Welfare

La grazia ad Agca e l’indulto ai carcerati

Il commento di Riccardo Bonacina

di Riccardo Bonacina

Tra le quarantamila persone che la notte di sabato 10 giugno hanno percorso a piedi il cammino di trenta chilometri tra Macerata e Loreto c?era anche Sergio Cusani con la sua inseparabile tracolla. «Questo transitare di pellegrini, questa fatica notturna mi ricorda i passi delle migliaia di persone che vivono nelle galere di questo Paese a cui è vietata qualsiasi ipotesi di riabilitazione». Un?immagine, quella di Cusani, che ricorda quella di un altro detenuto di fama, Adriano Sofri, che in una lettera al Papa scritta nell?estate ?99 e mai spedita parlava del «pellegrinaggio a vanvera che fanno migliaia e migliaia di detenuti andando avanti e indietro per il cortile che chiede di essere riscattato. Quello dei detenuti è un cammino infinito e senza senso eppure è uno dei pellegrinaggi più sinceri perché pieno di domande vere, di voglia di riscatto». Forse è inseguendo gli stessi pensieri che Cusani ha deciso di partecipare all?annuale pellegrinaggio al santuario mariano più famoso d?Italia. «Sono qui», ha detto, «per rinnovare l?invito allo Stato italiano perché accolga la proposta d?indulto-amnistia. Perché segua l?invito della Chiesa a tendere la mano ai carcerati affinché anche le carceri italiane diventino luogo di rieducazione. Perché ascolti l?invito di questi quarantamila pellegrini e degli altri cinquantamila dietro le sbarre a un gesto di riconciliazione verso quella somma di ingiustizie che è il carcere, una realtà per cui lo Stato italiano spende moltissimi soldi, ma male». Non so quanto possano valere le preghiere e l?offerta di un faticoso cammino di decine di migliaia di giovani perché chi ci governa non continui a chiudere gli occhi di fronte alla drammatica e devastante situazione delle galere italiane. So che queste preghiere, che questa offerta di perdono, che questo tendere la mano, che questo sentimento di pietà ha cambiato tante, tantissime vite, ha tolto dai circuiti della criminalità tanti destini sbagliati. Un pluriomicida che in questi anni ha ritrovato il senso della sua vita e dei suoi terribili errori proprio grazie all?offerta di amicizia, mi scrive: ?Nelle carceri le persone muoiono nel silenzio più colpevole, non scontano solo una condanna, ma un sovrappiù di sofferenze fisiche e psicologiche, un abbandono che non esprime alcuna pietà?. Alla vigilia del Giubileo dei carcerati il presidente Ciampi ha concesso la grazia ad Alì Agca, l?uomo che attentò alla vita di Giovanni Paolo II nell?81. Il Papa lo aveva già perdonato pubblicamente in un Angelus dal Gemelli pochi giorni dopo, e dal ?97 il Vaticano ad ogni ministro di Giustizia in carica invia lettere ufficiali in cui dichiara di non volersi opporre a un?eventuale grazia e conseguente estradizione. Alla vigilia del Giubileo dei carcerati il Presidente della Repubblica, speriamo e crediamo, ha inteso dare un segnale al Parlamento italiano. Non vorremmo che il suo gesto diventi una buona scusa per ritenere che in questo modo lo Stato italiano abbia già fatto la sua parte in occasione del Giubileo. Non è così, qui non si tratta di fare un favore al Papa, o di tappare la bocca ai fastidiosi richiami della Chiesa italiana. Si tratta piuttosto di cogliere la sfida del Giubileo che arriva dalla notte dei tempi: l?indulto e l?amnistia sono atti di realismo della giustizia umana che trova il modo (4/5 volte in un secolo) di riparare le sue stesse e infinite ingiustizie, i suoi numerosissimi errori ridando una speranza di vita a chi ha sbagliato. Tanto più in un Paese che ha scampato per un solo voto una condanna per tortura.


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