Famiglia

Segni particolari: senza un futuro

Mini tessitori iraniani, giovanissimi minatori indiani, baby contadini thailandesi... La Conferenza di Oslo espone le cifre di un disastro umano. E propone interventi radicali

di Giampaolo Cerri

Per milioni di bambini, la tradizionale domanda ?che cosa farai da grande??, risulta retorica, o peggio, offensiva. Faranno esattamente quello che stanno già facendo, magari da qualche anno: lavoreranno. Si tratta dei piccoli tessitori di tappeti iraniani, i baby-minatori indiani, i giovanissimi contadini thailandesi. Duecentocinquanta milioni di bambini dai 5 ai 14 anni lavorano in tutto il mondo. E di questi il 50 per cento a tempo pieno, fino a 10-12 ore al giorno. L?altra metà, ?solo? alcune ore. Naturalmente solo per quel che basta per sopravvivere. La conferenza internazionale di Unicef e Ilo (Ufficio internazionale del lavoro), conclusasi qualche giorno fa a Oslo, ha esposto, le cifre di questo olocausto morale, enorme ?strage di infanzia?, precocemente perduta. E varato l?ennesimo ?piano d?azione?. I 350 delegati, giunti da 30 Paesi, non hanno potuto far altro che snocciolare le solite cifre: 150 milioni di bimbi al lavoro in Asia, 80 milioni in Africa, 17,5 milioni in America Latina. Due milioni e mezzo sarebbero invece i mini-lavoratori nordoccidentali, ai quali la civilissima Italia contribuirebbe con circa 300 mila unità, al terzo posto in Europa dopo Portogallo e Albania. Condizionale obbligatorio, perché l?illegalità del lavoro minorile non permette statistiche ufficiali: il dato è una stima di sindacati e Censis. L?Unicef classifica il lavoro minorile in due categorie: i lavori ?intollerabili? e quelli ?accettabili?. I primi mettono a repentaglio lo sviluppo psico-fisico del bambino, violandone l?integrità morale e sfruttandolo economicamente e socialmente. I secondi ne impediscono l?educazione scolastica, pur riuscendo a dargli una formazione, una piccola professionalità. Sempre, comunque, la ragione dell?avvio al lavoro precoce è la povertà. A Oslo è tornata alla ribalta la formula ?20 per 20?, il patto che dovrebbe legare nord e sud del mondo: i Paesi ricchi si impegnano a versare il 20 per cento dei fondi per la cooperazione a favore di bisogni sociali di base, tipo sanità ed educazione. E i Paesi poveri fanno lo stesso con il 20 per cento dei loro bilanci nazionali. L?appello è rimasto finora lettera morta, come pure l?impegno dei Paesi industrializzati a destinare alla cooperazione internazionale lo 0,7 per cento del proprio prodotto interno lordo. E così un bambino su 5 nel mondo non va a scuola. Perché impegnato a lavorare, o perché la scuola non c?è. Per l?Unicef, il 47 per cento dei piccoli dell?Africa sub-sahariana, il 16 per cento di quelli dell?Africa settentrionale e il 12 per cento dei bimbi sudamericani non ricevono istruzione. Lo stesso per 13 bimbi est-europei su 100. Oslo propone istruzione gratuita, indennità economica alla famiglia e distribuzione di un pasto giornaliero. Interventi decisivi, assieme all?adozione di una didattica adeguata. Forse, più che le solite cifre, la conferenza norvegese ha avuto il pregio di proporre alcune testimonianze. Infatti hanno partecipato 21 piccoli lavoratori di tutto il mondo. «Ho iniziato a lavorare a nove anni e non me ne vergogno», ha raccontato Deepack, quattordicenne di Delhi. «Sto in fabbrica dieci ore al giorno e voglio continuare a farlo per non morire di fame». La sua coetanea peruviana Rosemary Portilla non chiede la luna: «Vogliamo lavorare un numero di ore che ci consenta di non sacrificare il resto», ha detto alla platea di Oslo. «Vogliamo essere rispettati, trattati bene, capiti». L?infanzia è perduta, ma non la dignità. ? Lavoro minorile Nel mondo: Oltre 250 milioni di bambini tra 5 e 14 anni lavorano. 150 milioni in Asia, 80 in Africa, 17,5 in Sud America, 2,5 in Europa e America del Nord Asia: Bhutan 55,1%; Timor Est 45,4 %; Nepal 45,2%; Bangladesh 15 milioni; Turchia 24%; Filippine 2,2 milioni; Pakistan 8 milioni. In India ufficialmente lavorano ?solo? 18 milioni di bambini, mentre le Ong parlano di 50 Africa: Nigeria 10 milioni Europa: Portogallo 1,8%; Albania 1,1%; Italia 0,4%; Ungheria 0,2%; Romania 0,2% Sudamerica: Brasile 7 milioni *Percentuale lavoro minorile su popolazione infantile o dato complessivo Libri Affido e adozione, nero su bianco Affido e adozione in libreria, grazie alle associazioni. Frida Tonizzo e Donata Micucci, dell?Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie, pubblicano ?Adozione, perché e come?, edito da Utet, per la collana Persona e società: i diritti da conquistare. Si tratta di un agile ma esauriente manuale di 93 pagine, destinato a chi desidera accostarsi a questo istituto. Per la stessa collana, la Tonizzo insieme alla psicologa Emilia De Rienzo e Costanza Saccocicco (entrambe attive nell?Anfaa), propongono ?Una famiglia in più. Esperienze di affidamento?, piccolo vademecum ricco di testimonianze per chi vuole capire l?affido familiare in tutte le sue sfaccettature. ?La storia di Benedetta?, edito da Itaca, nasce invece dall?esperienza di Famiglie per l?accoglienza e dalla vicenda personale di una madre che decide di raccontare alla figlia la propria condizione di adottiva, attraverso una storia per bambini. Scritto da Emi De Ponti e illustrato da Marta Valtolina e Diego Galbiati, il libro è oggi uno strumento per tutti i genitori. È invece una storia a fumetti ?Ti racconto l?adozione? , di Maria Francesca Netto (testi) e Pucci Violi (illustrazioni), edito da Utet-libreria. Assieme al libro, destinato ai più piccoli, un opuscolo informativo per i genitori curato dai volontari dell?Anfaa.


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