Welfare

Immigrati imprenditori: scoppiano di salute

Secondo la Camera di Commercio di Milano il tasso di sviluppo delle imprese immigrate è del 19,3%, contro l’1,5% di quelle italiane.

di Sara De Carli

A inizio gennaio la Camera di Commercio milanese aveva annunciato il sorpasso: le imprese registrate con il nome di un Brambilla, a fine 2004, erano solo una più di quelle di proprietà di un Abdel. Ora la Camera di Commercio di Milano ha presentato i dati di un?indagine sugli imprenditori immigrati in Lombardia. Che forse non sono ancora così tanti, ma certo stanno aumentando. L?indagine è stata effettuata da Formaper, l?area di ricerca della Camera di Commercio di Milano, che per la prima volta ha incrociato i dati del registro delle imprese con quelli dell?archivio dei soci di impresa, indagando sia le ditte individuali sia le società. Gli imprenditori stranieri sono stati selezionati sulla base della loro cittadinanza, e i dati relativi agli imprenditori provenienti da paesi a basso reddito sono stati analizzati separatamente da quelli provenienti da paesi a reddito medio-alto. Considerando solo le imprese attive alla data di riferimento (il 31 dicembre 2003), sono state censite in Lombardia quasi 41mila imprese miste, di cui 22mila, più della metà, sono ?a controllo extra?, controllate cioè da stranieri provenienti da paesi a basso o a medio reddito pro capite. La provincia di Milano risulta essere la zona più gettonata: su 306mila imprese presenti in provincia, quasi 23mila sono miste, di cui 12mila a controllo extra. “Siamo solo agli inizi”, osserva Antonella Rosso, che ha condotto l?indagine. “Nel decennio dal 1990 al 1999 le imprese a controllo extra nate in provincia di Milano erano ben al di sotto di quelle italiane, nel 2000, grazie al testo unico sull?immigrazione , di punto in bianco sono state tre volte di più”. A gestire queste imprese sono 33mila stranieri imprenditori, di cui 16mila provengono da paesi a basso reddito. Africa e Asia sono i continenti con maggior spirito imprenditoriale, soprattutto Egitto, Senegal, Marocco e Cina; scarsa invece la percentuale di imprenditori tra gli immigrati dall?America Latina. Molte ditte individuali, poche società, il 33% delle imprese è attiva nel settore commerciale: seguono l?edilizia, le attività manifatturiere, le imprese di pulizia e le telecomunicazioni, che sono appannaggio prevalente dei sudamericani. “C?è una tendenza a replicare le esperienze positive realizzate dai connazionali, e quindi a specializzarsi in alcuni settori di attività”, riprende la Rosso. “In generale si tratta di settori con basse barriere di ingresso e che richiedono una scarsa specializzazione in termini professionali”. La vera sorpresa è nascosta nei numeri che descrivono il tasso di natalità e di sviluppo. Per 7,7 imprese italiane nate nel 2003, ne sono nate 19,3 miste e 26,8 a controllo extra. Il che significa che, a fronte di un tasso di mortalità simile, tra il 6 e il 7%, le imprese a controllo extra hanno avuto un tasso di sviluppo del 19,3%, stracciando decisamente l?1,5% italiano. Strabilianti anche le curve relative all?età degli imprenditori: mentre le linee relative agli imprenditori italiane e a quelli provenienti da paesi ad alto reddito arrancano lentamente per alzarsi attorno ai 35-45 anni, quella degli imprenditori dei paesi a basso reddito corrono tra i 25 e i 45 anni, e poi crollano rapidamente. Segno di due realtà molto diverse, certo, ma anche della potenziale innovatività che dobbiamo aspettarci.


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