Non profit
Quella piccola diversità che fa crescere
Lassociazione che si occupa di nanismo ha invitato quattro classi a riflettere sulle differenze. E a non volerle superare per forza. Ora sogna di estendere lidea.
Il risultato più bello, alla fine del progetto, è la frase di Marco, un bambino iperattivo di una quarta elementare: «La differenza è ciò che aiuta le mamme a riconoscere i propri bambini». Gli operatori di Aisac non potevano desiderare di meglio. Aisac, l?associazione per l?informazione e lo studio dell?acondroplasia (volgarmente, il nanismo), con la diversità ci lavora da 17 anni, e il suo ultimo progetto voleva proprio aiutare bambini e ragazzi a riflettere sul tema. Quattro le classi coinvolte all?istituto comprensivo Pini di Milano, due delle elementari e due delle medie, con insegnanti e genitori: «Un esperimento che vogliamo riproporre presto su larga scala», spiega Lorena Maltempi, una delle psicologhe dell?équipe di Aisac. «Tutti i bambini oggi hanno molte esperienze con la diversità: l?incontro con compagni immigrati, l?andare in una scuola ricca e capire di essere più poveri? In una classe tutti i bambini raccontavano di essere andati al matrimonio della loro mamma o del loro papà, tranne uno, che si sentiva vittima di un?ingiustizia e si chiedeva perché fosse diverso dagli altri. Una classe che ha imparato a riflettere sulla diversità è pronta ad accogliere qualsiasi diversità».
I bambini di Aisac sono bambini affetti da acondroplasia. Diversi, certo, e anche in modo appariscente: nani. L?associazione lotta per far capire che l?acondroplasia non è una malattia, ma una diversità. Che non impedisce di essere esattamente come tutti gli altri: diversi ma uguali. «L?acondroplasia non si cura e non si guarisce», ribadisce Donatella Valerio Sessa, presidente di Aisac. «I nostri bambini, da piccoli, non si sentono diversi dagli altri. Sono piuttosto le etichette legate ai nani che fanno nascere i problemi. L?acondroplasia è una malattia sociale». Di fatto la maggior parte degli insegnanti è impreparata a gestire la diversità di questi bambini: è facile, soprattutto, che gli insegnanti trattino i piccoli alunni non secondo la loro età, ma secondo la loro altezza, o che si sostituiscano a loro per trovare una soluzione alle difficoltà, presi da tenerezza o dal desiderio di fare più in fretta. Anche se basta poco per superare gli ostacoli di un mondo fatto a misure standard: uno sgabello, un piano rialzato sotto il water, una penna allungabile per raggiungere gli interruttori? Lievi accorgimenti, esattamente come a un bambino miope basta un paio di occhiali.
Su questo punto la Valerio Sessa è decisa: «I bambini affetti da acondroplasia hanno uno sviluppo mentale e psicologico normale, sono socievoli e caparbi, e limitarli nell?autonomia è quanto di peggio si possa fare. Bisogna invece stimolarli a essere intraprendenti, forti, indipendenti. In questo senso mio figlio è stato fortunato: era l?ultimo di tre fratelli, ha imparato presto a combattere».
Ecco l?origine di tutto, un figlio: Marco, 37 anni, oggi manager e animatore del forum di Aisac sul sito di Vita, uno dei più frequentati (Forum VITA). «Nel 1980 l?ho portato in Siberia per farlo operare da un mago dell?allungamento degli arti. Siamo stati là per un anno, e a colazione in ospedale ci davano pesce servito su carta di giornale», ricorda. «Quando siamo tornati ho deciso che dovevo lottare perché l?allungamento degli arti si potesse fare anche in Italia». E così è stato. Oggi l?operazione viene effettuata in tre ospedali: l?istituto Gaetano Pini di Milano, il Gaslini di Genova e l?ospedale di Lecco. L?intervento consente di guadagnare 20/25 centimetri di altezza, conquistati in più operazioni: in genere si inizia alle soglie dell?adolescenza, e si sta in ballo qualche anno. Alla fine si raggiungono i 150 cm, l?altezza di una donna piccola. «Non è una cura risolutiva, niente aspettative esagerate», raccomanda la Valerio Sessa, «ma consente di vivere una vita normale». Talmente normale che Sara, iscritta a Aisac, è tornata a scuola solo sette giorni dopo essere stata operata, ma talmente rivoluzionario che un?altra bambina dopo l?operazione ha esclamato: «Finalmente nessuno potrà più chiudermi in una stanza!».
Le insegnanti coinvolte nel progetto hanno accettato di essere punto di riferimento per altri docenti. E Aisac ha racchiuso la sua esperienza in un pamphlet, che raccoglie le linee guida per affrontare la diversità in classe: giochi, filastrocche, film, attività. «Abbiamo promesso ai genitori uno strumento per accompagnare i bambini nel loro ingresso nella scuola». Il titolo? Che domande: C?è qualcosa di grande in ognuno di noi.
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Di acondroplasia soffrono oggi in Italia circa 5mila persone. Aisac è nata nel 1987 dalla volontà di Donatella Valerio Sessa, che ne è la presidente. Conta 681 soci, di cui 164 bambini sotto i 10 anni. Il prossimo 30 aprile Milano ospiterà il convegno annuale di Aisac, che radunerà i 520 medici collegati all?associazione e i 7mila simpatizzanti tra famigliari, amici, compagni e insegnanti. Un tassello importante dell?impegno di Aisac, infatti, è quello della ricerca scientifica.
Se volete conoscere meglio Aisac, collegatevi al forum attivo sul sito di Vita. È frequentatissimo e con tono brioso va dritto al cuore di temi importanti: genitori che si confrontano su come accettare la patologia del proprio figlio, consigli sull?alimentazione, adulti che si interrogano sulla legittimità di una gravidanza che sa di avere il 50% di possibilità di dare alla luce un bimbo affetto da acondroplasia.
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Aisac
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