Formazione

Al via la campagna per l’obiezione alle spese militari

Iniziativa di: Ass. per la Pace, Beati i costruttori di pace, Papa Giovanni XXIII°, Lega Disarmo Unilaterale, Lega Obiettori di Coscienza, Pax Christi e Berretti Bianchi

di Redazione

Pubblichiamo di seguito il manifesto della campagna per l’obiezione alle spese militari: Relazione introduttiva: ?La pace come istituzione. Quale progetto politico? “La campagna di obiezione alle spese militari come proposta al movimento della Pace e di opposizione alla guerra” Pagare per la Pace per costruire un’economia di Pace a cura del Centro di Coordinamento Nazionale di Milano La situazione internazionale La caduta del blocco sovietico e l’adeguamento delle economie mondiali hanno creato un unico sistema economico seguito dagli stati con maggiore popolazione. Questo sistema economico liberista e colonialista si aggrega in aree geografiche: Stati Uniti, Europa, lCina, India, Russia e Giappone. Questi sistemi si espandono per l’accaparramento delle risorse attraverso l’influenza economica e militare. Le ?anomalie? nelle altre parti della terra vanno identificate per aggregazioni significative. L’America Latina cerca con difficoltà di unire gli stati del continente (Brasile, Argentina, Venezuela??) per cercare un’unità territoriale in grado di sviluppare un proprio mercato. L’Africa non ha un progetto avanzato di unità del continente ed è terreno di sfruttamento da parte dei paesi occidentali. Il progetto di costituzione di una aggregazione dei paesi islamici dal Pakistan al Marocco crea tensioni internazionali ed è di difficile realizzazione. E’ osteggiato dalla Russia verso le repubbliche ?islamiche?, dall’India con il conflitto non risolto con il Pakistan, si aggiungono le guerre in Afganistan e in Iraq, le tensioni verso l’Iran, la Siria, il conflitto palestinese-israeliano ?… In tutto il nord Africa e nel medio oriente sia per la questione del petrolio sia per la questione dell’Islam si creano tensioni con ‘intervento dei paesi occidentali. L’Europa è, partendo dalla riunificazione delle due Germanie, in espansione sia verso est che verso sud, dai Balcani fino alla Turchia e Israele. Questo genera tensione tra gli alleati del cosiddetto mondo occidentale. A livello internazionale non si discute della situazione globale e della sua pericolosità, ma attraverso alleanze variabili si interviene con la guerra per la risoluzione dei conflitti. La guerra fra gli stati tende a diminuire, ma si rafforza il concetto della guerra preventiva e della guerra che si inserisce negli scontri etnici locali e regionali. Se le multinazionali, o le resistenze alla globalizzazione non si scontrano più fra stati la situazione di conflitto si sposta su precise scelte politiche sia da parte delle multinazionali sia da parte dei potentati locali sul conflitto latente interetnico. Questo porterebbe ad una ulteriore degenerazione della guerra perché a livello mondiale siamo in presenza di più di 200 stati, ma ci sono circa 2500 etnie sul pianeta. I conflitti in Congo o in altri paesi africani sono armati dai paesi industrializzati per l’accaparramento delle risorse minerarie. Diventato quindi un esempio che se tendenziale mostra l’espandersi della guerra in tale direzione. Gli organismi internazionali, l’Onu e la politica occidentale non propongono soluzioni ma si appiattiscono sulla giustezza o meno dell’intervento armato. La politica non affronta la risoluzione dei conflitti, ma sembra volerli attraversare con la ripresa della corsa agli armamenti, incontrollabile e inarrestabile. Dopo il pericolo della distruzione del pianeta per il propagarsi della guerra atomica, l’opinione pubblica si è ribellata ed ha pensato che l’alternativa alla devastazione della guerra sia la Pace ed ha ricercato forme di difesa nonviolenta ai conflitti. Lo scenario mondiale della globalizzazione risulta, dopo l’ 11 settembre 2001 e la guerra all’Iraq iniziata nel 2003, profondamente cambiato. Lo scenario geo-politico mondiale non è ispirato alla ricerca di soluzioni pacifiche e regolatrici con l’utilizzo di organismi e legislazioni internazionali in grado di far progredire l’umanità verso i diritti umani e l’equa distribuzione delle risorse. Al contrario si formano alleanze militari che seguono principi a noi contrari: a) la guerra preventiva; b) divisione del mondo in blocchi di mercato e di risorse da occupare e conquistare con imprese o eserciti. c) all’interno di ogni paese si assiste alla sottrazione di risorse dalla spesa sociale verso la spesa militare. Anche in Italia molte risorse sociali servono ad alimentare il nuovo modello di difesa che oltre a questo modifica istituti precedenti: 1) la leva obbligatoria con l’istituzione di un esercito professionale; 2) l’art.11 della Costituzione che fino ad ora è stato interpretato come difesa della popolazione e dei confini dello Stato con il concetto di difesa degli interessi economici all’esterno dei confini dello Stato. 3) la sospensione della leva riduce la contraddizione creata dall’obiezione di coscienza al servizio militare e il servizio civile volontario tende ad essere assorbito dallo stato come risposta alla condizione giovanile e per la solidarietà sociale e non per una difesa alternativa a quella armata; 4) si vuole proporre all’Europa che le spese militari non vengano considerate nel calcolo del rapporto Pil-deficit pubblico del 3% e possano, di conseguenza, aumentare senza controllo; 5) Si è in presenza di tentativi dell’apparato militare di espandersi all’interno delle istituzioni nel sistema informativo, nelle università, nel mondo del lavoro, nella sanità, nel bilancio dello Stato e nella cooperazione. Incontrano però nella società italiana difficoltà che possiamo riassumere principalmente in : 1) una forte opposizione alla guerra nella popolazione; 2) crisi di consenso dell’apparato militare che si evidenzia nella difficoltà di reclutamento del personale; 3) la crisi e la politica economica in atto producono contraddizioni pesanti rispetto allo stato sociale, alla riduzione dei salari e di contrappeso il sistema risponde con l’aumento delle spese militari e con un nuovo accreditamento nell’opinione pubblica dell’apparato militare; 4) la modernizzazione dell’apparato militare italiano richiede ingenti risorse, ma non è in grado di rispettare i tempi delle sua realizzazione ( vedi prospetto spese militari iniziativa contro la finanziaria 2005); 5) il concetto di difesa della popolazione, non trova ricerca e sicurezza nella difesa armata, ma è ridotto a ricerca di consenso e controllo dell’opinione pubblica; 6) l’Italia ha un apparato militare subalterno alle alleanze militari in atto e non figura come ordinatrice della politica estera mondiale, ma subalterna alle decisioni di altri. Questi primi spunti di riflessione ci permettono di focalizzare e consolidare la nostra denuncia all’apparato militare non solo con iniziative, ma anche con una ricerca di alternative alla difesa armata e una condivisione con altri di questo percorso. Un forte movimento di opposizione alla guerra In questo anno trascorso abbiamo assistito alla guerra all’Iraq ed ad una situazione internazionale che non fa molti passi concreti nei confronti della Pace, mentre cresce a livello mondiale una generale consapevolezza della inutilità della guerra come risolutrice dei conflitti. Di fronte alla guerra rimane aperta una contraddizione che se effimera dal punto di vista culturale attraversa tutte le forze politiche e l’opinione pubblica e cioè quale è la linea di demarcazione fra intervento militare per la democrazia o per una guerra giusta e la guerra come strage di persone e di cose. La rappresentazione di questa guerra si serve della retorica militare e della propaganda per porre alti fini, nascondendo però la realtà dei risultati e dei fini reali all’opinione pubblica (vedi documento sulla retorica di guerra). Anche le forze del centro sinistra in Italia non ricercano soluzioni alternative ad un nuovo modello di difesa, ma discutono di volta in volta se la guerra ha o meno l’autorizzazione di organismi internazionali. La nostra linea di opposizione alla guerra rimane l’obiezione di coscienza che ci permette di prendere atto della realtà, ricercando però sempre un percorso alternativo alla guerra. Il movimento contro la guerra si pone all’interno della ricerca delle contraddizioni dell’apparato bellico e cerca oltre ad un’opposizione alla guerra nelle piazze di descrivere: a) lo scenario bellico (guerre dimenticate, conflitti in corso, coinvolgimento degli stati nazionali in alleanze di guerra internazionali, basi militari? ); b) i cicli dell’apparato bellico e del mercato delle armi ( spese militari, finanziamento e profitti dell’industria bellica, le banche, l’economia bellica, ?..) c) l’invasività dell’apparato militare nella società civile nel campo dell’economia, dell’ informazione, ecc. Gli obiettivi per la costruzione della Pace sono: a) il ruolo degli organismi internazionali; b) la difesa dei diritti umani; c) la riduzione delle spese militari; d) il disarmo; e) l’aiuto umanitario e la cooperazione; f) l’immigrazione; g) la resistenza popolare; h) la lotta contro le privatizzazioni. La pace e la nonviolenza. Questa analisi dello scenario bellico avvia un percorso che si sviluppa dal concetto che se la guerra è politica e istituzione ed è costruita all’interno della società che viviamo, la Pace non ha la stessa rilevanza e la nonviolenza rimane all’interno di esperienze popolari ma non costruisce strutture e alternativa. Queste contraddizioni si concentrano sul tema della pace, muovono l’opinione pubblica e creano associazioni e gruppi nella società civile. Dalla parte della costruzione della Pace ci dovrebbe essere chi si occupa di Pace sapendo cosa fa e quale percorso segue. In merito a ciò, si può constatare che anche all’interno degli Organismi Internazionali, per esempio l’Onu, non ci sono specifici settori che studiano e strutturano la Pace. Discute e promuove solo i diritti umani ma quelli economici essenziali (acqua, cibo, energia, reddito procapite) non sono all’ordine del giorno pur presenti nella dichiarazione dei diritti Universali dell’Uomo art. 22 e 24. L’Europa non ha inserito nella sua Costituzione il ripudio della guerra. Ha settori di lavoro solo per la costituzione dell’esercito europeo. Pur in presenza di problemi di analisi dei conflitti non ha sviluppato al suo interno un percorso istituzionale per la Pace. Lo Stato Italiano pur in presenza di un forte dibattito sulla Pace non ha intenzione di creare una struttura di riferimento istituzionale per la Pace con il coinvolgimento di vari Ministeri. Ci chiediamo come mai, a fronte di una diffusa obiezione alla guerra, la legislazione italiana sulla Pace a partire dall’art.11 della Costituzione, non porti ogni anno ad una valutazione pubblica di cosa si spende e si costruisce per la Pace. Non si ha un un libro bianco annuale sulla Pace al pari di altri settori (difesa, sanità, lavoro?). Non si sviluppa tra i Parlamentari una riflessione normativa sul tema della Pace che però è celebrata dalle alte cariche dello Stato in modo autoreferenziale ( siamo per la Pace e stiamo lavorando per la Pace..). Il Parlamento, le commissioni difesa parlano di Pace, ma non c’è un luogo dove si elabora e si discute di questo, non ci sono progetti, non ci sono atti parlamentari su questo. E’ ora che lo Stato valorizzi le esperienze della società civile e delle istituzioni sul tema della pace. Oltre le leggi sull’obiezione di coscienza ed il servizio civile volontario non si pensa alla costruzione della difesa non armata. Si può ottenere per i cittadini, sull’esperienza della Obiezione alle spese militari, l’opzione fiscale per una difesa nonarmata. Per noi la Pace, per non subire strumentalizzazioni o subalternità, è legata al disarmo, al transarmo, ad un nuovo modello di difesa popolare e nonviolento, alla ricerca e sperimentazione di forme alternative di difesa, alla pubblicazione del ciclo delle armi e degli interessi a loro collegati. Ci vorrà del tempo ma siamo convinti che solo il coordinamento e l’ascolto di tutte le iniziative di Pace possano portare ad una integrazione che, partendo dallo scenario bellico attuale e dal ciclo delle armi , porti ad evidenziare un percorso autonomo e concreto per una politica di pace. L’Obiezione di Coscienza al militare In Italia abbiamo una opinione pubblica formata anche dagli 800.000 obiettori che hanno rifiutato il servizio militare. Grazie alle lotte degli obiettori, al percorso iniziale dei movimenti nonviolenti, dei radicali, degli anarchici, dei testimoni di Geova, alcune associazioni ( Loc, Mir, Movimento Nonviolento) hanno difeso le lotte degli obiettori e con gli Enti di servizio civile si è riconosciuto il diritto all’Obiezione di coscienza al militare. Questo percorso è tenuto assieme da due culture portanti della società italiana che sono quella cattolica che ha il fondamento nel non uccidere e quella laica della non soppressione dell’individuo in quanto persona con dei diritti da difendere. In questi anni abbiamo assistito all’allargamento dell’obiezione di coscienza nei confronti della guerra. Il movimento degli obiettori al servizio militare ha segnato un percorso alla obiezione alle spese militari. Successivamente la prima guerra del Golfo, la guerra in Jugoslavia, le missioni umanitarie, le armi intelligenti, la guerra preventiva hanno creato una obiezione diffusa alla guerra ( opposizione alla guerra, senza se e senza ma ) che si è espressa ultimamente con il popolo delle bandiere e con le manifestazioni contro la guerra in Iraq, per la liberazione delle ?Simone? e di Giuliana Sgrena. Il nuovo movimento contro la guerra si avvia ormai a diventare un movimento contro tutte le guerre ed è alla ricerca dei modi possibili per costruire una mobilitazione permanente. Sempre più frequenti sono le dimostrazioni di sincero interesse per la nonviolenza. Questa volontà dell’opinione pubblica italiana rimbalza contro le Istituzioni e vuole che la coscienza delle nuove generazioni si prepari ad una alternativa nonviolenta all’apparato militare e alla guerra. Visto che la Costituzione Europea non ha introdotto il ripudio della guerra compreso nella legislazione italiana nell’art.11 della Costituzione diventa attuale la difesa della legislazione italiana sull’obiezione di coscienza in Europa. Bisogna prevedere e rilanciare l’Obiezione anche all’interno dei paesi che sono o entreranno nella comunità europea (es. Grecia, Albania, Turchia?..) Assistiamo anche alla nascita di una obiezione armata all’interno degli apparati militari ( militari israeliani, militari colpiti dall’uranio impoverito, militari volontari che rifiutano alcune zone di conflitto) che non è da confondere con l’obiezione di coscienza al militare, e che ha come presupposto storico nella cultura italiana il disfacimento dell’esercito italiano dell’8 settembre dove di fronte alla scelta di andare nell’esercito fascista o in quello americano, molti scelsero la lotta partigiana. Questa obiezione non è analizzata e non produce contraddizione apparente ed è utilizzata solo per il rafforzamento di alcune tesi presenti nel movimento. L’Obiezione di Coscienza alle Spese Militari per la Difesa Popolare Nonviolenta A chi è sensibile al tema della costruzione della pace e all’opposizione alla guerra offriamo la possibilità di manifestare il proprio dissenso sulle politiche di guerra del Paese obiettando alle spese militari ogni anno e di costruire assieme un percorso politico per la Pace. Gli obiettivi maturati in questi anni sono : L’OPZIONE FISCALE. Ossia la possibilità dei cittadini/e, in base alla sentenza della Corte Costituzionale che riconosce l’esistenza di una difesa non armata, di finanziare o indirizzare le proprie tasse verso la costruzione di una difesa alternativa nonviolenta e popolare. Ogni cittadino/a può versare parte delle proprie tasse o aggiungere una propria tassa per pagare una difesa non armata. La scelta è già attuabile negli indirizzi legislativi ed occorre un riconoscimento legislativo come diritto soggettivo e collettivo. L’obiettore/trice non è un evasore, anzi in molti casi aggiunge una nuova somma a quella già versata allo Stato per il riconoscimento di questo diritto. L’obiettore/obiettrice potrebbe una volta approvata una legge firmare in un apposito spazio della dichiarazione dei redditi la destinazione che intende attribuire alla quota destinata alla difesa non armata o armata. La D.P.N. (difesa popolare nonviolenta). Nasce come alternativa alla difesa armata. Con la nascita dell’UNSC (Ufficio Nazionale del Servizio Civile) si è creato uno spazio per la sperimentazione di alternative alla difesa armata, lo Stato si è assunto un impegno in questo senso. Scopo di questa istituzionalizzazione è che la difesa non rimanga in mano solo ai militari, che lo Stato crei apparati per la Pace e per un modello di difesa nuovo che difenda non gli interessi economici, ma le persone e la democrazia di un territorio. Sia nel Comitato della Presidenza del Consiglio dei Ministri, sia fra gli OSM-DPN occorre offrire una chiarezza teorica sulla DPN in modo da poter dialogare con le Istituzioni e con la società civile sulla questione. Seguire e valorizzare le esperienze di servizio civile e di altre organizzazioni che intervengono in maniera nonviolenta nelle aree di conflitto. Verificare se ci sono spazi istituzionali per costruire dalle esperienze della società civile percorsi di difesa alternativa a quella militare. LA RIDUZIONE DELLE SPESE MILITARI, IL DISARMO E IL TRANSARMO. Ogni giorno, milioni di donne, di uomini e di bambini vivono nel terrore della violenza armata; ogni minuto, uno di loro resta ucciso. Le armi purtroppo proliferano liberamente in molte zone del mondo attraversate da conflitti. La diffusione incontrollata di armi e il loro uso arbitrario da parte delle forze ufficiali e di gruppi armati hanno un costo elevato in termine di vite umane, di risorse e di opportunità per sfuggire alla povertà. Ogni anno, si spendono circa 1000 miliardi di dollari per l’acquisto di armi: una somma che permetterebbe di raggiungere gli obiettivi di sviluppo per eliminare l’analfabetismo (cifra stimata: 10 miliardi di dollari l’anno), ridurre la mortalità infantile e materna (cifra stimata: 12 miliardi di dollari l’anno), la fame del mondo, debellare le malattie e risanare l’ambiente. Le spese militari sono in costante aumento e occorre cambiare modello di difesa e operare in modo che la Pace non sia pensata durante e dopo i conflitti, che la difesa non rimanga in mano solo ai militari, che lo Stato crei apparati per la Pace e per un modello di difesa nuovo che difenda non gli interessi economici, ma le persone e la democrazia di un territorio. Per raggiungere il disarmo occorre denunciare l’aumento delle spese militari. Porsi l’obiettivo della riduzione delle spese militari non solo con la proposta di spese alternative o della denuncia dei traffici di armamenti o connivenze bancarie, ma affrontare con maturità la scelta politica di un nuovo modello di difesa. Individuare la riduzione delle spese militari anche attraverso il cambiamento del modello di difesa che da modello aggressivo deve diventare difensivo eliminando al suo interno attraverso fasi intermedie di disarmo (transarmo) le armi di distruzione di massa, gli armamenti pesanti (portaerei, caccia bombardieri, ?) e esercitare solo compiti di polizia. Questa scelta politica deve essere assunta e mirare a recepire la creazione di centri studi come il SIPRI nei paesi scandinavi per lo studio dei conflitti e degli armamenti degli altri paesi. Questo permetterebbe di sostituire la difesa armata liberando risorse e di impiegarle in una difesa non armata e nonviolenta che parte dalle zone di conflitto dalla difesa della popolazione attraverso ambasciate di pace fra i contendenti per il ripristino di scuole e ospedali, la gestione di risorse per mantenere luce ed energia a disposizione della popolazione, per creare una distribuzione di viveri attraverso le municipalità e le organizzazioni umanitarie e il ritorno al dialogo e alla politica. Favorendo il lavoro locale con la cooperazione decentrata per la ricostruzione. Aprirebbe poi un mercato famigliare funzionante. Tutto questo lavoro continua a passare attraverso persone e associazioni, ma non deve essere schiacciato fra testimonianza e volontariato o essere inserito in subalternità ai conflitti o nelle pieghe di un sistema in declino. Occorre che anche le forze politiche, sociali e le istituzioni si facciano carico di questo cambiamento assumendosi responsabilità e politiche di pace non armate e nonviolente. Allargamento della Campagna di Obiezione alle Spese Militari per la DPN. C’è stato un aumento delle adesioni dalle 735 del 2003 ci stiamo avvicinando alle circa 1000 per il 2004. La Campagna OSM, in questo quadro, ha opportunità completamente diverse dal passato: può offrire infatti un contributo all’intero ?movimento? diventando un’iniziativa praticata dai moltissimi cittadini che intendono dichiarare la loro obiezione di coscienza alla guerra e alla difesa armata sostenendo, contemporaneamente, una difesa alternativa nonviolenta unitamente a progetti e iniziative di pace, evidenziando annualmente un dato politico che può diventare di straordinario rilievo. Bisogna potenziare le relazioni e le comunicazioni con gli altri soggetti dell’arcipelago pacifista. (Mir, Movimento Nonviolento, Movimento contro la guerra, Lilliput, Rete Italiana per il Disarmo, le associazioni del commercio equo e solidale, la finanza etica e le altre forme di consumo critico). Un altro punto d’incontro con le altre associazioni e campagne è quello di riuscire a coinvolgerle in un gruppo nazionale di contatto in cui si possa fare il punto della situazione su cosa si muove in Italia sulla Pace e dove, attraverso questo osservatorio, si possa dare il via ad un incontro con il Parlamento per la stesura di un libro bianco della Pace come momento di confronto fra Istituzioni ed associazioni nel campo della Pace. Rimangono da proseguire, i lavori di contatto intrapresi con eventi pubblici e associazioni per la Pace (Comitato per la riconversione dell’industria bellica, Mostra del Libro Pacifista, Università per la Pace, Berretti Bianchi, Rete Corpi Civili di pace, Tavola per la Pace, Case per la Pace). Apertura ai partiti con proposte per la nonviolenza e la pace e all’interno della stesura dei programmi dei partiti o di momenti elettorali, manca un progetto preciso ed istituzionale per la Pace. Radicare e diffondere sul territorio la Campagna Osm che offre la possibilità di finanziare a livello locale progetti di pace. Ognuno può scegliere di poter seguire una linea nazionale chiara e trasparente. In alcune realtà territoriali la campagna Osm acquisisce anche identità attraverso i suoi contenuti soprattutto sulla acquisizione di esperienze di persone dai luoghi di conflitto. Seguire l’esperienza dei Berretti Bianchi, dei Caschi bianchi e dei volontari. La Campagna di Obiezione alle Spese Militari per la Difesa Popolare Non violenta, continua a fornire a tutti i dati essenziali sulle spese militari in Italia ed il loro andamento. Organizza in vista dell’approvazione della Finanziaria una denuncia sull’aumento delle spese militari con un presidio, una conferenza stampa e un convegno.


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