Non profit

La casta degli intoccabili

C'é una categoria che in Italia aboliremmo volentieri. E' quella degli intellettuali...

di Giuseppe Frangi

C’è una categoria che in Italia aboliremmo volentieri. E’ quella degli intellettuali. Prendete la schiera di teste pensanti che sino all?altro ieri facevano i crociati del berlusconismo. Ebbene, oggi li trovate tutti puntigliosamente concentrati a far la lista degli errori commessi dal loro ?politico di riferimento?. Neppure sono sfiorati dal dubbio (e quindi da un conseguente senso del pudore) che di quegli errori siano stati proprio loro i principali sponsor e teorizzatori. Prendiamo il caso di Berlusconi. L?uomo politico ci ha messo molto del suo, ma in questi quattro anni è stato accompagnato da un coretto di teste pensanti che lo hanno sempre sospinto verso un radicalismo senza speranza. Lo hanno voluto urlante, sbraitante contro un nemico che solo lui (e loro) vedevano: tipico quel reiterato epiteto di ?comunista? riversato sulla parte politica nemica che tanti difetti poteva avere ma che certo dal ?comunismo? si era ormai da tempo affrancata. I vari Galli della Loggia e Panebianco dalle colonne del maggior quotidiano italiano hanno applaudito al Berlusconi neocrociato, portabandiera di un Occidente ?senza se e senza ma?. Un Berlusconi nemico a tutto tondo di quella sinistra contro la quale si dovevano in realtà regolare tanti conti di altro ordine. Cioè, per dirla in breve, di ordine accademico. Il risultato qual è stato? Che Berlusconi s?è ritrovato risucchiato da questo oltranzismo, da questa impossibilità ?morale? a qualsiasi mediazione, da questa demonizzazione del compromesso come strumento essenziale del fare politica. Ed ora, davanti al fallimento del loro politico di riferimento, quei leninisti del liberalismo che cosa gli rimproverano? L?incapacità di ?inclusione?. Cioè esattamente quel che loro stessi sino all?altro ieri avevano bollato d?infamia. Non sappiamo se con altri suggeritori il destino politico di Berlusconi sarebbe stato diverso. Probabilmente no. Quel che sappiamo è che il suo fallimento è un nuovo fallimento di quella classe che affligge la vita italiana: la classe degli intellettuali-professori. Intendiamoci: la sinistra che, a meno di improbabili sorprese, è destinata a prendere in mano le redini del Paese è tutt?altro che immune da questo pericolo. Anzi, come aveva sottolineato con velenosa sincerità il grande Pasolini, è stata proprio la sinistra a far da culla, a coprire di prebende e a consegnare potere a quella che è diventata una vera e propria casta. Tanto mediocre, quanto intoccabile. Diciamo questo proprio per il grande amore che portiamo per la cultura. Per la certezza che il destino di un Paese non è pensabile fuori dalla sua capacità di produrre idee, di creare forme di bellezza, di tessere dialoghi, di stabilire contatti. La cultura è un bene prezioso, che c?entra con la vita e le passioni di ogni giorno. Che c?entra con la capacità di immaginare un futuro nell?approfondimento appassionato del nostro passato. La cultura è un bene troppo prezioso perché possa continuare ad essere monopolio di intellettuali che hanno disdegno per la realtà. Tanto da contravvenire ogni volta, immancabilmente, al primo principio di realtà: quello di saper riconoscere i propri limiti. E quindi i propri errori.


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