Volontariato
Benedetto XVI, ragione e realismo
Non sarà un papa che cerca l'applauso..
Primo messaggio arrivato sulla mail del sottoscritto qualche istante dopo la proclamazione del nuovo Papa: «Dio è buono ma non è stupido». Secondo messaggio arrivato: «Starà fermo, ma farà muovere il mondo». I mittenti sono persone inaspettate, che avresti immaginato arricciare il naso davanti a una scelta che secondo vecchi schemi poteva essere bollata come conservatrice? Sull?altro fronte un ratzingeriano doc come Marcello Pera (coautore di un libro con l?attuale Papa: ma quando gli propose di fare del cristianesimo una religione civile dell?Occidente ne ebbe un cortese e fermo rifiuto), ha avuto un soprassalto di onestà. «Sarà un Papa poco duttile», ha ammesso. Insomma un Papa difficilmente arruolabile. Benedetto XVI sin dal primo istante del suo apparire non era là dove tutti ce lo aspettavamo: questo è il primo dato di fatto che onestamente ognuno deve riconoscere. La Chiesa dopo i fuochi d?artificio di un Papa instancabile come Giovanni Paolo II ha scelto un cambio di marcia. Un Papa probabilmente da retrovia. Del resto si è definito un «lavoratore umile nelle vigne del Signore».
Non sarà un Papa che cerca l?applauso, Benedetto XVI. Per questo sono un po? patetici gli applausi che si sono levati dal partito dei ratzingeriani d?Italia; com?è patetico, per contrasto, lo scetticismo di chi ha accolto questa nomina come un ?de profundis? per l?apertura della Chiesa. Per capire che le cose non stanno così, che quegli schematismi sono solo ferri vecchi, bastano poche sottolineature. La prima riguarda il valore della ragione umana. In tutti i testi del cardinale e del teologo, è un perno insostituibile. E questo fidarsi della ragione diventa un motivo di ottimismo, perché alla ragione viene affidato il compito di «superare tutti gli impedimenti e le barriere ideologiche». In tempi dominati da maghi e da piazzisti di illusioni, questa fiducia nella luce della ragione va considerata davvero un grande dono. E una grande iniezione di fiducia.
La seconda sottolineatura riguarda il senso del realismo. Da cardinale Ratzinger non ha mai concesso nulla ai vari messianismi, di qualsiasi matrice fossero (quindi neanche a quelli dei teocon e della moral majority americana). Il suo realismo lo ha portato a bocciare qualsiasi teologizzazione della politica. È l?antica categoria del realismo cristiano di cui parla nell?intervista rilasciata a 30Giorni nel 2003 (nelle pagine interne un brano). Ratzinger in quel contesto si diceva contrario ai ?dottrinalismi?. E se si pensa all?uomo dipinto come arcigno difensore dell?ortodossia è una precisazione linguistica di non poco conto. La prassi che suggerisce è davvero poco ?dottrinale?: «Valutare i fattori della realtà avendo presente la dignità della persona umana come valore altissimo da rispettare».
Si potrebbe poi parlare dei suoi giudizi storici (come quello sorprendente tratto da un?intervista a Vespa in cui dice che il terrorismo «non è solo prodotto dell?Islam ma è anche ispirato da terrorismi di tipo occidentale»). Ma non vogliamo cadere nel gioco di chi tira colui che oggi è Papa dalla sua parte. Per ora ci basta quel nome che ha scelto: Benedetto. Il nome del Papa che nel 1915 ha dato la definizione più realistica della guerra («Un?inutile strage»). E il nome del santo che ha costruito l?Europa come culla della pace.
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