Famiglia

Ecco la patrona del non profit

Un convegno fa il punto sulla straordinaria opera di una piccola donna che negli Usa “inventò” il terzo settore. Insegnando anche fund raising

di Gabriella Meroni

Un sogno, per chi si occupa di fund raising per un ente non profit, un vero sogno: riuscire a prendere dolcemente la mano di chi sta per compilare un assegno, e sempre dolcemente guidarlo ad aggiungere uno zero alla fine della cifra concordata. Senza ricevere in cambio un pugno in faccia, ma anzi un sorriso riconoscente. Così, raccontano i biografi, faceva regolarmente e con successo Francesca Saverio Cabrini, una suora oggi santa per la Chiesa cattolica, che a cavallo tra ?800 e ?900 fondò in Europa e nelle due Americhe 70 scuole, orfanotrofi e ospedali partendo da zero, e confidando soltanto nella generosità della Provvidenza e degli emigranti italiani che avevano fatto fortuna. Quando attraversò per la prima volta l?Atlantico, nel 1879, la Cabrini aveva 29 anni e il verdetto dei medici che le avevano pronosticato non più di due anni di vita. Quando morì, 37 anni dopo, aveva negli occhi non solo i primi grattacieli della Grande Mela, ma anche le spiagge di Rio de Janeiro, le cime delle Ande e i barrios di Buenos Aires, tutti luoghi che aveva visitato senza mai fermarsi, percorrendo 43mila miglia per mare e 16mila per terra. Ma ?suor moto perpetuo?, come la chiamavano scherzosamente le consorelle della congregazione da lei fondata, le Missionarie del Sacro Cuore, era partita conquistando Little Italy, il ghetto degli emigrati italiani. E dopo essersi fatta amare dai più umili (i nostri connazionali allora vivevano ai margini della società, analfabeti, sporchi, schiavi nel migliore dei casi, ladruncoli e mafiosi nei peggiori) madre Cabrini seppe far breccia anche nel cuore dei ricchi e potenti. La sua capacità di ?sciogliere? chi dalla vita non si aspettava più nulla è leggendaria. A chi la accoglieva con diffidenza, pensando che mirasse solo al portafoglio, lei candidamente rispondeva: «Non mi interessano i suoi soldi, mi interessa la sua felicità». Spiazzava, e otteneva alla fine, e con facilità, anche l?aiuto economico. Diventata un solido punto di riferimento per i milioni di emigrati italiani in America, nel 1950 questo ruolo le venne riconosciuto dalla Chiesa, che la volle patrona dei migranti di tutto il mondo. Oggi le Missionarie del Sacro Cuore sono presenti con un centinaio di comunità in 16 nazioni (Italia, Svizzera, Spagna, Portogallo, Inghilterra, Stati Uniti, Nicaragua, Guatemala, Brasile, Argentina, Paraguay, Filippine, Australia, Russia, Swaziland ed Etiopia) e intervengono con svariate opere soprattutto in due settori, quello sanitario (con ospedali, presidi e case di cura) e quello culturale (con scuole, educandati, centri educativi). Testimoniando, come ha ben scritto il professor Giorgio Vittadini su Avvenire del 12 aprile scorso, che è possibile «senza progettare alcun intervento di promozione sociale» dar vita «a una miriade di opere sociali, culturali, sanitarie, educative, esempio di amore all?uomo, di sussidiarietà vissuta, di impresa non profit ante litteram, di moderna efficienza». Il prossimo 17 aprile a Milano, al teatro Dal Verme, la congregazione di madre Cabrini si ritrova per il suo primo convegno mondiale, dal titolo Mother, 1880-2005, la famiglia cabriniana tra cultura e missione, che verrà seguito in diretta via Internet in tutte le case cabriniane del mondo. A intervenire saranno lo stesso Vittadini, la professoressa Lucetta Scaraffia, autrice di una documentatissima biografia della santa (Francesca Cabrini. Tra cielo e terra, edizioni San Paolo) e la ex madre generale della congregazione, suor Maria Barbagallo. Nel corso del convegno si rilancerà la proposta di intitolare l?aeroporto internazionale della Malpensa proprio a madre Cabrini, che viaggiò per tutta la vita: un?ipotesi che circola dal 2002, ma che ancora non ha ricevuto il sigillo ufficiale.


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