Mondo
Libano: rapporto Onu, Siria sul banco degli accusati
Il presidente siriano Bashar Assad minaccio' di colpire ''fisicamente'' lo scorso agosto l'allora premier libanese Rafik Hariri. E' quanto si legge sul rapporto Onu
di Paolo Manzo
Il presidente siriano Bashar Assad minaccio’ di colpire ”fisicamente” lo scorso agosto l’allora premier libanese Rafik Hariri se avesse cercato di contrastare il dominio di Damasco sul Libano, contribuendo a creare quel clima di violenza che ha portato all’attentato del 14 febbraio. E’ quanto si legge sul rapporto consegnato al segretario generale dell’Onu Kofi Annan, a conclusione dell’indagine condotta per conto dalle Nazioni Unite dal vice capo della polizia irlandese Peter Fitzgerald. Il rapporto chiede anche l’apertura di un’inchiesta internazionale sull’attacco terroristico in cui morirono Hariri e altre 18 persone, e afferma che le autorita’ libanesi filo siriane non hanno condotto indagini credibili sui fatti. Il testo racconta dell’incontro fra Assad e Hariri a Damasco, citando ”varie fonti” che discussero del colloquio con l’allora premier libanese. In quell’occasione -si legge- il presidente siriano ordino’ ad Hariri di sostenere l’emendamento alla costituzione libanese che avrebbe prolungato il mandato del presidente libanese filo siriano Emile Lahoud e che fu poi approvato il tre settembre.
Assad disse allora che ”Lahoud doveva essere considerato come un suo rappresentante personale” e che ”opporsi a lui era come opporsi allo stesso Assad”. Il presidente siriano poi affermo’ che ”avrebbe preferito rompere il Libano sulla testa” di Hariri e del leader druso Walid Jumblatt ”piuttosto che vedere violata la sua parola in Libano” . Nel suo rapporto di 20 pagine Fitzgerald non accusa esplicitamente la Siria e i suoi alleati libanesi dell’attentato di San Valentino, ma afferma che Damasco ”e’ primariamente responsabile della tensione politica che ha preceduto” l’assassinio di Hariri. E cita fonti secondo le quali ”la leadership siriana riteneva Hariri personalmente responsabile” del voto con il quale il Consiglio di sicurezza dell’Onu adotto’ il due settembre la risoluzione 1559 che chiede il ritiro siriano dal Libano. ”Chiaramente, l’assassinio di Hariri e’ avvenuto sullo sfondo del suo scontro di poter con la Siria”, nota il rapporto.
Secondo Fitzgerald serve un’inchiesta internazionale che dovra’ essere condotta da una squadra ”con i poteri esecutivi necessari a condurre interrogatori, perquisizioni e altri compiti rilevanti”. Tuttavia ”e’ piu’ che dubbio” che un’indagine internazionale possa avere successo fintanto che rimarra’ al potere l’attuale leadership libanese filo siriana. Hariri si vide ridurre la scorta da 40 a otto agenti dopo le dimissioni da primo ministro, sottolinea Fitzgerald, secondo il quale ”l’apparato di sicurezza libanese manco’ di fornire la necessaria protezione per Hariri”.
Il rapporto evidenzia infine le carenze nelle indagini sull’attentato. Dopo l’esplosione, si legge, le autorita’ libanesi non protessero adeguatamente il sito e rimossero alcune prove chiave, fra cui i sei veicoli che componevano il convoglio di Hariri. Lasciarono inoltre aperta una tubatura d’acqua che allago’ la scena del crimine, cancellando altri indizi. ”Importanti prove furono rimosse o distrutte senza venir registrate”, scrive Fitzgerald, accusando le autorita’ libanesi di non aver interrogato potenziali testimoni e di non aver cercato di rintracciare un camioncino bianco ”sospetto” che era stato visto rallentare sul posto pochi minuti prima dell’esplosione. L’irlandese esprime infine dubbi sulla rivendicazione dell’attentato da parte di un presunto kamikaze appartenente ad un gruppo sconosciuto, affermando ”che un singolo individuo o un piccolo gruppo terrorista” mancano della capacita’ di condurre un attacco cosi’ sofisticato per il quale servono ”considerevoli mezzi finanziari, precisione militare nell’esecuzione e sostanziale supporto logistico”.
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