Famiglia

Il vero capitano si vede dal coraggio

Bandiera di Genoa e Roma, ora ha una forma di sclerosi che lo costringe alla sedia a rotelle. La storia del giocatore che ha riempito Marassi e commosso l’Italia

di Redazione

Trentamila persone per un uomo su una sedia a rotelle che può solo piangere o dialogare con un computer. Trentamila persone con bandiere e striscioni per ricordare il giocatore di ieri e l?uomo di oggi. Tanti amici, al Ferraris di Genova, per Gianluca Signorini, il «capitano», 201 partite in serie A con la Roma, ma soprattutto con il Genoa. Trentamila genoani, e non solo, in una notte di maggio per quest?uomo alto e gentile che parlava (ora non lo fa più) con un delicato accento toscano e non diceva mai una frase di troppo. Gianluca Signorini l?ho conosciuto al Parma di Arrigo Sacchi, in serie B, nella stagione 1986-87. Dopo un breve intermezzo alla Roma, ci fu solo il Genoa, fino al campionato 1994-95. Geometra e poi architetto mancato, libero nel calcio, Gianluca aveva cominciato la carriera di allenatore nelle le giovanili del Pisa quando ha scoperto di avere la Sla, la sclerosi laterale amiotrofica o morbo di Lou Gehrig. Lui, moglie e quattro figli A parlarmi del suo male, più di un anno fa, fu Fulvio Collovati uno dei compagni di Gianluca nella Roma e nel Genoa. Li chiamavano, allora, ironizzando sulla loro non eccessiva velocità (avevano altre doti, però), «lenti a contatto». Stavano uno accanto a l?altro al centro della difesa e quel contatto ha generato una grande amicizia. La riservatezza e il rispetto di vecchi amici, compagni e tifosi avevano tenuto la vicenda di Gian Luca racchiusa in un universo ristretto. Poi il giudice Guariniello, mastino del doping, è andato a bussare alla porta di casa Signorini, alla ricerca di un collegamento (tutto da dimostrare) tra sostanze proibite e Sla. «Mio marito non avrebbe mai preso qualcosa di nocivo o contrario all?etica sportiva», la risposta della signora Antonella Signorini. «è un combattente, si esalta nella battaglia», dice di lui l?amico Fulvio. è lo stesso concetto espresso da sua moglie Antonella che emerge come la grande protagonista di questa storia. è lei, ora, in una staffetta ideale col marito a «esaltarsi nella battaglia» che combatte ogni giorno insieme ai suoi quattro figli: Alessio (19 anni), Benedetta (17), Andrea (11) e Giulia che ha solo un anno e mezzo. Gian Luca e Antonella si sono conosciuti sui banchi di scuola e non si sono più lasciati. è la famiglia Signorini, insieme, a condurre la quotidiana lotta per la vita. è la famiglia la prima e più decisiva cura che sostiene Gianluca. Visti da lontano i Signorini sono un segno evidente di come sia una famiglia unita e salda attorno a un valore essenziale sia la prima risposta a ogni tipo di male. In un?intervista a Marco Pastonesi, sulla Gazzetta dello Sport, la signora Antonella ha raccontato queste sue giornate, i suoi sentimenti, le domande (epocali) dei figli. «La Fede è una cosa che c?è o non c?è. Quando c?è, a volte se ne va. Un giorno Alessio, distrutto, mi ha detto: ?Lo vedi il tuo Dio??. Non gli potevo dar torto. Gli ho risposto: ?Hai ragione però io continuo a crederci?. Ci devi credere, anche se certe cose non si spiegano. Non parlo solo di Gianluca, ma penso a tutti i bambini colpiti da malattie o incidenti o crudeltà. Ingiusto». Anche Baresi imparò è una domanda che si fanno tutti quelli che vengono scheggiati dalla vita e la risposta della famiglia Signorini è un bene per tutti, non solo per quelli che hanno un familiare o un amico colpito da una malattia come questa. è talmente un esempio che è ora di riscrivere un pezzetto di storia del calcio. Quando Sacchi divenne allenatore del Milan ci fu una crisi con Franco Baresi, storico capitano rossonero. Secondo l?aneddotica calcistica, all?origine della crisi vi furono alcune videocassette di Signorini al Parma che Sacchi aveva consegnato a Baresi chiedendogli di studiare i movimenti del suo ex difensore. Ancora adesso i g.m.i.s.p.e. (giornalisti mediocri in servizio permanente effettivo) la raccontano in giro ridacchiando. L?ho sentita l?altro giorno e mi è venuta voglia di ristabilire la verità. A parte che si trattava di studiare movimenti tattici, non c?è nulla di offensivo dall?imparare qualcosa da chiunque, sempre. E comunque il Signorini-giocatore era un grande giocatore. Io non credo che Baresi si sia veramente offeso, se l?ha fatto, però, ha perso una grande occasione. Ora lui, e tutti quelli che scrissero o raccontarono quella faccenda con un tono ipocrita, possono recuperare: non impararono allora, possono imparare adesso da Signorini e dalla sua famiglia. Si vedano la videocassetta con la serata di Marassi: Alessio e Andrea con la maglia del Genoa, Benedetta che legge un messaggio del capitano, la signora Antonella che sostiene Gian Luca. Non è mai troppo tardi.


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