Sostenibilità

Legambiente: l’Italia è malata

L'economia è ferma ma crescono gas serra, consumi energetici e territorio, abusivismo edilizio, trasporti su gomma

di Redazione

Ambiente-declino. Qualità ambientale come antidoto alla perdita di dinamismo socio-economico. E? tutto centrato su questa antinomia Ambiente Italia 2005 di Legambiente, l?annuale rapporto sullo stato di salute del Paese curato dall?Istituto di ricerche Ambiente Italia e pubblicato da Edizioni Ambiente. Presentiamo qui i passaggi più significativi. Il lungo periodo di stagnazione economica ha paralizzato l?Italia ma non ha ridotto ? come ci si poteva attendere ? la pressione sull?ambiente. C?è una eccezionale crescita dei consumi energetici (+2,6% da un anno all?altro con il carbone che in 10 anni ha fatto un balzo in avanti del 25%) a tassi largamente superiori a quelli del Pil. C?è una eccezionale crescita della mobilità su gomma del +43% nell?ultimo decennio che, nonostante il miglioramento dell?efficienza del parco auto, ha determinato un maggior impiego di combustibili (+6% tra 2000 e 2003). C?è una crescita costante (+6% a partire dal 1990) dell?urbanizzazione del territorio: cinque chilometri quadrati su 100 sono oggi completamente artificiali con un picco lombardo del 10%. Una crescita che non serve ? come gli italiani hanno avuto modo di verificare ? alla ripresa, ma che anzi ripropone le distorsioni di una economia vecchia (il carbone ottocentesco, i combustibili fossili, l?assenza di efficienza energetica, la mobilità quasi monomodale, il 61% delle ferrovie ancora a binario unico), incapace di cambiare pelle, di innovarsi, di diventare competitiva nello scenario globale. La medaglia però mostra anche la sua altra faccia. Dove si è puntato sulla coppia innovazione-ambiente i risultati sono arrivati. Lo sviluppo della raccolta differenziata e della capacità di trattamento tecnologica dei rifiuti ha fatto decrescere (dal 67% del 2000 al 44% del 2003) la quantità di spazzatura abbandonata in discarica, generando (anche se quasi esclusivamente al nord) un sistema più razionale, più efficiente economicamente, con un maggior tasso di occupazione. L?urbanizzazione del territorio ? fenomeno irreversibile e di quelli a maggiore impatto ? è proseguita nel corso degli anni ?90. Nel 2000, secondo i satelliti del progetto europeo Corine Land Cover, le superfici artificializzate erano pari al 4,7% del territorio nazionale (1,43 milioni di ettari). Nel corso degli anni ?90 vi è stata una ulteriore crescita del 6%, concentrata soprattutto in aree industriali, grandi vie di trasporto (+11%), cave e discariche (+10% sul 1990). I picchi sono in Lombardia (10,4% di territorio costruito) e in Veneto (7,7%). Le aree con la maggiore crescita negli anni ?90 sono Sardegna (+21%), Friuli e Calabria. Nel 2003 si è interrotto anche quel forte processo di riduzione dell?abusivismo che aveva portato l?illegalità dal 29,5% del 1994 (ultimo condono del primo governo Berlusconi) all?11,9% del 2002. In valore assoluto le costruzioni abusive sono risalite a 40mila unità pari a circa 5,5 milioni di mq e al 15,9% del totale delle costruzioni. Nel corso di questo decennio si è consolidato il dominio del trasporto su gomma (+43% pari al 77% del totale) mentre stazionarie sono mobilità su rotaia (-5% sul 2001, +12% sul 1993) e cabotaggio (+7% sul 2001, +2% sul 1993). Tra i grandi paesi europei l?Italia è quello che presenta il massimo squilibrio a favore del trasporto su gomma e a più elevata quantità procapite di mobilità motorizzata: 15.200 km/ab annui, +22% sulla media europea, +44% rispetto alla Germania. I livelli di gestione ambientale del territorio e delle risorse hanno per contro conosciuto un indubbio miglioramento. Anche nell?ultimo anno monitorato, soprattutto a livello locale, sono aumentate le iniziative dirette a migliorare la capacità di controllo e di contenimento delle pressioni ambientali. L?ulteriore miglioramento della raccolta differenziata, la diffusione delle piste ciclabili e l?aumento delle isole pedonali, l?introduzione di politiche di ?consumo sostenibile? sono tutti segni positivi. Restano però modesti e discontinui. La raccolta differenziata è al 21,5% (in progresso, ma lontana dall?obbiettivo del 35% che si doveva raggiungere nel 2003) ed è comunque un fenomeno positivo di alcune regioni del Centro Nord, con i casi di successo di Lombardia e Veneto che sono già al 40%. L?Italia resta il più grande produttore di agricoltura biologica europeo, ma da due anni il settore è in stallo, non cresce più (-0,1% nel 2002, +3% sul 2001) lontano da quell?impennata vorticosa del 44% nel 2000. In Italia si può infine parlare di vero e proprio boom nella vendita di prodotti del commercio equo e solidale: il fatturato complessivo delle sei principali centrali d?importazione è più che triplicato negli ultimi tre anni e la quantità venduta è quadruplicata tra 2002 e 2003. Il declino del nostro Paese ? come perdita di dinamismo socio-economico e di capacità di innovazione ? è una realtà difficile da contestare. Basta citare, un dato tra tanti, la classifica della competitività stilata dal Forum di Davos: in un solo anno tra il 2003 e il 2004, abbiamo perduto otto posizioni scivolando al cinquantunesimo posto. Anche l?ambiente paga un prezzo a questa condizione di disagio, visto che senza un forte investimento in innovazione si allontana anche la prospettiva di ?riconvertire? ecologicamente produzione e consumi. Di assoluta evidenza il caso-energia. Il 16 febbraio 2005 è entrato in vigore il protocollo di Kyoto e il nostro Paese è in drammatico ritardo rispetto all?obiettivo di riduzione delle emissioni di anidride carbonica.


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