti alla convention di Cgm (la più importante aggregazione italiana: vi aderiscono 1.200 cooperative sulle 7mila esistenti), hanno potuto conoscere quale futuro li aspetta. Johnny Dotti il presidente, infatti, ha tolto il velo a un progetto appassionante e ambizioso che ricolloca la cooperazione sociale al cuore di uno snodo decisivo per la vita italiana: il welfare che verrà. Cgm cambia, si butta in avanti accettando di prendersi quelle responsabilità che la costruzione di un ?bene comune? impone. Per fare questo passo, Cgm si è affidato alla competenza di uno dei maggiori esperti italiani di strategia d?impresa, Luigi Ferrari, presidente di People, colui che aveva già suggerito e seguito la transizione di Arcigola verso Slow Food. Anche questa volta, quindi, la questione del nome è stata una questione cruciale: il marchio Cgm verrà infatti affiancato da un altro marchio destinato a fare tanta strada, Welfare Italia. E da lì prende il via questo dialogo tra Johnny Dotti e Luigi Ferrari che si è tenuto nella redazione di Vita. Vita: Cos?è Welfare Italia? Johnny Dotti: è un marchio di garanzia di proprietà di Cgm, che da subito spenderemo nelle nostre società specialistiche (Comunità solidali, Mestieri e Accordi) e che da qui a due anni vorremmo affiancare a tutti i nostri soci. Vita: Perché nasce Welfare Italia? Luigi Ferrari: Siamo partiti da una fotografia della realtà. Il bisogno di welfare non è più solo una necessità di fasce minoritarie della società come possono essere i disabili o gli anziani, ma investe tutta la vita dell?individuo a partire dai giovani, dalla ricerca del lavoro e da quella della casa. Prima c?erano i benestanti e i poveri. Adesso la zona grigia è molto più estesa. Ma né il pubblico né il privato offrono vie d?uscite reali. Il primo infatti è accessibile dal punto di vista economico, ma ostacolato da una burocrazia snervante, il secondo invece pur garantendo efficienza è inarrivabile economicamente. Dotti: Aggiungo un dato che non dobbiamo nasconderci: l?incipiente crisi del terzo settore. è paradossale, ma a fronte di una crescita di attenzione da parte dei media, il nostro mondo rimane marginale dal punto di vista delle logiche portanti che sono l?economia e la politica. Ma soprattutto non c?è un dirigente che sappia rispondere alla domanda: che ne sarà di noi fra 10 anni? Vita: Risponda lei… Dotti: Si parlava del lavoro. Ecco, noi, in questi 17 anni di vita abbiamo generato 35mila posti di lavoro. E sto parlando di posti di lavoro, con tassi di stabilità che non esistono in altri settori produttivi, neanche in quello bancario. Un risultato che abbiamo ottenuto grazie alla fiducia e al capitale sociale che siamo stati in grado di produrre senza che il problema dell?occupazione costituisse il nostro core business. Adesso però dobbiamo uscire dalla caverna in cui si è rifugiato il terzo settore. è un rischio, ma è arrivato il momento di compiere il grande passo. Ferrari: Oggi il terzo settore si presenta nell?offerta come una nebulosa indifferenziata. Non è quindi riconoscibile dalla maggioranza dell?utenza. Eppure quell?utenza chiede un?offerta a metà strada tra la qualità del privato e la democraticità del pubblico. La chiede ma non la trova. Immaginiamoci quindi lo scatto di un?aggregazione di cooperative sociali che all?esterno si presenta con lo stesso marchio e la stessa credibilità. Sarebbe un successo straordinario, non ho dubbi. Vita: Come cambierà Cgm? Dotti: L?arrivo di Welfare Italia comporterà tre passaggi strutturali. Il primo è un aumento di capitale: dai 41 milioni di oggi, il piano prevede di assestarsi fra i 100 e i 120 milioni di euro in tre anni. Secondo: tutti i dirigenti di Cgm dovranno partecipare a corsi di formazione in modo da ottenere una sorta di habitus di competenze che li renda riconoscibili. I nostri consorzi, infine, dovranno allargarsi coinvolgendo imprese profit, sindacati e associazioni di tutela. Vita: Non c?è il rischio di fare i primi della classe e magari calpestare i piedi ad altre realtà del terzo settore? Dotti: Il rischio esiste, però andando su questa china, continuiamo a replicare operazioni al ribasso. Dirò di più: la prospettiva di Welfare Italia è, nel lungo periodo, una prospettiva internazionale. Perché non immaginare un Welfare Polonia o un Welfare Romania? In quei Paesi stiamo assistendo a una privatizzazione selvaggia. Il bisogno sociale sta raggiungendo livelli pazzeschi. Non sorprenderà che a Montecatini siano intervenute delegazioni provenienti dall?Est Europa. Vita: Voi auspicate che lo Stato e il mercato facciano un passo indietro. Non mi sembra una richiesta ?pacifica?. Dotti: Su questi temi sopravvive un grande pregiudizio. Sei di destra o di sinistra? I politici non smettono di pormi interrogativi di questo tenore. Uno strazio. Io rispondo che sono nella realtà. Oggi lo Stato non riesce ad essere il luogo reale del bene comune. Il suo ruolo quindi non può che essere quello di regolatore. Ferrari: Resistenze esterne ce ne sono, eccome. Ma alla fine è giocoforza che prevarrà la domanda di welfare. I cittadini si troveranno a scegliere fra un mercato composto da diverse tipologie di servizio. Servizi per i quali sono disposti anche a spendere. Certo non ai livelli impossibili richiesti dal mercato dei privati. Ma pagare un certo prezzo significa bypassare le lungaggini pubbliche. Vita: Sistemato il pubblico, passiamo al privato? Dotti: La responsabilità sociale deve diventare una cosa seria. Non può essere una semplice operazione di marketing. In Italia l?80% delle imprese ha dimensioni medio piccole. Trovo inutile che queste aziende ogni anno stampino migliaia di pagine di bilanci sociali più o meno veritieri. Molto meglio se incominciassero a co-progettare piccole attività sociali a livello territoriale, magari sotto l?insegna di Welfare Italia. Ferrari: Si tratta di lanciare l?amo. Vedrete: fra due anni avremo la fila di imprese che vorranno salire su questa carrozza. Vita: Da Cgm a Welfare Italia. Quali analogie con la nascita di Slow Food da una costola di Arcigola? Ferrari: Il modello è lo stesso. Ho partecipato all?operazione Slow Food, le analogie sono evidenti. Un logo chiaro rende identificabile il prodotto di qualità che già esisteva. E la risposta è stata immediata. Dotti: Come il marchio di Slow Food individua una cultura di produzione, acquisto e consumo del cibo, così Welfare Italia è un brand che vuole dare visibilità a una rete fatta di competenze, relazioni, fiducia che noi chiamiamo ?capitale sociale? e che va messo a disposizione dei cittadini. L?economia non è solo un contratto di valore economico. Nessuno può sentirsi fuori dalle relazioni con gli altri. Questo è il dato nuovo di fronte al quale ci ha posto la modernità.

Info: La convention di Montecatini Ecco le differenze

Tre giorni ricchi di idee, ma anche di ospiti di primo piano. La Convention 2005 di Cgm (Consorzio Gino Mattarelli) che si è svolta a Montecatini dal 28 al 30 aprile si è infatti trasformato in un vera e proprio agorà in cui la galassia della cooperazione sociale si è confrontata a viso aperto con le istituzioni e i giornalisti. Impossibile citare uno per uno tutti i relatori. Fra gli ospiti politici, però, non si possono dimenticare Savino Pezzotta, leader della Cisl; Grazia Sestini, sottosegretario al Welfare;Tiziano Treu, membro della Commissione Lavoro del Senato. Qualificata anche la rappresentanza dei giornalisti (fra gli altri: Gianni Riotta-Corriere della sera, Toni Capuozzo-Mediaset, Giuseppe Frangi-Vita, Gad Lerner-La 7, Luigi Paini-Il Sole 24ore e Roberto Sergio-Rai). Fra le voci dal profit vale la pena segnalare i contributi di Marco Morganti e Corrado Passera (Banca Intesa), mentre fra le fondazioni ecco Gian Paolo Barbetta (Cariplo) e Marco Spinelli (Monte dei Paschi), Luciano Balbo (Oltre) e Piergiuseppe Dolcini (Cassa di risparmio di Forlì). Presenti anche Pellegrino Capaldo dell?università di Roma e Carlo Petrini (Slow Food).

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