Cultura

Un mese con loro

«La burocrazia non ha la cultura dell’emergenza». Andrea Cavaciocchi ha già visto altri drammi, ma ogni volta è una nuova sfida. Da vincere insieme

di Redazione

Mi chiamo Andrea Cavaciocchi, sono fiorentino, ho 42 anni. Sono sposato e ho due figli: sono impiegato in un?azienda alimentare e da 10 anni sono un volontario della Confraternita delle Misericordie e responsabile dell?Unità emergenze. Ho affrontato l?alluvione in Piemonte, quella della Versilia e ultimamente le frane a Crotone. Il 26 settembre, alla Sala operativa delle Misericordie riceviamo dalla Protezione civile la notizia di un terremoto nella zona di Colfiorito. Viene avviata la procedura di allarme. Non riusciamo però ad avere dal Dipartimento indicazioni sull?entità dell?evento, la destinazione e la dimensione delle risorse. Decidiamo di inviare un nucleo di valutazione per verificare le necessità. Ci diamo una strategia, ben sapendo di assumerci una grave responsabilità. Decidiamo di costituire un solo centro operativo a Taverne. Alle 21.30 dello stesso giorno il centro operativo di Taverne sta prendendo forma, quello di Serravalle si sta organizzando. La cucina campale è in funzione. A Nocera le Unità assumono la gestione di campi, magazzini, centri sanitari. Il problema è che le tendopoli non diventino dei ghetti, né che l?abbandono delle case si trasformi nella rottura di legami delle comunità. Scherzando, la gente di Taverne ci dice che la nostra tendopoli sembra un villaggio Valtur con tanto di animazione e di spaghettate a base di tartufo. Il 5 ottobre le unità che intervengono a Nocera fanno un ottimo lavoro. La dignitosa reazione della popolazione davanti alla tragedia è uno stimolo per tutti i volontari. Ad Assisi le unità, grazie alla loro preparazione di salvataggio delle opere d?arte, lavorano nella zona della basilica Superiore. Le Amministrazioni locali assumono un ruolo più attivo entrando talvolta in conflitto con i soccorritori. In molti casi la ripresa di iniziativa è coincisa con il risveglio di una burocrazia che mal si concilia con le esigenze dell?emergenza. Non si tratta di cattiva volontà da parte degli amministratori, ma della mancanza di una cultura adatta a fronteggiare l?emergenza. Dopo un mese la gente comincia a essere stanca e dà segni di scoraggiamento. Non capisce perché dopo la velocità dei soccorsi nei primi giorni la sistemazione dei container vada a rilento. Ci chiedono di provvedere alla loro installazione, ma non possiamo farlo senza il permesso dei sindaci. Il volontariato anche in questa occasione dà una grande prova di sé. Le organizzazioni sono mobilitate con la solita carica di partecipazione e di umanità. In qualche caso, il volontariato si esprime con successo in ruoli che fino a oggi erano prerogativa dei dipendenti dello Stato. Il tutto, all?interno delle immancabili polemiche, ha però un significato positivo sia per il sistema nazionale di Protezione civile sia per il volontariato: l?esperienza con la gente marchigiana e umbra è un formidabile banco di prova per i volontari, sotto l?aspetto umano prima che tecnico, e ne escono rafforzati. Il rischio che corrono i nostri amici colpiti dal terremoto non è quello di essere abbandonati dal volontariato, ma di essere dimenticati dalla gente comune, dai giornali, dalla televisione. La battaglia di oggi contro il terremoto si combatte con i media: dipende da loro se sarà vinta. Dateci una mano. ?


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