Sostenibilità

Diamoci un taglio

Là dove c’era un albero oggi c’è... un hamburger.

di Fulco Pratesi

Già il nome, ?foresta?, indica qualcosa d?estraneo, che sta ?fuori?, che non ci appartiene. Per secoli e secoli, il vello verde che, se non ci fosse stata l?opera dilapidatrice dell?uomo ancora coprirebbe gran parte delle terre emerse, è stato considerato un luogo sospetto se non addirittura nemico. Streghe e folletti, selvaggi e orchi, fiere e draghi, briganti e disertori hanno popolato nell?immaginario collettivo le latèbre oscure formate dagli alberi. Inoltre (forse non più nei paesi cosiddetti ?civilizzati?), il bosco, la foresta, la giungla, la selva rappresentano ancora un ambiente da sfruttare ma anche da distruggere e cancellare per far spazio all?uomo, alle sue coltivazioni, ai suoi pascoli, ai suoi insediamenti, alle sue strade, industrie, aeroporti, parcheggi, superarcipermercati. E, complici le strade aperte a colpi di ruspe e dinamite, l?infezione avanza: prima si aprono strade per saccheggiare i tronchi più pregiati (mogano, palissandro, ebano, ramino). Poi giungono i bracconieri e i predatori del bush meat, la carne selvatica di boscaglia fatta dei corpi di gorilla e scimpanzé, tapiri e okapie, elefanti di foresta e pangolini, potamoceri e colobi. Ma la devastazione non si arresta. Gli invasori tolgono lo spazio vitale anche alle popolazioni indigene che per millenni hanno convissuto con la natura in perfetta armonia, obbligandole a infarcire le orrende bidonville metropolitane. E al posto di quell’orchestra mirabile fatta di alberi colossali e arbusti, orchidee e liane, farfalle meravigliose e rane arboricole, pigmei e yanoami, si stende ora una landa desolata irta di mozziconi bruciati, con escare rossastre di laterite erosa, zebù famelici per gli hamburger delle multinazionali, miserabili colture di mais e manioca. Oppure distese alienanti di cereali e legumi (magari geneticamente modificati) destinati al bestiame dei paesi ?ricchi?. E così della primitiva foresta si perde tutto: l?ossigeno prodotto dalla fotosintesi, l?acqua immagazzinata nel sottosuolo, l?equilibrio climatico, l?humus, la biodiversità vegetale e animale con la strage di specie molte delle quali addirittura ancora ignote alla scienza. Ma il ?progresso?avanza, (anche nei paesi, come il Brasile di Lula, che pure tante speranze avevano acceso), e la foresta arretra. f.pratesi@wwf.it


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