Cultura

Cicostanze e conseguenze dei viaggi papali. Quel grido che scosse il Rwanda

Ovunque andasse, lasciava il segno. Come a Kigali, dove quattro anni prima dei massacri fu l’unico a parlare del rischio genocidio.

di Fabio Pipinato

La sua Africa. Nei pochi Paesi africani che ho avuto la fortuna di visitare, o abitare, lui c?è stato, pochi anni prima. Lasciava il segno. Le donne, infatti, vestivano coloratissimi vestiti con riportato il volto del Pontefice. Nelle capitali il palco talvolta stava montato in fronte a delle spianate; ancora con sgualcite bandiere pontificie ove il giallo si confonde con il bianco. Poteva servire per altre occasioni? Negli studi degli alti prelati v?erano foto che testimoniavano la recente venuta. Tutti si ritraevano a suo fianco. Nei suoi tredici viaggi apostolici ha visitato 33 Paesi. Un ?globetrotter della fede?. Il suo primo viaggio nel maggio del 1979 e l?ultimo nel marzo del 1998. Sempre ha teso la mano a religioni diverse. Paolo VI, per esempio, è stato una sola volta in Africa. In Uganda. Repubblica Centro-Africana Aeroporto internazionale di Bangui-M?Poko. Una pista mezza asfalto e mezza terra battuta. Torre di controllo in legno. L?aereo, per atterrare, vola sopra le capanne. Quaranta gradi. Mercoledì, 14 agosto 1985. Giovanni Paolo II scende dall?aereo. Saluta, ringrazia. Nel discorso augura un futuro migliore, democratico, di pace. Il riferimento è all?imperatore cannibale che abitò a poche centinaia di metri dall?aeroporto, in una reggia grande quanto il Vaticano. Il Papa sostenne, in questo Paese, un percorso assolutamente inedito, che vide il presidente della Conferenza episcopale presiedere un?assemblea costituente. Il Paese, infatti, non aveva uomini politici all?altezza dell?incarico. Ma prelati, sì. Rwanda Anno Domini 1994. È stata la prima persona al mondo a pronunciare la parola genocidio in Rwanda. Pochi giorni dopo, tre alti prelati della Chiesa locale vengono uccisi assieme a molti sacerdoti. Siamo nella regione dei Grandi Laghi. Nel Paese dalle mille colline. Il Pontefice ha visitato Kigali quattro anni prima, drammaticamente e giustamente sollecitato dal nunzio apostolico che palpava l?odio. Il Rwanda è uno tra i Paesi, in percentuale, più cattolici d?Africa ove i missionari hanno fatto proseliti ma, evidentemente, non hanno trasmesso la nonviolenza che è l?essenza del Nuovo Testamento. Sono state certificate atrocità e, nel contempo, atti di santità. Catechisti complici di genocidio e cristiani moderati hutu che hanno nascosto, fino al martirio, gli ?odiati? fratelli tutsi. Per nessuno di questi santi è stato avviato alcun processo di beatificazione. Il 1994 è stato anche l?anno del Sinodo africano, celebrato a Roma. Un anno quindi importante per il Continente, non certo da lui dimenticato. In cui Nelson Mandela diventa presidente del Sudafrica. Kenya Giovanni Paolo II ha fatto almeno tre viaggi apostolici con tappa a Nairobi, in Kenya, ove la Chiesa cattolica è seconda alla Chiesa protestante. Nomina un nunzio apostolico, monsignor Tonucci, che aiuterà non poco il presidente della Conferenza episcopale del Kenya, monsignor Njue, nel processo di trasformazione del Paese, nel 2003, da dittatura a parziale democrazia. Il Vaticano ha giocato, in questa evoluzione, un ruolo di rilievo. Restano alcune difficoltà, in quanto parte del clero locale, poco dedito alla fatica, non è abituato a lavorare con e per i più poveri; talvolta sono piccoli principi che nascondono la poligamia. Il Vaticano ne è a conoscenza, e rafforza la presenza di vescovi europei in terra africana. La piaga dell?Aids non convince il Pontefice a cambiar dottrina. Fedeltà e castità. Fa arrabbiare le istituzioni internazionali, come l?Organizzazione mondiale della sanità. Lui punta alla promozione umana, all?educazione delle genti. Denuncia la violenza e i particolarismi etnici, e invita i giovani Paesi a contrastare «la spinta del materialismo che, mirando solo alle ricchezze materiali, ha corrotto i cuori». Una grande apertura per l?Africa dimenticata. Una grande assenza. Con la consapevolezza che, per lui, l?Africa non era un?eccezione. Era lui eccezionale.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA