Mondo

Attenti, usano il processo come un’arma

Può essere un ricatto messo sulla strada della pace. Chi siede a quel tavolo infatti chiederà l’immunità. E in quel caso che cosa accadrà?

di Joshua Massarenti

«Il problema è che la comunità internazionale pensava di fregare il giudice italiano concedendogli solo tre mesi per compiere la sua inchiesta. Purtroppo hanno scelto la persona sbagliata. Cassese i miracoli li fa. E così, si sono ritrovati con una lista che per tanti rischia di essere ingombrante». Allieva prediletta del ?maestro? Antonio Cassese, Paola Gaeta, docente di diritto internazionale all?università di Firenze, non ha peli sulla lingua. Anche se teme che «questa inchiesta farà fuori solo gli attori di secondo, se non di terzo piano». E come lei, sono in molti a nutrire sospetti sul buon esito dei procedimenti giudiziari che il procuratore della Corte penale internazionale, Ocampo è chiamato ad avviare contro i presunti autori dei crimini perpetrati in Darfur. Lo sviluppo dell?accordo di pace in Sud Sudan è probabilmente il primo ostacolo dell?inchiesta. Si teme infatti che Khartoum vincoli il suo appoggio alla ricostruzione del Sud e agli interventi umanitari in Darfur alla garanzia che i baroni del regime non verranno processati. Viceversa, la lista verrà usata dagli Stati Uniti come una spada di Damocle sulla testa del regime sudanese. Per voce del ministro degli Esteri sudanese, Mustafa Ismail, il regime ha promesso che «gli autori dei crimini in Darfur verranno giudicati dai tribunali sudanesi competenti». Con questa mossa, Khartoum intende anticipare la Corte. Tuttavia, se la Corte ritiene che alcuni fatti criminali di sua competenza non sono stati ?dovutamente? giudicati dai tribunali sudanesi, allora un secondo processo all?Aja si può fare. «Piuttosto», spiega Xavier Zeebroek, del centro belga di ricerca Grip – Groupe de recherche et d?information sur la paix et la sécurité, «il vero problema riguarda la strategia globale adottata negli ultimi anni dalla Comunità internazionale. Purtroppo chi è chiamato al tavolo della pace, a disarmare e a ricostruire un Paese è spesso responsabile di crimini di guerra. Qualcuno ci dovrà allora spiegare come si intende conciliare l?invito fatto ai membri del regime di Khartoum di fare la pace e ricostruire il Sudan e la minaccia di processarli in un tribunale internazionale». Un precedente, però, esiste. «Si chiama Milosevic. Indispensabile durante gli accordi di Dayton nel 95, ma arrestato solo all?indomani della sua sconfitta elettorale del 2000, allorquando era giudicato da tutti inutile». A Khartoum, intanto, voci di corridoio evocano la preparazione di un colpo di Stato orchestrato da Sadiq al-Mahdi (leader dell?opposizione) e da Hassan al Turabi (un Rasputin in salsa sudanese) per l?instaurazione di un regime non più nordista, ma aperto a tutti i sudanesi con una chiara impronta islamista-radicale.


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