Famiglia

Flavia Prodi: il welfare è democrazia

Un'intervista della professoressa Franzoni appare oggi su L'Unit

di Gabriella Meroni

“La politica deve assumere in pieno l’idea che welfare significa complessità: dirigere un servizio sanitario è più difficile che dirigere un’azienda che produce beni di consumo. Welfare non è “fare bene alla gente”. E’ democrazia. Ed è uno dei settori produttivi più complessi”. Parola di Flavia Prodi, moglie del leader dell’Unione e secondo la vulgata inventrice di alcuni leit motiv prodiani, come quello del 1996 “Allo Stato dobbiamo essere affezionati”, che, in un’intervista all’Unità, parla di stato sociale, del suo ruolo di first lady e, soprattutto, di politica. Non ha mai accettato, però, un impegno diretto come quella volta che le fu offerto di fare l’assessore ai servizi sociali a Bologna e rifiutò. “La politica mi piace nella misura in cui si tratta di studiare e di parlare con la gente – spiega Flavia Franzoni -. Ho lavorato moltissimo, in questo senso, in campagna elettorale. Ma per il resto ho un carattere inadatto: decidere mi dà ansia. E la politica è decidere. E soprattutto se avessi accettato mi sarebbe rimasto il dubbio: me l’hanno chiesto perché sono io o perché sono ‘la moglie di’?”. Questo non significa che la signora Flavia non ‘consigli’ il marito nelle faccende politiche: “Io e Romano – dice – siamo abituati da sempre a fare moltissime cose insieme perché ci occupiamo di argomenti vicini: lui di economia, io di servizi sociali”. “La politica – conclude Flavia Prodi – deve promuovere l’aggregazione. Per esempio rendendo le città vivibili sennò le persone non si incontrano”, “capiamolo con un caso concreto: se levi le panchine per evitare che di notte ci dormano i senza fissa dimora, elimini un luogo d’incontro. E se invece le mantieni e illumini la piazza, aiuti la gente a socializzare e, insieme, incroci la questione della sicurezza”.


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