Welfare

Il culto della porchetta

A tavola con Alce Nero.

di Gino Girolomoni

C?è un piatto classico per feste, sagre o per quando uno ha duecento invitati. La materia prima è condannata da ebrei e musulmani, ma la motivazione del divieto è assai misteriosa: è un piatto insalubre per le alte temperature desertiche oppure è talmente buono da essere riservato ai banchetti del Regno di Dio, come pensavano gli antichi cristiani? La cultura che proviene dalle campagne, quella dei contadini, il maiale addirittura lo santifica. Oggi quindi parliamo di porchetta. Naturalmente non si fa in casa e ci vuole lo specialista, ma è la soluzione per una grande occasione, con pane, un contorno e un addetto che la taglia man mano che gli ospiti la fanno fuori. Si prende un lattonzolo di 60-80 kg, che una volta preparato viene condito al suo interno con sale, pepe, scorza di limone, aglio tritato privato della parte centrale, il finocchio selvatico bollito con spicchi d?aglio intero messo a riposare per circa un?ora. Finita la guarnitura della pancia si infila un palo per la sua lunghezza e si cuce la pancia con uno spago. Si mette al forno a legna appoggiato su cavalletti di ferro e si lascia cuocere per 4 ore avendo cura di girarlo ogni ora, cospargendo la pelle di sale. Sotto il maiale si lessano in una teglia le parti tenere del maiale (budella, fegato, zampe). Il lesso vene insaporito dai grassi di cottura della porchetta che colano dall?alto.Ultimata la cottura, quel lesso è un ottimo condimento per cuocere altra carne.


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