Famiglia

Regina pacis, perché non sparisci?

Sono solo 35 donne strappate alla strada le ospiti del centro di permanenza temporanea gestito dal sacerdote arrestato.

di Claudio Camarca

Lungo i corridoi adesso c?è silenzio. Non una voce, non un fiato. Silenzio. Rotto dal mio camminare nelle viscere del Regina Pacis. Quello che fu un Centro di accoglienza per migranti. Quello che fu un Centro di permanenza temporanea e accoglienza per migranti diventati clandestini. Basta solo una firma in calce da parte del prefetto. E un bollo. E una contromarca. Clandestini. Sostavano qui, nei corridoi, addosso ai muri, fuori dalle camerate. Le occhiate spesse capaci di trafiggerti. Le cicche incollate ai polpastrelli. La barba mal fatta. E le ciabatte in plastica, le canottiere, il sudore. Salutavi e scambiavi il cinque e raccontavi dei meandri offerti dalla legge per il controllo sull?immigrazione. Illudevi per qualche ora, per regalargli una bella dormita, perché telefonassero e sognassero con la moglie tempi migliori. Ci passavi le ore, nei corridoi. Affacciato ai finestroni spalancati sul mare aperto. Mare Adriatico, 35 minuti alle coste di Albania. Dove tutto è cominciato. Coi barconi e le carrette e i gommoni. E gli spari e i fasci di luce a pelo d?acqua. E le braccia protese all?indirizzo di quel prete dannato che giace buttato in galera. Don Cesare. Quello che ho già raccontato. Quello che mi è amico. Che ho visto correre sugli scogli a salvare bambini intirizziti dalle acque di gennaio. Serrare nel suo scomodo corpaccione donne livide sgusciate fuori dai flutti. Rincuorare padri e mariti e vestirli del proprio cappotto. Ricordi dipinti indelebili lungo questi muri spogli. Passi strascicati dietro al mio salire e scendere giù per le scale. Vuote, silenti. Non c?è rimasto più nessuno. Trentacinque donne povere anime ?detenute? nel cosiddetto articolo 18, il progetto che permette a una ragazza trafficata di cambiare sentiero e prendere per mano la speranza, la fede. Loro sono rimaste. Insieme a sette assistenti che porgono da mangiare e puliscono i locali e rispondono alle rare telefonate. Nessuno si avvicina più al Regina Pacis. Come sulle porte avessero marchiato il segno della peste. Nessuno ne vuole sapere. Nessuno se ne cura. Meno che mai di queste donne sopravvissute alle violenze dei mercanti di anime. A quelle più corrosive dei clienti italiani, genitori che a notte vestono i panni del lupo mannaro e azzannano e mordono e infettano. Ragazze che non interessano. Sono un peso, economico e politico. Hanno da mantenere pure i figli della violenza venduta a prezzi di saldo. Ragazze che sarebbe un bene se ne andassero alla chetichella. Senza un rumore, un respiro, una lacrima. Scampoli di un destino che appartiene al passato. Per un istante mutato, sconvolto dalle mani di un prete dannato capace di levare una voce e incaponirsi nell?andare a raccogliere i rifiuti della società del benessere. Testardo nel mettersi fianco al povero e procedere appresso a lui, parlando a suo nome, pregando e battendo i pugni e salvando e conquistando terre mentali e spazi geografici che pensavamo spariti. Tutto questo, adesso è solo il vento forte del salento sparato dalle finestre lungo i corridoi e su per le scale. L?unica voce che si leva. L?unico fiato riconosciuto a una Chiesa che si vuole muta e ferita e squassata dal dolore. Rappresentata da un Papa divenuto credibile quando malato. Divenuto amico e prossimo al cuore, solo se trafitto dalla sofferenza. «Aprile è il più crudele dei mesi, genera/ lillà da terra morta, confondendo/ memoria e desiderio, risvegliando/ le radici sopite con la pioggia della primavera». Lungo i corridoi vago privo di meta, spinto in avanti dal rammemorare conversazioni e facce e sogni dipinti nelle volute del fumo stanco delle sigarette puntate contro il soffitto, sempre troppo basso sulla testa, sempre chiuso ai desideri. Il punto del procedimento- In convento, ai domiciliari Don Cesare Lodeserto, 45 anni, responsabile del centro di accoglienza Regina Pacis di San Foca (Lecce), è stato arrestato l?11 marzo con le accuse di abuso di mezzi di correzione, sequestro di persona, calunnia, minaccia volta a commettere reato e concorso in favoreggiamento dell?immigrazione clandestina. Dal 25 marzo, per disposizione del gip del Tribunale di Lecce, Enzo Taurino ha ottenuto gli arresti domiciliari nell?Abbazia della Madonna della Scala a Noci, presso Bari. Il giorno di Pasqua don Lodeserto ha celebrato i riti particolarmente solenni che si svolgono nell?abbazia benedettina, con il priore don Donato Ogliari e tutta la comunità dei monaci. Il sacerdote è apparso commosso e fisicamente provato.


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