Dopo tanti anni di impegno e di sforzi per costruire un?Italia sempre più fondata sui principi della solidarietà, pur in presenza della modifica della Costituzione che ha inserito il concetto di sussidiarietà, ci troviamo oggi a discutere di una riforma della legge sul volontariato che passa sulla testa al volontariato, riportandoci ad una situazione ante 1991.
Seppure alcune esigenze siano auspicabili come: la perequazione dei fondi per il volontariato tra nord e sud o la necessità di dare un forte impulso al servizio civile nazionale; rimane il fatto che la modifica proposta oltre ad essere imposta, trasferisce i fondi ai potentati di sempre, lasciando sempre meno capacità economica ai Centri Servizio per il Volontariato e quindi al volontariato stesso. Una manovra che, se attuata, spegnerebbe le speranze, i sogni, le risposte concrete e quanto fino ad oggi è stato costruito dal volontariato in Italia e nel Veneto.
Pensiamo che tutto ciò parta da una considerazione negativa del volontariato di chi lo accusa di non saper spendere o di sprecare i fondi assegnati. Ma esaminiamo perché si creano tali considerazioni.
– Le organizzazioni di volontariato hanno vissuto in un clima di ristrettezze di fondi che ne hanno limitato la crescita e la capacità gestionale. Limite che si sostanzia oggi nel temere di affrontare capacità progettuali complesse, di cui vi sarebbe bisogno.
– Tutti gli enti preposti all?erogazione dei fondi, hanno esercitato in questi anni condizioni capestro e incrociate, bloccando lo sviluppo del volontariato. Si pensi ad esempio all?impossibilità di capitalizzazione, senza la quale le associazioni si trovano sempre a dover elemosinare o a pagare l?utilizzo di mezzi e strutture.
– La regola capestro per eccellenza è quella di compartecipazione alla spesa. Dopo aver coordinato e impiegato gratuitamente il tempo, le capacità e le professionalità gratuite dei propri volontari, viene richiesto all?associazione di mettere in campo anche parte dei propri fondi (magari tassando i volontari?) come se l?azione intrapresa fosse capriccio associativo e non gesto sussidiario riconosciuta dallo Stato! Come chiedere alla Croce Verde di pagare una parte dei medicinali che usa.
– Tali regole hanno investito anche i CSV limitandoli nell?operato di formazione, o nella possibilità di strutturarsi a reale supporto del volontariato.
– Non sono state colmate le distanze fra CSV e fondazioni, studiando possibili strategie affinché avvenga una destinazione concertata dei fondi.
Tale clima di veti, gelosie e ritrosità non aiuta di certo. Specialmente quando ad ottusità si aggiunge ottusità prospettando di togliere al volontariato quanto fino ad oggi ha conquistato.
Il volontariato ci appare come pinocchio morente circondato da dottori esperti sulla sua malattia. L?esperto del terzo settore, l?esperto delle fondazioni bancarie e a volte pure i grandi esperti del volontariato, i quali si professano conoscitori della malattia, che in realtà è solamente abbandono, creato ad hoc affinché il volontariato ritorni ad essere solamente un insieme di forze da sfruttare.
Noi crediamo invece, oggi più che mai, che in questa società che perde valori sia necessaria un?azione di governo che riconosca l?importanza dei milioni di persone che ogni giorno si donano con gratuità ed amore per gli altri.
Prevale ancora – ed è motivo di speranza – il giudizio diffuso che il volontariato continui a fare la sua parte, e che riesca a mobilitare un alto numero di persone.
Tuttavia sarebbe ingenuo non guardare oltre i dati seppur confortanti, per registrare fatti nuovi e di notevole peso che si sono presentati. Citiamo quelli che a nostro parere sono i più evidenti e preoccupanti: