Salute

Calano i casi di Aids in Italia, ma non le infezioni

Secondo i dati dell'Istituto superiore di Sanità, nel 2000 i nuovi casi sono stati poco meno di 1.900

di Redazione

I nuovi malati di Aids in Italia, come nel resto dell’Europa, sono in netta diminuzione. Secondo i dati dell’Istituto superiore di Sanità, nel 2000 i nuovi casi sono stati poco meno di 1.900, una cifra tre volte inferiore ai quasi seimila che venivano scoperti negli anni del ‘picco’ dell’epidemia, nel 1994-95, e in percentuale, il 13,9 per cento in meno rispetto al 1999. La ragione principale di questo miglioramento non è però in una minor diffusione del virus, ma nell’efficacia delle nuove terapie antiretrovirali, con le quali vengono trattate le persone sieropositive, che riescono a tenere la malattia allo stato ‘latente’. Oltre il 50% si ammala a causa di un rapporto sessuale Una conferma di questa spiegazione viene dall’analisi delle “categorie di esposizione”: il 55 per cento delle persone alle quali è stato diagnosticato il male nel 2000 hanno contratto la malattia attraverso contatti sessuali (20,7 per cento omosessuali, 35,7 eterosessuali), mentre solo il 36,9 per cento sono tossicodipendenti. Nel decennio 1982-1993 le percentuali erano ribaltate: il 66,6 per cento dei nuovi malati erano tossicodipendenti e poco più del 35 per cento avevano contratto la malattia con rapporti sessuali a rischio (15,7 per cento omosessuali e 11,8 per cento eterosessuali). L’inversione di tendenza è dovuta all’efficacia delle terapie antiretrovirali: i tossicodipendenti (come pure gli emofiliaci e i trasfusi, la cui proporzione nelle categorie di esposizione all’Aids è molto diminuita nel tempo) sanno di essere “a rischio” e si sottopongono frequentemente ai test per verificare la sieropositività. Per i contatti sessuali non c’è lo stesso tipo di sensibilità, e spesso le persone contagiate scoprono la loro sieropositività solo al momento della diagnosi dell’Aids o poco prima. Per questo non vengono sottoposte alle terapie antiretrovirali e si ammalano. Tra i successi delle terapie antiretrovirali c’è anche una notevolissima diminuzione nei casi di Aids pediatrici. Grazie alla combinazione di questo tipo di terapia in gravidanza con la nascita con taglio cesareo, i casi di Aids tra i bambini con meno di 13 anni sono diminuiti dagli 83 del 1995, anno di maggior picco, a soli due nel 2000. In aumento la diffusione tra le donne Dall’ultimo rapporto curato dal Centro operativo Aids (Coa) dell’Istituto superiore di Sanità con i dati aggiornati al dicembre 2000 emerge anche il fatto che di Aids ci si ammala molto di più al Nord Italia che al Sud. Comparando i dati dei nuovi casi nelle varie regioni si scopre che ogni centomila abitanti si sono ammalate 6,8 persone in Lombardia, 5 in Emilia Romagna, 4,8 nel Lazio, 3,7 in Liguria e Toscana, 2,9 nelle Marche, 2,8 nel Piemonte, 2,7 in Umbria. Tutte le altre regioni (Nordest, Sud e Sicilia), si attestano attorno all’1,5. Unica eccezione la Sardegna dove nel 2000 si sono ammalate 2,2 persone ogni centomila abitanti. Per provincia, i tassi di incidenza più elevati nel corso del 2000, sono stati registrati a Ravenna, Brescia, Milano, Pavia, Varese e Lecco. L’Aids è ancora oggi una malattia che colpisce prevalentemente gli uomini, ma i casi di pazienti di sesso femminile tra gli adulti sono progressivamente aumentati passando dal 16 per cento del 1985 al 23,8 del 2000. E in generale la malattia viene diagnostica a pazienti più vecchi: se nel 1985 l’età media della diagnosi era di 29 anni per i maschi e di 24 per le femmine, nel 2000 le età medie sono salite rispettivamente a 39 e 35 anni. Dal 1982, anno della prima diagnosi di Aids in Italia, a oggi si sono ammalate 47.945 persone (dati notificati al Coa). Di queste quasi l’80 per cento sono di sesso maschile, l’1,5 ha meno di 13 anni e 2. 401 sono stranieri (5,1 per cento, una percentuale in crescita). L’Istituto superiore di Sanità stima che i sieropositivi nel nostro Paese siano oltre centomila. Al 31 dicembre del 2000 risultano morti 31.514 malati di Aids, il dato però, avverte l’Iss, è sicuramente sottostimato perché in Italia è obbligatoria la notifica dei nuovi casi di Aids, ma non è obbligatoria la notifica della morte.


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